Speranza: «Il referendum non è sul Pd»

RENDE Arriva accompagnato dagli studenti dell’associazione Sviluppo Universitario che fanno gli onori di casa e di quelli del Comitato Unical per il No che hanno collaborato coi primi per organizzare l’incontro. Allarga, curioso, lo sguardo per scoprire il nucleo più antico dell’Università della Calabria. Saluta universitari e amici. In punta di piedi. Nessuna parola lontanamente fuori posto. Le voci su Roberto Speranza paiono vere: porta le stimmate dell’eminenza di partito.
Nella sala del Dipartimento autogestito multimediale, per parlare di “Democrazia: dal consenso alla partecipazione”, lo attendono pezzi di sindacato e una parte del centrosinistra che verrà, altri studenti, curiosi. E prima dei lavori, lui lucano di Potenza, intellighenzia dem tutta meridionale, si concede brevemente ai cronisti sui temi incalzanti dell’attualità politica. «Se con la vittoria del No Renzi dovesse dimettersi – dice Speranza – farà una scelta autonoma che i parlamentari (del Pd, ndr) non hanno richiesto. Penso sia stato un errore gravissimo sovrapporre la questione istituzionale con la vita del governo perché questo non è un voto sul governo. Qualora lo diventasse sarebbe un plebiscito ed è una logica dal mio punto di vista molto sbagliata. L’Italicum – il casus belli interno al partito che determinò le sue dimissioni da capogruppo dei democrat a Montecitorio – è disastroso e purtroppo non basta un annuncio o un foglietto fumoso per cambiarlo. Questa legge – continua – non consentirà ai cittadini di scegliere i propri eletti, con un’assemblea legislativa costituita ancora da nominati che permetterà ad una piccola minoranza della società di diventare dominante in Parlamento. Sommandola con gli effetti della riforma costituzionale si arriva al governo del capo. Cioè chi vince le elezioni decide tutto, ha tutto in mano. Il Sud dovesse vincere il sì è più debole, in balia del capo di turno. Più solo».
Ma insomma, Speranza, non è che la data del 4 dicembre è stata confusa dal Pd con la data del congresso di partito? «Se qualcuno ha confuso, sbaglia perché questo è un voto sulla Costituzione non un voto sul governo né un congresso. Il voto sul governo si farà alle politiche mentre il congresso del Pd arriverà. Quando si mette sul terreno del voto del 4 dicembre altra materia si sbaglia. Purtroppo l’errore principale l’ha fatto Renzi – e due – personalizzando il referendum e trasformandolo un voto su se stesso».
Il Pd per alcuni versi sembra lacerato anche in Calabria. Dalla sua postazione che idea si è fatto? «Io do un giudizio generale sul partito. Il Pd mese dopo mese sta diventando un partito dove il capo sta a Roma a parlare in tv e poi c’è una sommatoria di comitati elettorali organizzati dal territorio. Così non si fa molta strada, bisogna cambiare radicalmente rotta e questa, si, sarà materia del congresso ma non ha nulla a che fare col referendum». E se dovesse inviare un tweet agli italiani per il No? «Mah, più che altro direi agli italiani di ragionare con la propria testa. In queste ore si prova a spaventarli. Ci sono ingerenze esterne mai viste prima, il ricatto dei mercati che appare ogni giorno nel dibattito pubblico. Io invece dico scegliamo con la nostra testa perché l’Italia è un grande paese e a prescindere dall’esito della consultazione del 4 dicembre lo rimarrà». 

edo. tri.