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Nardodipace, confermata l'incandidabilità per l'ex sindaco

VIBO VALENTIA Confermata l’incandidabilità per l’ex sindaco di Nardodipace, Romano Loielo, e per l’ex vicesindaco Romolo Tassone. Alle elezioni comunali del novembre 2013, Loielo era stato rieletto…

Pubblicato il: 01/12/2016 – 17:06
Nardodipace, confermata l'incandidabilità per l'ex sindaco

VIBO VALENTIA Confermata l’incandidabilità per l’ex sindaco di Nardodipace, Romano Loielo, e per l’ex vicesindaco Romolo Tassone. Alle elezioni comunali del novembre 2013, Loielo era stato rieletto sindaco nonostante fosse stato dichiarato incandidabile in via provvisoria perché era sempre lui a guidare l’amministrazione che era stata commissariata per infiltrazioni mafiose nel 2011. Nel frattempo un nuovo scioglimento – il secondo in soli 4 anni, sempre con Loielo sindaco – ha colpito, nel dicembre del 2015, il consiglio comunale del paese dell’entroterra vibonese. Ma la vicenda giudiziaria relativa all’incandidabilità è andata avanti. Così la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato il decreto con cui il Tribunale di Vibo, un mese prima delle ultime elezioni comunali, aveva dichiarato incandidabili sia Loielo che l’ex vicesindaco Tassone (figlio di Rocco Bruno Tassone, ritenuto il capo del “locale” di ‘ndrangheta di Cassari), individuati come i responsabili delle condotte che hanno portato allo scioglimento per mafia del 2011.
Per Loielo e Tassone l’incandidabilità era stata sancita in primo grado nell’ottobre 2013. Dopo quella decisione, però, il Ministero dell’Interno propose ricorso sostenendo che andavano dichiarati incandidabili anche altri componenti dell’allora maggioranza guidata da Loielo, ovvero Aurelio Tassone, Pasquale Larosa, Antonio Maiolo, Antonio Franzè e Alberto Franzè. Il Viminale, sulla scorta della relazione della commissione d’accesso che indagò sull’attività del Comune, rilevò che molti amministratori e dipendenti comunali «risultavano strettamente legati da vincoli di parentela e frequentazione abituale con esponenti di spicco delle locali cosche criminali». Così il procedimento approdò, per il giudizio di secondo grado, alla Corte d’Appello di Catanzaro, dinanzi alla quale si costituirono in giudizio i cinque ex amministratori citati, mentre anche Loielo e Tassone proposero un ricorso autonomo contestando la loro incandidabilità.
Il 22 luglio 2014 la Corte d’Appello dichiarò improcedibile il ricorso del Viminale osservando che, essendosi già svolti in Calabria due turni elettorali dopo lo scioglimento, non poteva più trovare applicazione l’incandidabilità prevista dalla legge solo in riferimento al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso. La Procura generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro ha però impugnato questa sentenza in Cassazione (con l’adesione del Viminale) sostenendo che l’intenzione del legislatore fosse di impedire che i responsabili dello scioglimento si candidassero al primo turno successivo «di ciascuna elezione regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale» che si svolge nella regione. Nonostante il controricorso di tutti gli ex amministratori coinvolti, la Suprema Corte ha poi cassato la sentenza di secondo grado rinviando a un’ulteriore decisione della Corte d’Appello in una nuova composizione. E la Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza depositata lo scorso 19 ottobre (presidente Bruno Arcuri, relatore Antonio Rizzuti) ha confermato l’incandidabilità per Tassone e Loielo – che è stato anche candidato alle Regionali del 2014 con Fratelli d’Italia a sostegno di Wanda Ferro – rigettando invece il reclamo del Viminale relativamente a Larosa, Tassone, Maiolo e i due Franzè, che sono stati dichiarati candidabili.

Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it

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