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«Alarico? Cosenza ha mille altri tesori»

COSENZA Un velo di perplessità avvolge gli uffici comunali della città bruzia all’indomani della pubblicazione, da parte del Corriere della Calabria, della lettera quale emerge il mancato endo…

Pubblicato il: 15/11/2016 – 16:32
«Alarico? Cosenza ha mille altri tesori»

COSENZA Un velo di perplessità avvolge gli uffici comunali della città bruzia all’indomani della pubblicazione, da parte del Corriere della Calabria, della lettera quale emerge il mancato endorsement da parte del ministero dei Beni culturali all’accordo stipulato il 25 ottobre scorso tra il sindaco Mario Occhiuto e il soprintendente all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cosenza Mario Pagano sull’avvio degli scavi che dovrebbero condurre alla scoperta del famigerato “tesoro di Alarico”. Eppure, successivamente a quella missiva, il 4 novembre si inaugurava la statua raffigurante il re dei Goti in pieno centro città alla presenza delle istituzioni, inaugurazione che di fatto sanciva l’impegno di entrambe le parti a tener fede al patto. Il professor Battista Sangineto, docente di Metodologia della ricerca archeologica dell’Unical, tra i firmatari dell’appello rivolto da esponenti del mondo accademico al ministro della Cultura Dario Franceschini affinché intervenga per interrompere i lavori ricerca del tesoro, spiega – in un colloquio che risale alla mattinata di martedì, prima della diffusione della lettera che Occhiuto ha inviato al ministro Franceschini – le ragioni del suo impegno a far sì che venga abbandonato al più presto quello che a suo dire sarebbe un progetto del tutto fuorviante ai fini di un esatto recupero delle radici storiche di Cosenza.
Professore Sangineto, cosa ha pensato una volta appresa la notizia della dura stroncatura da parte del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo del protocollo d’intesa tra il sindaco Occhiuto e la soprintendenza locale?
«Non mi sorprende. Scrivo di questa vicenda da tempi non sospetti, e precisamente dal 2009. Il 14 settembre di quell’anno, infatti, uscì un mio articolo su un quotidiano locale nel quale dissuasi l’allora sindaco Perugini dalla sua idea di celebrare il 1600° anniversario dalla morte di Alarico. Tengo a chiarire che la mia è un’opposizione culturale, non politica. Basti pensare che la sola fonte letteraria che abbiamo a disposizione per poter sostenere l’ipotesi dell’esistenza di un tesoro nascosto è tale Iordanes, che scrisse di questa vicenda a 150 anni dal suo presunto accadimento. Un po’ come se io scrivessi una storia di Cosenza basata su fatti avvenuti durante il Risorgimento! Ecco perché, anche quest’unica fonte, è da considerarsi di dubbia attendibilità. Inoltre, ritengo la trasposizione della leggenda di Alarico inadatta alla città di Cosenza: fu un mito sfruttato in passato da Hitler e dai nazisti e collegato alla teoria della superiorità della razza, oltre che alla presunta esistenza all’interno del tesoro della lancia (la cosiddetta lancia di Longino) che avrebbe trafitto Cristo. Dunque, perché infilare Cosenza, che ha già di per sé un passato glorioso, in questa storia se ci sono motivi ben più nobili e autoctoni per dar lustro alla città, piuttosto che il mito di un barbaro invasore, incendiario e stupratore di donne?»
L’appello a firma sua e di altri trenta esponenti del panorama scientifico rivolto al ministro Franceschini ha ricevuto finora qualche riscontro?
«No, finora né io né i miei colleghi abbiamo ricevuto alcuna comunicazione da parte del ministero, ma è possibile che ci venga data in seguito. Tuttavia, si tratta pur sempre di un appello e, in quanto tale, lascia il tempo che trova. Piuttosto, mi soffermerei sulla nota inviata dalla dirigente Valvassina alla Soprintendenza ai beni culturali di Cosenza: nel documento si legge che “l’esecuzione delle attività oggetto dell’accordo non dovrà distrarre in alcun modo risorse strumentarli e di personale dall’espletamento delle attività ordinarie”. Badi bene: c’è scritto “non dovrà”, e non che “non potrà”. Pertanto, credo sia abbastanza chiaro che l’ente dovrebbe occuparsi di interventi ben più seri e strutturali, quelli volti a contrastare il degrado del centro storico, ad esempio».
Nella storia di Alarico ricorre il topos della sepoltura dei tesori presso gli alvei dei fiumi, il che la renderebbe maggiormente credibile dato che tante altre fonti citano questo tipo di procedura. Qualcuno, però, ha parlato addirittura di “fantarcheologia”. Esiste una possibilità che questo mito abbia un margine, seppur labile, di verità?
«In archeologia, così come in medicina o in qualunque altra scienza, nulla può essere escluso del tutto. Questa tipologia di seppellimento è, anche nel caso di Alarico, possibile, ma improbabile, perché ne non abbiamo alcuna prova e perché non è credibile che a Cosenza sia sepolto l’intero tesoro romano di Alarico. È impensabile che i Goti, nel risalire da Reggio Calabria verso Roma, abbiano lasciato tutto il tesoro nei dintorni di Cosenza senza portarsi dietro alcunchè! Dopo 1600 anni, e dopo secoli di alluvioni ed esondazioni, si può dare credito all’ipotesi del rinvenimento di una tomba? E perché un tesoro che si cerca da più di duecento anni non è ancora stato trovato? Tornando alla sua domanda, pur volendo affermare che il tesoro esista, quello che non si può fare è andare alla ricerca di qualcosa che non si conosce. Anche da un punto di vista metodologico, è l’approccio che è sbagliato: non si può andare alla ricerca di un tesoro».
Secondo lei, allora, perché questa vicenda attira così tanto i media nazionali (e non solo)? Non solo il programma Voyager, ma anche Il Times, ad esempio si è occupato del caso Alarico. Non le sembra comunque che si tratti di un fattore di interesse, anche al di fuori dai confini della Calabria? E che potrebbe trattarsi, a prescindere dalla veridicità o meno della storia, di un volano per il turismo, anche in vista della candidatura di Cosenza a Capitale della Cultura 2018?
«Nessuno ha chiesto ad Occhiuto di sottoscrivere tale candidatura, è stata una sua idea. Ma come si può pensare di presentare al resto d’Europa una città con un centro storico in quelle condizioni? Sulla questione dei media, le dico subito che non molto tempo fa Gian Antonio Stella, nota firma del Corriere della Sera, dopo avermi consultato dedicò un’intera prima pagina alla vicenda in questione, in cui stroncò completamente il progetto dell’allora sindaco. In seguito, mi contattò un giornalista del Times di nome James Bone che, incuriosito dall’articolo di Stella, mi chiese un parere e scrisse un pezzo che fu più che altro una presa in giro del curioso progetto di ricerca. Per quanto riguarda il turismo, io continuo a non comprendere perché si insista così tanto sul “brand Alarico”, sul quale mi sono già abbondantemente espresso. Tanti personaggi sono morti a queste latitudini: Isabella d’Aragona, i Fratelli Bandiera, ecc. Perché non recuperare queste tradizioni, se proprio si vuole puntare su un tipo di turismo “funerario”? Mi si potrebbe obiettare che a Verona la gente si reca in visita al balcone di Romeo e Giulietta: ma Verona è tra le città più belle d’Italia».
Il suo collega Giuseppe Roma ha lamentato recentemente che in realtà non vi sarebbe alcun coinvolgimento da parte del personale dell’Università (studenti, ricercatori, archeologi, ecc), come invece dichiarato in varie occasioni da Occhiuto, in questo progetto di ricerca. È davvero così?
«Senz’altro il mio collega è più informato di me, ma posso confermare che nessuno tra il personale afferente all’Unical che si occupa di archeologia e beni culturali è stato raggiunto da alcun avviso di una potenziale collaborazione agli scavi».
Qual è il vero tesoro di Cosenza?
«I palazzi di epoca romana del centro storico, piazzetta Toscano, la Media-Valle del Crati e i tanti luoghi del centro storico che potrebbero essere una delle maggiori attrattive turistiche per il nostro territorio e che invece sono interessati da emergenze archeologiche che v
anno al più presto, necessariamente, affrontate».

Chiara Fazio
redazione@corrierecal.it

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