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Le consapevolezze del Sì e quelle del No

L’esito che separerà gli italiani il prossimo 4 dicembre, e deciderà probabilmente le sorti di Matteo Renzi, costituisce il risultato di ciò che sarebbe stato opportuno definire il «referendum dell…

Pubblicato il: 19/11/2016 – 14:48
Le consapevolezze del Sì e quelle del No

L’esito che separerà gli italiani il prossimo 4 dicembre, e deciderà probabilmente le sorti di Matteo Renzi, costituisce il risultato di ciò che sarebbe stato opportuno definire il «referendum delle consapevolezze».
I No e i Sì, piuttosto che contabilizzare rispettivamente la bocciatura o la promozione del premier/capo di partito, dovranno infatti rappresentare l’espressione delle mature convinzioni dei chiamati alle urne. Proprio per questo appaiono inconcepibili le conclusioni cui sono pervenuti tutti i sondaggi che danno per decisivo il Sud più penalizzato, ritenuto la cassaforte blindata del No.
Invero, appare quantomeno «suicida» il rifiuto di volere cambiare le regole che stanno a base del vivere civile. Quel vivere civile che, per esempio nella Calabria del No, pretenderebbe che:
– la potestà legislativa concorrente venisse mantenuta nell’attribuzione di una Regione che le norme non le ha fatte e, quando le ha fatte, non le ha mai sapute fare, tanto da registrare l’88,74% delle bocciature, da parte della Consulta, di quelle impugnate dal governo;
– rimanesse lo stato qualitativo del prodotto amministrativo che, spesso e volentieri, rappresenta il peggiore esempio di clientelismo e di aberrazione, nel senso di deviazione dai sani princìpi normativi e dalle leggi etico-morali;
– la sanità rimanga ciò che è ovverosia il peggiore sistema sanitario riscontrabile nel Paese, che abusa della Costituzione, non rendendo esigibile il diritto alla tutela della salute, e che è abusato a cura di una Regione che non programma, da un management che non governa e da un commissario ad acta che si è assunto i poteri che la Carta costituzionale assegna ineludibilmente all’organo legislativo regionale. Quel consiglio regionale che non sa neppure rivendicare la propria potestas, magari producendo gli atti che gli spettano, da sottoporre all’esame del governo che deciderà ove mai di impugnarli avanti alla Consulta;
– l’assistenza sociale continui a non esserci, con tanti dei nostri nonni abbandonati a loro stessi, dei diversamente abili lasciati a marcire nell’assenza dei servizi e dei tantissimi sotto soglia della povertà a sperare che qualcuno paghi loro un cappuccino o regali ciò che serve loro per non morire;
– una finanza pubblica locale che non cura il sistema delle autonomie – infetto da dissesti e procedure di riequilibrio, spesso, dall’esito improbabile – discriminato dai trasferimenti statali, impossibili a concepirsi e ad essere sufficienti per assicurare il buon andamento, che la Costituzione pretende, e garantire i servizi vitali alla collettività di riferimento.
Coloro i quali sostengono il No, hanno la consapevolezza di tutto questo perché la vivono tutti i giorni sulla loro pelle e su quella delle loro famiglie.
Diversamente accade per pervenire al convincimento del Sì, che significa prioritariamente il rifiuto degli attuali standard legislativi e amministrativi delle anzidette aree di riferimento.
La consapevolezza del Sì risiede e matura sulla volontà di cambiare, in senso ovviamente favorevole, in termini di servizi pubblici vissuti e prestazioni essenziali esigibili.
Vediamo come, facendo qualche esempio.
a) L’introduzione in Costituzione dei principi di trasparenza e semplificazione, ispirati ai criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori (art. 118,2), obbligherà le pubbliche amministrazioni (tutte) a produrre provvedimenti di risultato pregevole e gli amministratori a risponderne in difetto. Non solo. Consentirà l’impugnativa, in via incidentale, di tutte quelle leggi che non siano rispettose dei detti principi e criteri che imporranno a chi amministra di assumere con i propri atti delle vere e proprie obbligazione di risultato nei confronti dei destinatari;
b) Assistenza sociale. Quella assistenza che la revisione di D’Alema & C. del 2001 ha persino dimenticato di inserire nella legislazione concorrente, lasciandola così residuare in quella regionale. Di conseguenza, in una Regione, come la nostra, siamo al nulla, tant’è che non sappiamo neppure quanti siano i vecchi, i poveri e i disabili malamente «parcheggiati» nei nostri paesini. Ci accorgiamo che è loro successo qualcosa solo allorquando il vicino di casa mette in dubbio la loro esistenza in vita, infastidito dal fetore che viene dall’alloggio relativo, spesso nettamente al di sotto del minimo decoro.
c) Sanità. Si caratterizza, nell’attuale condizione, per la sua dannosità sociale. Esiste solo grazie a tanti bravissimi operatori sanitari che fanno, da decenni, negli ospedali calabresi ciò che altrove fa Emergency di Gino Strada. Sovraccarichi di lavoro, con tecnologie obsolete e strutture fatiscenti riescono a dare quel minimo di risposta che spesso separa la vita dalla morte certa. Gli ospedali (incrementati di quelli teorici sui quali si fa tanta propaganda) registrano i loro pronti soccorso strozzati dalla folla di accessi di quei cittadini cui la medicina di famiglia nega l’assistenza quotidiana, abituata com’è a concedere loro, quasi esclusivamente, la ripetitiva prescrizione conseguente alle cure segnate dallo specialista, consultato per lo più a pagamento.
d) Finanza pubblica locale. La costituzionalizzazione dei costi e fabbisogni standard (art. 119,4) obbligherà finalmente l’abbandono dell’aberrante metodologia del finanziamento basato sulla spesa storica, rettificata al ribasso. Di conseguenza, il finanziamento «finito» degli enti territoriali calabresi sarà curato, al rialzo, dagli indici di deprivazione socio-economica e da una perequazione finalmente funzionante;
e) Riordino del sistema degli enti locali. Con la soppressione definitiva delle inutili Province verranno meno costi inaccettabili ma anche i Capoluoghi relativi. Si istituirà quindi una sana concorrenza dei centri urbani che ricorreranno alla migliori politiche locali per mantenere e/o conquistare il primato istituzionale, non disdegnando di ricorrere all’istituto della fusione, da valutare in modo responsabile e senza lasciarsi prendere da inutili e pericolosissimi entusiasmi, del tipo quello di essere arrivati per primi.
Queste le ragioni della consapevolezza dei Sì. Vi sembra poco?

*docente Unical

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