REGGIO CALABRIA La riforma costituzionale prevede la fine del bicameralismo perfetto ma non contempla alcuna modifica per quel che riguarda il “bicameralismo burocratico paritario”. Di che tratta? Di una prerogativa tutta calabrese che non sarà minimamente intaccata nemmeno nel caso in cui il Sì dovesse spuntarla al referendum del 4 dicembre. Dopo quasi 70 anni, Camera e Senato potrebbero smetterla «di fare la stessa cosa», a differenza degli apparati amministrativi di Regione e Consiglio, pieni zeppi di “uffici fotocopia” che svolgono, da 40 anni almeno, le stesse identiche funzioni.
Per farla breve: la burocrazia calabrese è piena di doppioni inutili che non fanno altro che aumentare i costi della “macchina”. A che servono il settore Legale o Risorse umane del Consiglio quando le stesse strutture sono presenti alla Cittadella di Catanzaro? Una domanda destinata a rimanere senza risposta.
Sono ben 12 le “aree” duplicate nell’Astronave reggina nel corso degli anni: Gestione-segreteria, Istituzionale, Relazioni esterne; i settori Provveditorato, Tecnico, Bilancio, Risorse umane, Legale, Informatico e Legislativo; l’Ufficio stampa; l’Organismo indipendente di valutazione. In questi uffici sono impegnati circa 144 dipendenti del Consiglio, su un totale di 358. I loro stipendi, di conseguenza, pesano sulle casse pubbliche per più di 7 milioni di euro, su una cifra complessiva di 19,2 milioni.
LA RIFORMA CHE NON C’È La riforma su cui si pronunceranno gli italiani modifica il Titolo V, sopprime le Province e dà una sforbiciata alle indennità dei consiglieri regionali. Ma il nuovo testo costituzionale nulla potrà fare per ridurre la pianta organica di un Consiglio che costa la bellezza di 58 milioni di euro all’anno. L’anomalia calabrese emerge soprattutto dal confronto con le altre Regioni. Nell’assemblea calabrese ci sono 11,55 dipendenti per ogni consigliere regionale. In quella del Lazio il rapporto è di 9 a 1, fino ad arrivare ai coefficienti molto più bassi di Marche (5,07), Veneto (3,02), Piemonte (6,31) e Basilicata (3,81). Insomma, forse i 358 lavoratori di Palazzo Campanella, su un totale di 30 consiglieri, sono un po’ troppi. Il Consiglio del Lazio ne ha 495 su 51 eletti, quello del Piemonte 322 su 51. In Veneto ne bastano invece 154, pur avendo 21 consiglieri in più rispetto alla Calabria. Dove vige un bicameralismo burocratico irriformabile.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
x
x