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Villa San Giovanni è «senza scampo»

REGGIO CALABRIA «Questo è solo l’inizio». Il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho è chiaro. L’operazione che oggi ha portato al fermo di 26 persone, tutte ritenute affiliate o vicin…

Pubblicato il: 15/11/2016 – 14:29
Villa San Giovanni è «senza scampo»

REGGIO CALABRIA «Questo è solo l’inizio». Il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho è chiaro. L’operazione che oggi ha portato al fermo di 26 persone, tutte ritenute affiliate o vicine ai clan Condello, Zito Bertuca e Garonfalo, non è che il primo capitolo della saga destinata a riscrivere la storia recente di Villa San Giovanni.

TERRA DI CONFLITTO E NUOVI EQUILIBRI Considerata da sempre cortile di casa degli “arcoti”, la cittadina nota come crocevia dei viaggi da e per la Sicilia, per i clan è stata sempre terreno fertile. E se in passato proprio a Villa si è accesa la miccia della guerra che ha dilaniato Reggio per sei anni, lasciando a terra più di 800 morti ammazzati, nel ’91 la stessa città è divenuta terreno privilegiato di applicazione delle nuove regole di spartizione degli appalti che hanno fatto da pietra angolare alla pax.
LE REGOLE Sulla base delle rigide regole imposte dal direttorio dei clan – De Stefano, Tegano, Condello, Libri – la gestione criminale della città e dei suoi affari è stata affidata alle cosche che tradizionalmente si sono divise Villa. E poco è importato a chi ha definito i nuovi equilibri che nella storia i Buda Imerti fossero più vicini ai Condello, come gli Zito-Bertuca ai De Stefano. Con le nuove regole, tutti pagano e una quota va sempre al direttorio. Uno schema emerso in indagini del passato e che torna ad essere protagonista delle dinamiche criminali fotografate dall’inchiesta Sansone. A Villa San Giovanni, tutti dovevano pagare e nessuno doveva sfuggire al controllo dei clan.

«FACCIO QUELLO CHE DICE PASQUALE» L’ordine, arrivato direttamente dal boss Pasquale Bertuca, da anni in carcere, era di «non lasciare scampo a nessuno». Questo ha detto Bertuca alla sorella Felicia e al nipote Vincenzo Sottilaro, questo i due hanno riferito agli affiliati ancora fuori. Incaricati di raccogliere e amministrare le estorsioni, madre e figlio si recano regolarmente dal boss per rendere conto del loro operato e di quello degli affiliati. «Mi ha portato cinquecento euro ma Vincenzo mi ha detto “Tu soldi non te ne devi prendere perché ci manca solo che ci arrestano anche le donne”» – racconta quasi indispettita Felicia che, orgogliosa del ruolo che il boss le ha dato, gli riferisce «io gli ho detto “Faccio quello che mi dice Pasquale, non mi arresta nessuno”». Il boss annuisce e approva, ma entrambi sbagliano le previsioni. Felicia Bertuca oggi è stata fermata insieme al figlio, Vincenzo Sottilaro.

ISTRUZIONI Era lui il principale destinatario degli ordini del boss, che lo istruiva in maniera precisa su cosa riferire ad affiliati come Alfio Liotta. Intercettato dalle cimici, il boss Pasquale Bertuca dice al ragazzo: «Gli dici “ha detto mio zio, se te la senti di farteli dare, vai… mi ha detto di mandargli un’ambasciata… di scrivergli una cartolina se non te la senti che ci pensa lui… che non deve lasciare scampo a nessuno». Il boss indica anche chi dovrà pagare per primo. In un’altra occasione invece, in presenza della sorella Felicia, gli ha ordinato «gli devi dire “ti saluta mio zio, ha detto di metterti una mano sulla coscienza… il rispetto è misurato, come ti ha rispettato lui. Gli devi dire di dirglielo». Il destinatario del messaggio sembra essere un imprenditore, che uno degli affiliati deve convincere a vendere “a prezzi agevolati” un appartamento. «Digli “non muore in carcere mio zio! Un appartamento.. che glielo faccia buono il prezzo… meglio degli altri».

ORDINE PUBBLICO Su Villa, il clan aveva un controllo capillare. Nessuna attività commerciale o imprenditoriale sfuggiva al loro controllo, neanche quelle appena avviate. E persino i furti in abitazione e di veicoli, come i danneggiamenti, non sfuggivano ai Bertuca, che erano in grado di attivarsi per la restituzione dei beni ai legittimi proprietari, anche dietro il pagamento di una somma di denaro.

CRITICITÀ Un regime consolidato, ma non per questo senza scossoni. Più volte gli Zito- Bertuca e i Buda Imerti sono entrati in rotta di collisione, perché entrambi interessati alla medesima preda. È successo, ad esempio, di fronte al particolare attivismo su Villa di Andrea Vazzana, uomo di fiducia e parente diretto del superboss Condello. Criticità superate attraverso incontri e chiarimenti, di cui il boss veniva prontamente informato, tanto da ordinare al fratello di intimare a Liotta, scelto per presenziare a quella riunione «… che le indagini sopra di noi non le può fare nessuno! Altrimenti glielo mando a dire con Mico! Perché… tutte le volte che hanno portato… una brioche se la sono mangiata pure loro!» specificando che, quando entravano nell’area di loro pertinenza, «gli devi dire che prima di andare a Cannitello devono “bussare” però!».

LA SOLETTA Per il clan, le estorsioni erano “regalini”, “polipi”, gli affiliati “gente di mare”. I Ros ne hanno contate almeno 20, ai danni di numerose imprese operanti nei settori della raccolta dei rifiuti solidi urbani e delle costruzioni in generale/movimento terra, impegnate nello svolgimento di servizi ed opere sia private che di interesse pubblico, i cui proventi sono stati suddivisi tra i clan. «Quasi nessuno ha denunciato – torna a tuonare Cafiero de Raho. Solo in due casi c’è stata una denuncia e siamo riusciti a far saltare l’estorsione, tutti gli altri hanno pagato in silenzio. E il progetto estorsivo del clan si estendeva in tutta Villa San Giovanni e nei territori limitrofi, fin dal 2010 come testimoniano i colloqui in carcere». Ma in sei anni sono stati pochissimi a farsi avanti, denunciando i propri aguzzini. Una «soletta di cemento» fatta di omertà e paura che il Ros sta cercando di distruggere. «Noi siamo il martello pneumatico – dice il generale Governale – che insiste su questa soletta di cemento fino al collasso della struttura».

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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