MILANO Intercettato al telefono si definiva “il boss invisibile”. Paolo De Luca, 46 anni, è uno dei tre arrestati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Monza in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Dda di Milano a vario titolo per associazione di tipo mafioso, detenzione di armi da guerra e clandestine, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e calunnia. L’uomo, secondo gli investigatori monzesi che lo hanno incastrato, era stato sfiorato da almeno altre tre grosse indagini per ‘ndrangheta, riuscendo sempre a farla franca ed è per questa ragione che, intercettato al telefono, si definiva “il boss invisibile”.
A quanto si apprende il suo compito era quello di tenere protetti i traffici di droga del clan ‘ndranghetista degli Stagno a cui era legato, anche attraverso la sua attività di gestore della sicurezza di vari di locali dell’alta Brianza. Gli Stagno, collegati al clan Giampà di Lamezia Terme, hanno la loro sede operativa tra Seregno e Giussano (Monza), dove proteggono i loro interessi dalle ingerenze di altre famiglie “concorrenti”, ruolo in cui De Luca si è perfettamente calato, tanto da fare il padrino al battesimo del figlio del boss Antonio Stagno e, sempre durante un intercettazione, affermare al telefono: «Io resto sempre della stessa bandiera».
Sempre secondo gli investigatori, De Luca si preoccupava anche di far arrivare in Calabria le “ambasciate” quando qualcuna delle famiglie rivali tentava di prendere il sopravvento, rompendo il sacro “regolamento mafioso”. Insieme a lui, sono stati raggiunti dall’ordinanza Alessandro Colacitti, 34 anni di Seregno già in carcere a Monza e una settantenne originaria di Catanzaro, ma residente anche lei a Seregno. Le indagini dei carabinieri sono partite nel marzo scorso, proprio a seguito di un sequestro di armi effettuato a casa della donna, dove sono stati trovati di tre fucili da guerra, una mitraglietta e di due pistole automatiche.
x
x