REGGIO CALABRIA Per anni è stato il re dei villaggi turistici del vibonese, in grado di obbligare anche la Rai ad alloggiare nei suoi resort. Ma oggi, Nicola Comerci si scopre essere solo l’ennesimo imprenditore che ha infettato il tessuto economico calabrese per conto dei clan.
SIGILLI A BENI PER 50 MILIONI Fin da questa mattina all’alba, per ordine della sezione Misura di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, gli agenti della sezione Anticrimine della Polizia hanno sequestrato appartamenti, resort, alberghi e società, tutte a lui riconducibili, sparpagliate fra la Piana di Gioia Tauro, il vibonese, Roma e Bologna. Un patrimonio da oltre 50 milioni di euro individuato dalle indagini della sezione Misure di prevenzione della Dda, diretta dal procuratore aggiunto Gaetano Paci, che per la prima volta è arrivata dove le indagini penali neanche si erano riuscite ad avvicinare. «Nonostante non ci sia un’indagine penale da cui emerga il profilo criminale di Comerci, quest’inchiesta ha dimostrato senza dubbio alcuno come i capitali da lui gestiti siano stati sempre di natura illecita» dice soddisfatto il procuratore Federico Cafiero de Raho.
COMERCI CONTIGUO AI CLAN Per i giudici, gli elementi raccolti da i pm «depongono inequivocabilmente circa l’appartenenza di Comerci agli ambienti mafiosi delle cosche Piromalli e Mancuso, in un rapporto che si è sviluppato in un’iniziale simbiosi, sino a svilupparsi in un’evidente indipendenza di Comerci nel condurre i propri affari, pur continuando a gravitare negli ambienti criminali suddetti».
SUCCESSO DELLE INDAGINI PATRIMONIALI Un risultato non scontato. Blindato da una sentenza di assoluzione rimediata in Corte d’appello per precedente sequestro, l’ex geometra divenuto re dei villaggi turistici in Calabria si sentiva al sicuro. Ma grazie a nuovi approfondimenti investivi sugli elementi a suo carico, come alla valorizzazione delle dichiarazioni di diversi collaboratori, è stato possibile non solo dimostrare la contiguità di Comerci ai clan, ma anche ricostruire parte della sua storia imprenditoriale.
IMPERO SUI TERRENI DEI MUSCO Sconosciuto geometra nativo del vibonese, è negli anni Settanta che Comerci vede cambiare la sua vita. Succede quando il clan gli intesta i possedimenti nel tempo sottratti al barone Livio Musco – figlio dell’ex capo del Sifar, Ettore – ucciso nel marzo 2013. Nella sua morte, dicono gli investigatori, la ‘ndrangheta non c’entra, si tratterebbe solo di debiti, ma la sua vita, come quella dei fratelli è stata segnata dalle prepotenze dei Piromalli, che progressivamente hanno sottratto alla famiglia gran parte dei possedimenti terrieri.
IL RE DEI RESORT E proprio su quelle aree, Comerci ha costruito la propria fortuna. Protetto dai Piromalli, è nel vibonese, dove su di lui hanno esteso la propria ala anche i Mancuso, che l’imprenditore ha iniziato a tirare su una serie di villaggi turistici e resort, divenuti un punto di riferimento per i turisti in visita a Parghelia e Tropea. Un primato costruito anche a suon di danneggiamenti e intimidazioni.
CONCORRENZA SPIETATA Lo ha imparato il suo ex socio, Giuseppe Condoluci, che insieme a lui aveva acquistato negli anni 80 un terreno a Marina di Bordila, nei pressi di Parghelia. Una serie di dissapori hanno guastato il rapporto fra i due, che alla fine hanno deciso di dividere la proprietà. Da una parte è sorto il villaggio Blue Paradise, mentre sul settore rimasto in mano a Condoluci, successivamente, è stato realizzato il complesso turistico “La Vela”. La concorrenza fra le due strutture non si è limitata all’ambito commerciale, ma è deflagrata in un’escalation di atti intimidatori e attentati dinamitardi, tracimata persino in un tentato omicidio.
ANCHE LA RAI A CASA COMERCI Questi – dicono gli investigatori – era il regime che ha permesso l’affermazione di Comerci e cui neanche la Rai si è riuscita a sottrarre. È infatti al residence Blue Paradise di Parghelia che la tv pubblica ha finito per far alloggiare troupe, attori e maestranze impegnati nelle riprese della fiction “Gente di mare”, nonostante ci fossero state proposte migliori. Una scelta dettata anche dai suggerimenti arrivati alla producer, cui più di uno ha consigliato di scegliere il Blue Paradise del «delfino dei Piromalli», perchè «non vorrei che nascesse qualche faida strana».
IL PESO DELLE PAROLE In attesa di una risposta alla propria sconsiderata offerta, l’imprenditore si era infatti premurato di far sapere ai concorrenti di non aver gradito per nulla che fossero state presentate altre offerte, per di più maggiormente convenienti. Semplici parole, che tuttavia – hanno svelato le conversazioni intercettate – sarebbero bastate agli imprenditori della zona a «pentirsi» e a ritirarle in fretta e furia. Alla fine, a mettere ordine saranno i Mancuso, gli unici in grado di indurre Comerci ad abbassare le tariffe offerte alla Rai e a tenere lontani eventuali concorrenti dall’affare.
UN RESORT STORICO Operai, cast e produzione hanno dunque finito per alloggiare in un luogo simbolo della storia delle mafie. È infatti nello stesso resort – ha rivelato il pentito Nino Fiume – che negli anni Novanta si è svolta la seconda riunione sulla strategia di «attacco allo Stato» fra i Corleonesi e i massimi vertici della ‘ndrangheta. «Eravamo al residence Blue Paradise di Parghelia – racconta Fiume – Franco Coco voleva stringere il cerchio attorno a Pasquale Condello, bisognava chiarire il progetto dei siciliani e c’era anche un traffico di droga da definire. C’erano presenti Luigi Mancuso, Peppe De Stefano, Peppe Piromalli, Pino Pesce, Coco Trovato». E all’epoca – dice il collaboratore – «eravamo in rappresentanza del territorio, non della famiglia». Una riunione andata male per i corleonesi, perché il gotha delle ‘ndrine ha detto no, senza negate tuttavia appoggio logistico e militare.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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