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La cardiochirurgia reggina all’anno zero e il “tengo famiglia”

Che facciamo? Attendiamo il 5 dicembre, data fatidica che dovrebbe segnare l’uscita del Paese dal sortilegio referendario, oppure vogliamo farli subito i conti con un reparto di cardiochirurgia che…

Pubblicato il: 02/12/2016 – 8:17
La cardiochirurgia reggina all’anno zero e il “tengo famiglia”

Che facciamo? Attendiamo il 5 dicembre, data fatidica che dovrebbe segnare l’uscita del Paese dal sortilegio referendario, oppure vogliamo farli subito i conti con un reparto di cardiochirurgia che già passa alla storia per contare due inaugurazioni e un paziente deceduto senza mai pienamente entrare in funzione?
Recenti comunicati dell’Azienda ospedaliera riferiscono che tutto è a posto. Di più: ci dicono che è questione di ore ed avremo anche il primo intervento operatorio presso il Centro cuore di Reggio Calabria. Non dicono che trattasi di intervento “elettivo”, cioè programmato e programmabile. Le urgenze, invece, seguiteranno a essere dirottate altrove.
Nel merito, gli inauguratori del sette novembre tacciono tutti; che parli, allora, chi rischia di ritrovarsi il cerino in mano: il dottor Pasquale Fratto. Ormai da qualche mese è il responsabile dell’unità operativa complessa di cardiochirurgia degli Ospedali riuniti di Reggio Calabria, pardon degli Ospedali metropolitani dello Stretto. È ora che si smarchi dal politicume e dagli “affari di famiglia” che governano la sanità reggina, insieme a qualche grembiulino e qualche coppola storta, come assicura il sindacalista Nuccio Azzarà, senza mai essere smentito.
Il dottor Pasquale Fratto è calabrese, essendo nato a Catanzaro, ha 53 anni, ama il mare di Squillace e vanta un curriculum di tutto rispetto partendo dalla laurea con il massimo dei voti e la lode, fino alla specializzazione, anche questa ottenuta a Milano e con lode. I dati che lo riguardano sono rassicuranti: «Ha piena autonomia nel trattamento medico e chirurgico di tutte le patologie cardiache dell’adulto, sia in elezione che in urgenza, con più di 1500 interventi come primo operatore».
Del resto, a Reggio Calabria arriva dopo oltre dieci anni da dirigente medico di ruolo, passati nel Centro di cardiochirurgia e trapianti di cuore dell’ Ospedale Niguarda “Cà Granda” di Milano, diretto dal professore Martinelli. Gli inauguratori del sette novembre hanno anche assicurato che il dottor Fratto ha a disposizione una pianta organica di tutto rispetto: sette cardiochirurghi, sei cardio-anestesisti, tre perfusionisti e venticinque infermieri appositamente selezionati e spediti a Milano «per seguire la speciale formazione che è richiesta per lavorare in un reparto così delicato come la cardiochirurgia».
Questo, almeno, quanto dichiarano, sotto le luci delle telecamere, gli inauguratori, con in testa la ministra Lorenzin, per averlo appreso dalla viva e non dubitabile voce del direttore generale Frank Benedetto, medico di professione e politico per vocazione (una consiliatura nell’assemblea comunale). I corridoi della Cardiochirurgia raccontano ben altra storia: dicono che il reparto è deserto non solo perché non ci sono ricoveri ma anche perché il personale non esiste. Dicono che non sono state neppure avviate le procedure per acquisire i presidi sanitari indispensabili: mancano persino i fili di sutura e le valvole da impiantare. Giurano che il cronoprogramma della inevitabile start up non è neppure tracciato.
Insomma siamo all’anno zero mentre i costi lievitano, i pazienti muoiono e le inaugurazioni raddoppiano. Sì, perché quella del sette novembre è stata una riedizione dell’inaugurazione che due anni prima aveva avuto come madrina la stessa ministra Lorenzin (peggio che le vacche di Fanfani!) e come padrini l’ex governatore Peppe Scopelliti e l’ex arcivescovo metropolita Vittorio Mondello.

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(La prima inaugurazione della cardiochirurgia reggina)

Un particolare, questo della doppia, e doppiamente farlocca, inaugurazione, sfuggito a tanti e tra questi anche a un politico solitamente attento come Michelangelo Tripodi che, plaudendo agli inauguratori del sette novembre, scriveva: «L’inaugurazione avvenuta oggi della Cardiochirurgia, rappresenta un grande e straordinario passo in avanti per la sanità reggina e consentirà ai professionisti qualificati e di valore che già operano presso la struttura ospedaliera di poter garantire migliori condizioni di qualità e di sicurezza per tutti coloro i quali saranno sottoposti a interventi ed esami nei settori interessati alle nuove attività. A tal proposito esprimiamo un doveroso ringraziamento al dottor Frank Benedetto, direttore generale dell’Azienda ospedaliera, il cui impegno generoso, qualificato e appassionato, insieme ai suoi collaboratori, ha consentito di giungere finalmente alla conclusione di un iter tormentato che durava da anni e che la città attendeva da tempo».
Ben più attenta si dimostrava l’onorevole pentastellata Dalila Nesci: «È gravissimo che il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, abbia inaugurato la Cardiochirurgia di Reggio Calabria, benché a oggi sia ancora chiusa. Ho appurato che in seguito alcuni pazienti sono stati portati d’urgenza a Catanzaro, il che certifica la parata dello scorso 7 novembre, col ministro, il governatore Mario Oliverio, il sindaco Giuseppe Falcomatà e il dg Frank Benedetto nelle vesti di puri attori».
E che sia così lo dimostra il fatto che, mentre scriviamo, sono ancora da espedire le gare per forniture essenziali ai fini di un normale funzionamento della cardiochirurgia: «Procedura negoziata per la fornitura in somministrazione di set custom pack; procedura negoziata per la fornitura del farmaco Thiopental; procedura negoziata per la fornitura in somministrazione di corsetti toracici; procedura negoziata per l’acquisto di numero cinque stimolatori esterni bicamerali; procedura negoziata per l’acquisto di numero quattro piastre interne per defibrillatore Philips riutilizzabili e con interruttore; procedura negoziata per la fornitura di cateteri vescicali….».
Potremmo continuare con un lungo e noioso elenco, troppo lungo per poter dare l’idea che siamo davanti a un reparto funzionante.
Torniamo, allora, al dottor Pasquale Fratto, unico attore ancora credibile di questa farsa, diventata macabra dopo quanto accaduto al “paziente” morto durante il trasferimento a Catanzaro. Si smarchi dal politicume e dal “tengo famiglia” e ci regali la verità. Tacere davanti a questo precipitare degli eventi potrebbe costargli quella credibilità professionale alla costruzione della quale ha dedicato anni di studio e di duro lavoro, lontano dalla sua terra. Una terra che solo attraverso coraggiose testimonianze può sperare di liberarsi, appunto, dal politicume e dal “tengo famiglia”.

*direttore@corrierecal.it

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