In occasione di un così importante appuntamento di democrazia praticata, mi tocca scrivere l’appello per il Sì. Lo faccio convinto della sua bontà. Ma soprattutto perché – se vincente al prossimo referendum che si celebrerà domenica 4 dicembre – imporrebbe (perché tale è la vis costituzionale):
1) ai decisori pubblici, nell’assumere i loro provvedimenti amministrativi, di ispirarsi a criteri di efficienza che, tradotto in pillole, significa produrre atti di risultato (di pregio), pena la loro responsabilità diretta in caso di mancato conseguimento (art. 118, c. 2);
2) la sostituzione dei governatori e dei sindaci (sino ad arrivare allo scioglimentodegli organi collegiali di riferimento: giunte e consigli) degli enti resisi responsabili di dissesto finanziario (art. 120, c. 2);
3) la garanzia ai nonni (disabili e cittadini sotto soglia di sopravvivenza) di oggi e di domani di esigere ciò che è mancato a quelli di ieri, da oltre 15 anni, in materia di assistenza sociale, sino ad oggi lasciata alle Regioni (che non hanno fatto nulla in proposito, Calabria in primis!) e quindi rimessa alla competenza dello Stato (art. 117, c. 2, lett. m), garante dell’uniformità;
4) l’individuazione e l’imposizione, a cura dello Stato, del contenuto sostanziale e delle modalità erogative dei Lea, tanto da garantire agli individui residenti in tutte le Regioni di godere di una sanità eguale, sino ad oggi negata dalle nostre parti, tanto da imporre una emigrazione della salute che costa 300 milioni di euro annui (art. 117, c. 2, lett. m). disagi e costi di trasferimento e permanenza a parte;
5) la cancellazione (finalmente) delle Province, sino ad oggi fonti di spesa inutile (sagre e fiere), di una manutenzione stradale inesistente (basta vedere la rete viaria interna in situazione postbellica) e di una edificazione scolastica che è penosamente sotto gli occhi di tutti.
Non solo. Muterebbe la metodologia di finanziamento del sistema pubblico infra-statale (Regioni, Città metropolitane e Comuni) passando dall’assurda spesa storica ai costi e fabbisogni standard che offrirebbe la garanzia agli enti territoriali lo stesso valore pro capite aggiustato alle esigenze locali.
E ancora. A fronte degli slogan di «controparte» e delle dicerie populistiche che caratterizzano la campagna del No, è da sottolineare che il nuovo Senato delle Autonomie (l’errore è stato quello di non chiamarlo diversamente!) offrirà una soluzione di alto spessore partecipativo. Consentirà, finalmente, ai giovani al di sotto dei 25 anni – quelli che spesso ci fanno fare una gran figura all’estero per essere primatisti di cultura, scienza e sport – di votare (finalmente) per il destino dei loro territori. Si, di votare, perché per il nuovo Senato si vota, un voto impedito agli under 25 per quello attuale. Tutto dipenderà da come sarà approvata dal Parlamento e specializzata poi dalle Regioni la disciplina elettorale relativa. Si potrà, pertanto, scegliere il consigliere regionale che si ritiene capace di svolgere il suo ruolo all’interno del Consiglio e, nella contemporaneità, di rappresentare dignitosamente la Regione nel Senato delle autonomie. Più democrazia partecipata e intelligente di questa (perché fa, tra l’altro, risparmiare qualche milione di euro con un turno elettorale in meno!), è difficile rintracciare.
Su tutto si eliminerà la legislazione concorrente (impedendo a Regioni come la nostra di fare i tanti danni prodotti sino ad oggi). Con essa si eviteranno 1.592 ricorsi alla Corte costituzionale (tali sono quelli prodotti in 15 anni) da un costo complessivo di tanti miliardi di euro che potevano essere destinati a scuole, ospedali e palestre, ma anche a redditi di cittadinanza.
Quindi, votando Sì si rinnova tanto, si riconosce ai giovani di scegliere il loro destino e si offre l’occasione di intraprendere quella corsa al migliore funzionamento del sistema pubblico che garantirà ai nostri figli e nipoti (ma anche a noi e ai nostri nonni) ciò che serve per vivere meglio.
*Docente Unical
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