CATANZARO La grande crisi ha messo in ginocchio le imprese del Mezzogiorno. Dall’automotive ai call center sono 38 le vertenze aperte al ministero del Sviluppo economico per cercare di salvare quasi 45 mila posti di lavoro, di cui 15mila solo in Sicilia. I tavoli aperti nell’isola riguardano l’Eni di Gela (3.300 posti), la Blutec di Termini Imerese (1.050 posti), Almaviva di Palermo (2.700), Q. È di Paternò (635), Fincantieri di Palermo (1.000), Technis e St Microelectronics di Catania (6.000 posti), Italtel e Selital a Carini (530 posti). Lo scrive l’inserto economico del Corriere del Mezzogiorno sottolineando che altre 15 vertenze riguardano la Campania, 9 la Puglia, 3 la Basilicata e 2 la Calabria (l’azienda De Masi con 250 dipendenti e il call center Infocontact di Rende con 500 lavoratori interessati).
Non c’è settore industriale che non sia coinvolto dalla crisi: in prima fila i call center, dove il precariato lavorativo di giovani spesso utilizzati al di sotto delle proprie qualificazioni si incrocia con aziende senza scrupoli che, pur di risparmiare, delocalizzano nei paesi terzi. Ma perfino l’automotive, riconosciuto come il comparto che ha dato il via nel 2015 alla ripresa economica al Sud, non è esente da difficoltà. Passando per gli elettrodomestici che, soprattutto in Campania, rappresentano uno dei buchi neri dell’industria meridionale.
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