REGGIO CALABRIA Conferma di tutte le condanne alla luce di una nuova istruttoria che in nulla ha modificato il precedente quadro probatorio. Potrebbe essere riassunta così la requisitoria con cui il pg Alberto Cianfarini ha chiesto alla Corte d’appello di condannare a 6 anni di carcere l’ex governatore Giuseppe Scopelliti, e a una pena di 3 anni e 6 mesi gli ex revisori dei conti del Comune di Reggio Calabria, Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero Alessandro De Medici.
Una requisitoria veloce, che non è entrata nel merito né delle risultanze del primo procedimento, né delle nuove acquisizioni documentali e testimoniali. Prima del pg, di fronte alla Corte hanno sfilato Giuseppe Vazzana, ex amministratore delegato della Multiservizi, e Nicola Pellegrino, titolare della Pan Costruzioni, aggiudicataria di diverse gare d’appalto bandite da Palazzo San Giorgio, ma il pg non ha ritenuto necessario commentare o contestare le loro deposizioni.
IL NERVOSISMO DI SCOPELLITI Un intervento sintetico, ma dai toni oltremodo duri, soprattutto nei confronti dell’ex sindaco. Seduto fra i banchi degli imputati, vicino al suo legale, Aldo Labate, Scopelliti ha ascoltato con crescente nervosismo il rapido intervento della pubblica accusa. Solo dopo un breve conciliabolo con il suo legale, l’ex sindaco ha deciso di evitare le dichiarazioni spontanee che sembrava determinato a rendere per contestare i toni della requisitoria. Nel merito, saranno invece i legali ad intervenire nel corso della prossima udienza del 20 dicembre. Dopo, toccherà ai giudici arrivare ad una decisione anche sulla scorta delle nuove prove messe agli atti.
ACQUISIZIONI DOCUMENTALI Nel corso della precedente udienza, la Corte, su richiesta delle difese, ha disposto una serie di acquisizioni documentali, fra cui la trascrizione dell’ultima conferenza stampa di Orsola Fallara, il parere redatto dal giurista Antonio Romano sui compensi che la potentissima burocrate si autoliquidava, l’avviso di fissazione di udienza preliminare con richiesta di rinvio a giudizio emesso nei confronti dell’attuale capogruppo dem in Consiglio regionale, Sebi Romeo, all’epoca accusato di falso e sottrazione di bene sottoposto a pignoramento.
LA “RIVINCITA” DELLE DIFESE Una decisione che soddisfa solo in parte le istanze degli avvocati, ma che per i legali rimane un dato significativo. «Avevamo presentato queste richieste già durante il dibattimento in primo grado, ma non sono state accolte. La decisione della Corte d’appello significa un riconoscimento della mutilazione del diritto alla difesa che abbiamo subito» commentano le difese.
La Corte in ogni caso è determinata a non perdere tempo. Entro l’anno i giudici vogliono arrivare ad una decisione, anche per evitare che la mannaia della prescrizione si abbatta sul procedimento. La prossima udienza sarà dedicata alle deposizioni dei testimoni, poi il 20 dicembre toccherà ad accusa e difesa tirare le somme del procedimento con requisitoria e arringhe.
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE In primo grado, il tribunale presieduto da Olga Tarzia, al termine di un lungo e articolato dibattimento, ha stabilito una condanna severa per tutti gli imputati, ritenendo la Fallara «lo schermo dietro il quale agiva il sindaco Scopelliti che aveva voluto fortemente la stessa quale dirigente di un settore strategico dandole la possibilità di portare avanti, nel dissenso di buona parte dell’amministrazione, la linea politica da lui perseguita».
RITRATTO SCONFORTANTE E PRECISO Un quadro che per il Collegio emergeva in modo chiaro «indizi, gravi, precisi e concordanti» che hanno permesso di ricostruire «una serie di comportamenti reiterati nel tempo, posti in essere in concorso dal sindaco dell’epoca del Comune di Reggio Calabria, dottor Scopelliti, dal dirigente del settore Finanze e tributi, dottoressa Fallara (deceduta), e dai revisori contabili del medesimo comune, dottor De Medici, dottor Stracuzzi e dottor D’Amico, che hanno aggravato la situazione economica dell’ente territoriale, già in serie difficoltà dal 2007, determinando l’approvazione di documenti contabili non veritieri, attraverso una sorta di inesattezze create artatamente dal dirigente delle Finanze con l’avallo di soggetti che per posizione e qualità avevano piena contezza delle preoccupanti dimensioni del fenomeno e che hanno reso pareri falsi e compiacenti».
FALSO SU COMMISSIONE In sintesi, una serie di falsi, realizzati scientemente e coperti per anni abilmente, per una precisa ragione di natura prettamente politica che i giudici non esitano ad indicare «la necessità di ammantare tale condizione non può che essere quella di evitare un irrigidimento dei servizi e un aggravamento delle tassazioni che avrebbe reso impopolare il sindaco del tempo, già al timone dell’ente dal 2002». Per evitare un calo di popolarità che nuove tasse avrebbero determinato, su mandato di Scopelliti – sottolineano i giudici – i conti dell’Ente sono stati alterati, gonfiati, stravolti. Ma tali pratiche non sono state prive di conseguenze, hanno «determinato una grave lacerazione del tessuto socio-economico cittadino, scavando un solco profondo tra i rappresentanti della comunità locale e i componenti di tale comunità, umiliati, defraudati nei loro diritti, privati del dovuto riconoscimento economico».
LA DITTATURA DI ORSOLA Un ritratto devastante di una città messa in ginocchio da pratiche contabili spericolate che la Fallara ha messo in atto su preciso mandato politico. «Questa, che appariva come una donna potentissima che gestiva le sorti del comune di Reggio Calabria, in realtà era una perfetta esecutrice di direttive precise che provenivano dal sindaco Scopelliti, che, tramite lei, ha creato un sistema accentrato su se stesso esautorando di fatto tutti coloro che avrebbero potuto ostacolarlo (cioè i dirigenti non asserviti al suo dominio e gli Assessori che eventualmente avessero voluto svolgere le loro funzioni correttamente). Tale disegno criminoso non si sarebbe potuto realizzare senza il concorso dei revisori contabili, nominati dallo stesso Scopelliti».
LA REPLICA DI SCOPELLITI Un passaggio delle sentenza su cui Scopelliti fa sapere tramite il suo avvocato Aldo Labate che «la nomina dei revisori contabili ai quali si fa riferimento non sia stata assolutamente il frutto di una sua personale scelta ma, per come la Legge impone, di una determinazione collegiale assunta dall’intero Consiglio Comunale che li ha scelti e votati».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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