COSENZA Riguardo la riforma costituzionale che sostiene, Riccardo Nencini, opera un ragionamento a più livelli. E nella tappa nella città che fu la più socialista d’Italia, si spinge oltre rispetto i leader nazionali di partito che a Cosenza, ultimamente, erano calati per le medesime ragioni. Perché c’è una questione di merito, va ripetendo il segretario nazionale dei socialisti, che riguarda «un aspetto sottaciuto, relativo ai diritti in entrata come la parità fra uomo e donna in termini specifici: che significa, ad esempio, parità di stipendio». E c’è un aspetto prettamente politico – questo il passaggio più pragmatico – perché «questo referendum è ad altissimo contenuto politico. E mai vi era stata una campagna elettorale così lunga, nemmeno per quello sul divorzio o sulla scala mobile».
Ad ascoltarlo, nel vecchio cinema San Nicola, una platea assolutamente variegata. Simpatizzanti, curiosi per tutte le stagioni, una nomenclatura di dirigenti di partito, anzi, più partiti, che sembra una nuova internazionale socialista tant’è che circola ancora il vezzo di chiamarsi “compagni”. Formata da chi è stato socialista, chi lo è ancora fieramente, chi è stato inglobato dal Pd. Si vedono fra gli altri Gianni Papasso e Pietro Mari, Sergio Tursi Prato, Pietro Ruffolo, Franco Casciaro.
Mentre, a proposito di dem, presente in maniera massiccia la catena di comando locale, dal segretario regionale Ernesto Magorno seduto sul palco («il commissariamento è un istituto barbaro – avrà il tempo di dire – e spero non avremo più commissari come in Calabria per la sanità») a quello provinciale Luigi Guglielmelli seduto fra gli uditori, finendo con Nicola Adamo nelle retrovie. Senza contare il governatore Mario Oliverio che, arrivato in ritardo dai lavori del consiglio regionale, e per via di un aereo in partenza per la capitale, non interverrà neanche cedendo la parola a Nencini. Prenderanno lo stesso volo.
Sul palco dei relatori prendono poi, ovviamente, posto il deus ex machina dell’incontro Luigi Incarnato, Franz Caruso, Vincenzo Tamburi. Una troupe agguerrita di alfieri del partito dal garofano rosso. Ma i riflettori sono tutti per Riccardo Nencini, viceministro alle Infrastrutture. In mattinata è stato a Cassano a trovare il sindaco Gianni Papasso, si ritrova a parlare con familiarità con molti dei convenuti come chi la Calabria la conosce bene. Regala qualche assaggio linguistico di toscano tipo «io fo» «grullo», si dimostra più realista del re.
«La riforma è perfettibile, non perfetta. Abbiamo presentato anche degli emendamenti ma non cerchiamo il pelo nell’uovo – dice Nencini – visto che la cornice tiene. Non credete a chi sostiene due tipi di bugie: non date fede a chi sostiene che in caso di sconfitta del si al governo non capiterà niente e non date credito a chi dice che si avranno immediate modifiche alla legge elettorale. Perché? Dov’è la maggioranza alternativa? Se volete un governo grillino – ammonisce sornione – votate decisamente No. Anzi, andate a vedere che stanno facendo a Livorno dove sono al comando. Certo, ci sono compagni socialisti che votano, legittimamente, no. Ma ricordiamo anche che Pietro Nenni, padre costituente, era per il monocameralismo. E poi, noi socialisti, eravamo per la riforma costituzionale, soli come cani, dal congresso del 1982. Il Pci arrivò dopo. Le modifiche all’Italicum? Ritengo che Renzi mantenga la parola – conclude – ma noi sosteniamo il Sì negli ultimi giorni. Saranno quelli decisivi».
L’ora è fatta ed il volo per la capitale aspetta: «C’ho l’aereo e altri due comizi a Roma» si giustifica. Seguono altri interventi, la manifestazione volge al termine e si esce alla spicciolata. Col rischio di “incroci pericolosi”: Nicola Adamo e Luigi Guglielmelli da un lato che riemergono dal San Nicola e Mario Occhiuto coi suoi collaboratori usciti dalla parte posteriore di palazzo dei Bruzi non si incontrano per un soffio. Antipasto, anche questo, del duello del 4 dicembre.
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