REGGIO CALABRIA Duro colpo al clan Condello. Per ordine della Dda di Reggio Calabria, 26 persone sono state fermate questa mattina con l’accusa di associazione mafiosa, estorsione ed altri reati. Per i pm Giuseppe Lombardo e Annamaria Frustaci, che insieme al procuratore capo Federico Cafiero de Raho, hanno coordinato il lavoro del Ros dei carabinieri, si tratta di capi, reggenti e gregari che hanno permesso al boss Domenico Condello di sfuggire alla cattura per oltre vent’anni. Ma non solo. «L’inchiesta Sansone – spiega il procuratore Cafiero de Raho- è partita con la ricerca del latitante, ma è proseguita sulle articolazioni territoriali dei clan, legati alla cosca Condello, che operano su Villa San Giovanni».
Nel corso dell’indagine, gli investigatori sono anche riusciti a ricostruire l’attuale organigramma del clan, come di altri gruppi satellite che operano a Villa San Giovanni. «Si tratta nello specifico degli Zito-Bertuca – afferma Cafiero de Raho – che in accordo con la più potente famiglia dei Condello, si sono fatti notare per un’attività estorsiva a tappeto».
SATELLITI Da sempre gravitanti attorno agli “arcoti”, anche quando i vertici del clan Condello sono stati azzerati da arresti e condanne, gli Zito – Bertuca hanno continuato a imporsi su Villa. Forti del mandato del direttorio che governa Reggio, le famiglie mafiose originarie di Fiumara hanno finito per estendere la propria area di interesse a tutta la città di Villa, finendo per condizionare l’intero tessuto imprenditoriale.
Considerata da sempre il cortile di casa delle ‘ndrine di Archi, Villa San Giovanni era già finita al centro delle attenzioni della Dda quando l’annunciata costruzione del Ponte sullo Stretto e l’avvio dei cantieri per le opere compensative hanno scatenato gli appetiti dei clan. Un’indagine poi sfumata, ma le cui risultanze sono state valorizzate oggi con l’inchiesta Sansone, che ha svelato come nessuna attività imprenditoriale sia negli anni sfuggita agli Zito-Bertuca.
Dall’alto, da sinistra a destra: Vincenzo Bertuca, Luciano Condello, Felicia Bertuca, Domenico Zito, Pietro Bertuca, Lorenzo Sottilotta, Giuseppe Vermiglio, Attilio Cotroneo, Vincenzo Cristiano, Alessandro Idone, Grazia Falcone, Maria Caterina Romeo
LE VITTIME DEGLI ZITO BERTUCA A Villa San Giovanni, come lungo il litorale tirrenico che si estende fino alla Costa viola, nessuna impresa poteva sottrarsi alla “tassa di sicurezza” imposta dai clan. Per presentare le proprie richieste, dieci anni fa dipingevano mani nere sui cantieri finiti nel loro mirino e più di recente si limitavano a chiedere «un regalino per lo zio in carcere». Ma se le modalità sono cambiate, l’oggetto delle loro richieste no. Per lavorare nella “loro” zona, si doveva pagare. Pena, incendi, pestaggi, bombe. Così si sono piegate la società messinese Mts, che a Villa San Giovanni gestisce lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le ditte che si occupavano della manutenzione straordinaria della sede della Direzione Marittima Calabria-Lucania e della Capitaneria di Porto, l’impresa che ha tirato su il Lido del finanziere, sulla Costa Viola, a quella che ha costruito il complesso edilizio “La Panoramica”.
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GLI AGUZZINI DEL CLAN Ma non tutti gli imprenditori erano vittime del clan. Pasquale Calabrese, detto “u Raia”, attualmente impegnato con la sua ditta nei lavori di ammodernamento dell’A3, per i pm della Dda reggina era uno di loro. Per gli Zito – Bertuca, non solo si occupava «dell’allestimento dei luoghi individuati per i sondaggi, propedeutici alle realizzazioni dell’A3 e del Ponte», ma faceva anche confluire in azienda i soldi delle estorsioni raccolte dal clan, destinati a finanziare l’attività d’impresa.
IMPRESA DI FAMIGLIAStrategie decise dal boss Pasquale Bertuca, che nonostante sia da tempo dietro le sbarre, non ha mai smesso di dirigere il suo clan. Ad aiutarlo, il nipote e braccio destro Vincenzo Sottilaro. Per gli investigatori, è il contabile di famiglia e per questo è stato fermato oggi a Reggio Calabria insieme alla madre, Felicia Bertuca, sorella del boss. Fedele portaordini, era lei a raccomandare al figlio minore di seguire fedelmente gli insegnamenti del fratello maggiore, da tempo in carcere, che le raccomandava di riferire al piccolo «ma che li picchi, che li mandi all’ospedale gli devi dire che la facciano in culo …gli devi dire di seguire l’istinto»
GLI INDAGATI Insieme a loro, sono finite in manette altre 22 persone, fra cui Andrea Vazzana, uomo di fiducia del boss Pasquale Condello detto “il Supremo”, Alfio Liotta, Vincenzo Bertuca e Domenico Zito. In tre sono finiti invece ai domiciliari, mentre sul registro degli indagati ci sono più di 40 persone. E sono in tanti a tremare, perché – si legge nelle carte – l’indagine ha dimostrato anche la capacita del boss «Pasquale Bertuca e della cosca in generale di infiltrarsi nell’amministrazione comunale di Villa San Giovanni».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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