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Rango-Zingari, le rivelazioni di Foggetti: «Bruni ucciso perché voleva pentirsi»

COSENZA Ha ricostruito affari e strategie delle cosche di Cosenza. E i nuovi scenari criminali disegnati subito dopo l’omicidio di Luca Bruni. Il pentito Adolfo Foggetti, collegato in videoconferen…

Pubblicato il: 15/11/2016 – 14:26
Rango-Zingari, le rivelazioni di Foggetti: «Bruni ucciso perché voleva pentirsi»

COSENZA Ha ricostruito affari e strategie delle cosche di Cosenza. E i nuovi scenari criminali disegnati subito dopo l’omicidio di Luca Bruni. Il pentito Adolfo Foggetti, collegato in videoconferenza, ha sostenuto l’esame nel corso del processo “Nuova famiglia” contro i presunti affiliati ai Rango-Zingari, clan che dominava il territorio soprattutto attraverso lo spaccio di droga e le estorsioni. Sul banco degli imputati, che hanno scelto il rito ordinario, ci sono Daniele Lamanna, Franco Bruzzese, Francesco Vulcano, Antonio Chianello, Alessio Chianello, Stefano Carolei, Gianluca Cinelli, Gianluca Marsico, Sharon Intrieri, Jenny Intrieri, Anna Abbruzzese e Giovanni Fiore. Secondo l’accusa, gli imputati avrebbero fatto parte del clan Rango-Zingari al cui vertice ci sarebbe Maurizio Rango. La cosca, nel tempo, avrebbe stretto alleanze con altre due consorterie criminali attive nel Cosentino, le cosche Lanzino-Patitucci e Perna-Cicero-Musacco-Castiglia. L’associazione – sempre secondo l’inchiesta – avrebbe gestito il racket delle estorsioni imponendo il pizzo anche con la violenza.
Adolfo Foggetti inizialmente aveva chiesto se si potesse rimandare l’esame perché non si sentiva psicologicamente in grado di affrontarlo: «Da sei mesi ho problemi familiari con il sistema di protezione».

IL RACCONTO DI ADOLFO FOGGETTI Dopo una breve pausa, l’esame – come deciso dal presidente del collegio Enrico Di Dedda – è ripreso normalmente. Foggetti ha precisato al pm della Dda Pierpaolo Bruni di far parte dell’associazione mafiosa nel 2002. Tra i capi c’era Michele Bruni. «Quando lui è stato arrestato ero stato io a prendere le redini del gruppo. L’organizzazione si è disarticolata quando poi abbiamo deciso di ammazzare Luca Bruni. Abbiamo deciso di ucciderlo sia perché Franco Bruzzese mi mostrò delle intercettazioni in cui emergeva che Luca Bruni voleva collaborare con la giustizia e sia perché voleva espandersi. Lo abbiamo deciso con Bruzzese e lo abbiamo fatto io, Maurizio Rango, Daniele Lamanna ed Ettore Sottile».
L’omicidio venne deciso nel corso di una riunione alla quale partecipa pure il clan Lanzino. «Il delitto – ha precisato Foggetti – ha sancito l’unione tra il clan degli italiani e quello degli zingari. C’era una bacinella comune per tutti i proventi delle attività. In questa organizzazione Franco Bruzzese e Daniele Lamanna erano i capi. Io sono stato messo da loro a fare il reggente a Paola. E da loro ho avuto indicazioni sull’omicidio di Luca Bruni. Avevamo anche rapporti amichevoli con la cosca Muto però su Paola decidevamo noi. Li avevamo informati per rispetto per alcune cose e poi dopo abbiamo dialogato anche sul controllo delle discoteche della costa».
Il collaboratore ha poi spiegato come avveniva anche lo spaccio di droga: «Quando mi veniva consegnato lo stupefacente lo distribuivo per venderlo sulla zona di Paola. Conosco i “gemellini di Paola”, Attilio e Alessio Chianello, che avevano il compito di fare danneggiamenti: andavano a mettere le bottiglie incendiarie nei lidi balneari. Loro poi vendevano la droga per conto mio. Le somme di denaro le consegnavano ad Antonio Imbroinise, detto Ciap ciap, che era ai miei ordini e questo avveniva nel 2012. Sia Imbroinise che Attilio Chianello hanno incendiato dei lidi a Paola su mia indicazioni e questo sempre nell’estate del 2012».

LE ESTORSIONI AGLI IMPRENDITORI Foggetti ha poi riferito nello specifico su alcuni attentati estorsivi a danni di imprenditori e commercianti. In particolare, l’estorsione ai proprietari di una nota pizzeria di Cosenza vicino casa di Daniele Lamanna che si lamentava per motivi di parcheggi. Il collaboratore ha parlato anche delle occupazioni delle case popolari: «Ricordo quella di Domenico Mignolo a via Popilia. E quella di Daniele Lamanna davanti alla quale era stata messa una telecamera. Enrico Costabile era il tramite con la talpa che ci informava delle microspie che venivano messe dalla polizia. Maurizio Rango si appropriava delle case popolari e le dava agli affiliati. In alcuni casi Rango ha preso soldi per dare queste case. È stato lui a dare la casa a Domenico Mignolo. Queste case erano assegnate ad altre persone».
«Daniele Lamanna – ha detto ancora il pentito – gestiva il traffico di droga con noi. Dividevamo le dosi di cocaina con gli italiani. La cocaina veniva gestita da Stefano Carolei».

L’ACQUISTO DELLA DROGA CON ANTONIO SCARPELLI Il collaboratore non ha ricordato alcuni episodi specifici ma ha confermato quanto già dichiarato nei verbali del 2015. «Andavo a Gioiosa Jonica – ha aggiunto Foggetti – per trattare dell’acquisto della droga con Mico Alvaro e ci vedevamo in un bar». E ha aggiunto: «L’acquisto della droga lo discutevo assieme a lui e con me veniva Antonio quello delle luminarie». A domanda del presidente Di Dedda, Foggetti ha precisato: «Veniva con me Antonio quello delle luminarie che si chiama Antonio Scarpelli (il proprietario della Medlabor ditta finita nel mirino della Procura di Cosenza per un’inchiesta sulle presunte ditte amiche del Comune, ndr)». 
L’avvocato Antonio Sanvito ha chiesto al pentito precisazioni su alcune intercettazioni tra Michele Bruni e Luca Bruni. «Parlavano – ha precisato Foggetti – della volontà di Luca Bruni di collaborare con la giustizia. Nell’estate del 2011 Bruzzese era tornato dal carcere. Ci siamo incontrati e mi ha fatto vedere queste intercettazioni in carcere tra i due fratelli Bruni. Ma ci sono stati diversi incontri in cui sono state mostrate le intercettazioni».

LE PRECISAZIONI DI BRUZZESE Nell’udienza di martedì doveva essere ascoltato Franco Bruzzese per il quale c’è stato il consenso delle parti ad acquisire i verbali già resi. Ma Bruzzese, collegato dal sito protetto e accompagnato dal suo avvocato Claudia Conidi, ha voluto comunque fare alcune precisazioni. Il neocollaboratore ha ribadito di essere stato affiliato nel 2000 nel carcere di Cosenza: venne affiliato al clan degli Zingari dal fratello Giovanni. «Ci dedicavamo – ha detto – soprattutto alle rapine ai blindati e poi alla droga. C’era una bacinella comune dove confluivano i proventi di queste attività. Ho subito carcerazione preventiva per queste attività. Quando ero in carcere mi veniva comunicato, se possibile, quando c’erano nuove affiliazioni tramite qualcuno che o veniva in carcere o veniva sotto le finestre. Se qualcuno, poi, era ristretto nello stesso carcere con me ovviamente poi mi informavano».
Daniele Lamanna ha rinunciato a partecipare alle udienze tranne che all’ultima quando ci sarà la sentenza. Il processo è stato aggiornato al prossimo 13 dicembre.

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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