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BORDERLAND | Il vicesindaco in jeep con il boss – VIDEO

CATANZARO «La cosca Trapasso controllava il respiro e il battito cardiaco del territorio». Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, sintetizza in una frase la caratura criminale del clan e il …

Pubblicato il: 29/11/2016 – 14:27
BORDERLAND | Il vicesindaco in jeep con il boss – VIDEO

CATANZARO «La cosca Trapasso controllava il respiro e il battito cardiaco del territorio». Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, sintetizza in una frase la caratura criminale del clan e il controllo capillare che questo esercitava sul proprio territorio di apparenza che ha la sua roccaforte nella frazione di San Leonardo di Cutro. Gli esiti dell’operazione “Borderland” (terra di confine) – condotta dalla Squadra mobile di Catanzaro e dallo Sco e coordinata dai procuratore aggiunti Vincenzo Luberto, Giovanni Bombardieri e dal sostituto Vincenzo Capomolla – dipingono un quadro cupo e preoccupante. Gli agenti della Squadra mobile, come ha sottolineato Luberto, «hanno finalmente raggiunto la prova dell’esistenza della famiglia Trapasso, facente capo a Giovanni Trapasso», più volte lambita in indagini precedenti.
San Leonardo di Cutro e Steccato di Cutro sono le due frazioni nelle quali nasce la cosca Trapasso, nel territorio notoriamente assoggettato al clan Grande Aracri. Inoltre a Cropani i Trapasso possono anche contare su una ulteriore propaggine, quella dei Macrì, una cosca autonoma sebbene collegata. 
San Leonardo, Cropani, Botricello, territori stretti in una morsa duramente controllata dal clan nelle grandi come nelle piccole attività. Importante per il procuratore Gratteri è «ridare libertà alle attività imprenditoriali ed economiche e anche alla gente, che possa tornare a sentirsi libera». La famiglia Trapasso non operava solo nella provincia di Crotone ma, come è stato possibile appurare in due anni di indagine, estendeva il suo agire anche in altre province della regione come Catanzaro o Reggio Calabria. E il resto d’Italia non era immune all’intraprendenza della cosca. Reati fine sono stati registrati a Verona, Parma, Reggio Emilia dove ci sono uomini che si sono mossi a nome e per conto di questa organizzazione ai quali la magistratura contesta ora il reato di associazione mafiosa.

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«QUA C’È LA LEGGE E CI SIAMO NOI» La cosca interveniva su tutto, dalle macchinette da inserire nei bar, al commercio delle bombole di gas, fino, addirittura, a imporre a ciascun abitante del Villaggio Carrao di versare una sorta di tassa condominiale in cambio della “sicurezza”, rappresentata da giovanotti che giravano a controllo. Naturalmente anche la principale attività di un territorio che si apre sul mare, che orbita intorno ai villaggi turistici, era controllata. Beni, servizi, assunzioni, tutto passava dal controllo dei Trapasso. Un controllo esercitato con pressione psicologica e fisica per opprimere e schiacciare qualsiasi libera iniziativa e sedare sul nascere ogni tentativo di ribellione. Basti pensare – ha sottolineato in conferenza stampa il procuratore aggiunto Bombardieri – all’episodio che vede coinvolti due commercianti di bombole di gas, picchiati per avere agito senza avere chiesto il permesso ai Trapasso. «La violenza si stendeva anche su coloro che vendevano cocco sulla spiaggia, questo dà la misura del controllo», aggiunge Luberto che invita oggi i cittadini a «una reazione importante». 
Una reazione importante contro la mentalità che fa dire a un membro del clan, mentre parla con un forestiero: «Qua devi capire che c’è la legge e ci siamo noi». Emerge, evidente e brutale, come ha sottolineato il capo della Squadra mobile di Catanzaro, Nino De Santis, «la pretesa di sostituirsi allo Stato». 



LE ELEZIONI DEL 2014 C’è l’accusa di concorso esterno nei confronti del vicesindaco di Cropani, Francesco Greco, anch’egli raggiunto da misura cautelare. Dalle attività di intercettazione condotte dallo Sco e dalla Squadra mobile di Catanzaro sono emersi tutta una serie di elementi volti a dimostrare l’importanza di avere l’appoggio dei Trapasso. Il vicesindaco nel corso delle amministrative viene ascoltato mentre dice: «Voglio andare sulla jeep con lui (con Nanà Trapasso, nda), farmi vedere davanti». Si vuole ostentare l’appoggio che in quel caso, secondo gli inquirenti, la famiglia aveva fornito al candidato. «Tutto questo significa che occorre una reazione importante da parte dei cittadini che finiscono per essere schiacciati dai monopoli e dagli oligopoli», ha detto Luberto.



I COLLABORATORI DI GIUSTIZIA Non solo Giuseppe Vrenna o Angelo Cortese, collaboratori di giustizia crotonesi, hanno parlato dell’esistenza della cosca Trapasso ma anche pentiti come Gennaro Pulice, di Lamezia Terme, ha detto il procuratore aggiunto Bombardieri, «hanno dichiarato che andavano a trovare i Trapasso riconoscendo il carisma ‘ndranghetistico e la riferibilità di questo locale di San Leonardo di Cutro». 



MATRIMONI E CELEBRAZIONI RELIGIOSE «C’è un esercizio del potere tendenzialmente votato alla modernità che però si accompagna anche all’attaccamento alle tradizioni di ‘ndrangheta che poi si risolvono in fatti concreti», racconta il capo della Squadra mobile, De Santis. C’è lo scambio della partecipazione ai matrimonio dei figli degli altri ‘ndranghetisti. «I figli di trapasso partecipavano a fastose cerimonie di nozze. In una di queste – prosegue De Santis – si dice nelle intercettazioni che ci fossero 1.200 invitati». Gli appartenenti al clan fanno mostra di voler partecipare in un posizione di assoluta evidenza a cerimonie religiose. «In una di queste intercettazioni uno degli aderenti alla famiglia, che si trovava detenuto, si premura di chiedere ai suoi di fare in modo che la processione del santo si girasse verso casa su e facesse l’inchino», racconta il capo della Squadra Mobile. «Se sia successo non siamo stati in grado di dimostrarlo ma questo – dice De Santis – testimonia quale sia l’attaccamento a questo genere di tradizioni». Ne è testimonianza la partecipazione frequente, documentata, dei figli di Giovanni Trapasso alla cerimonia settembrina al santuario di Polsi, luogo di particolare rilevanza per le tradizioni di ‘ndrangheta.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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