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Il lungo inverno di Rende

Rende mi sta a cuore. I motivi sono tanti e non solo privati. Sono diventato rendese per egoismo nel 1976 e nel periodo che seguì sino al 1990 ho esercitato il ruolo di consigliere comunale, milita…

Pubblicato il: 16/11/2016 – 11:31
Il lungo inverno di Rende

Rende mi sta a cuore. I motivi sono tanti e non solo privati. Sono diventato rendese per egoismo nel 1976 e nel periodo che seguì sino al 1990 ho esercitato il ruolo di consigliere comunale, militando nel glorioso Pci che mi consentì tra l’altro anche di fare per sei anni il vice presidente dell’allora Usl numero 8 Un esempio, l’unico, di buona amministrazione sanitaria.
A ben vedere, un periodo impegnativo, in quanto tenuti ad esercitare al meglio un ruolo istituzionale da oppositore  all’armata socialista, che contava in consiglio ventuno  seggi su trenta contro i nostri tre. Una maggioranza non solo forte sul piano numerico ma anche sotto il profilo della qualità che tanti di loro esprimevano, forti anche dell’eredità del grande Cecchino che aveva iniziato a fare di Rende un primato poi diventata ciò che c’è attraverso l’accelerazione amministrativa che ha dato al processo di crescita Sandro Principe. Dicevo, un periodo tosto, ove c’era da studiare in modo sodo, vista la produttività amministrativa dell’avversario, che ha contribuito al mio attaccamento alla città e alla formazione della mia cultura amministrativa. Un modo per affrontare dibattiti consiliari ed extra dell’epoca, duri ma (credo) qualificati e qualificanti che tenessero reciprocamente ben conto delle prerogative di tutti, ivi compresi gli avversari. 
All’egoismo iniziale e all’entusiasmo di ieri sono subentrate la delusione e l’amarezza di oggi. È data vedere una città, già ideale, spogliata di tutto: di investimenti pubblici, di iniziative culturali, di cura manutentiva, di quello spessore politico che vi regnava da decenni che determinava sì, anche, pesanti scontri sulle cose da fare ma che dava vitalità alla città, stimolo ai cittadini ed esempi ai più giovani. 
Nella fase attuale chi deve non fa nulla e chi dovrebbe pretendere è politicamente e istituzionalmente silente. Così facendo la lotta politica è limitata ad approvare ovvero, alternativamente, a non condividere l’agenda politica della maggioranza che è uscita vincente dalle ultime lezioni che non sa cosa fare per accontentare i soliti tutti, dei quali è prigioniera. I rinnovi di Giunta non dovrebbero preoccupare alcuno, né tampoco interessare più di tanto gli avversari, inconcepibilmente disimpegnati invece a difendere il «violento» (tentato) allontanamento di dirigenti e di un segretario comunale, che magari gli altri lo avessero.  
Per quanto riguarda il resto – intendendo per ciò che dovrebbe essere la minoranza, che non riesce ad essere opposizione per scelta e divisioni irresponsabili – si registrano piccole strategie di breve, medio e lungo periodo che, francamente, espongono alla ribalta idee e protagonisti, spesso usati e logori, sui quali è difficile investire. Nessuno ascolta la città, rileva bisogni ed elabora progetti. Gli oppositori preferiscono preparare le piccole truppe per contare in seguito nella fasi congressuali (per quello che varranno i congressi, rispetto al dilagare inarrestabile nel Paese del M5S) e nelle candidature che, se individuate come al solito, saranno sbaragliate semplicemente da chi ha una faccia nuova da vendere. 
Insomma si rischia che dalle difficoltà di oggi si passerà alla moria della politica, a meno che non risorga il migliore usato di ieri. Un leader che non deleghi, per esempio, alla burocrazia, ancorché di pregio, i grandi e difficilissimi temi della fusione della Grande Cosenza, così come sta invece avvenendo confondendo i fischi per fischi, ovverosia i gradi temi della politica locale con i doveri di mera gestione amministrativa.

*Docente Unical

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