COSENZA «Dopo la morte di Ruffolo la donazione di sangue al Centro di San Giovanni in Fiore è stata bloccata». Lo ha dichiarato al collegio del Tribunale di Cosenza il dottore Caputo sentito come testimone nel processo sul sangue infetto scaturito da Cesare Ruffolo, un pensionato di Rende, deceduto a seguito di una trasfusione effettuata nell’ospedale “Annunziata”. Secondo l’accusa, Ruffolo aveva effettuato una trasfusione con una sacca che poi si è scoperto essere contaminata dal batterio letale serratia marcescens. Sul banco degli imputati che hanno scelto il rito ordinario – già giudicati, invece, quelli che avevano optato per l’abbreviato – ci sono l’ex direttore dell’Unità di immunoematologia dell’Annunziata, Marcello Bossio; il dirigente medico in servizio all’ospedale di San Giovanni in Fiore, Luigi Rizzuto, e Osvaldo Perfetti direttore medico del presidio unico dell'”Annunziata”. Questi ultimi devono rispondere anche delle lesioni causate a Francesco Salvo. Il 37enne, nel giugno del 2013, subì uno shock settico a seguito di una trasfusione di sangue contaminato. Martedì mattina sono state acquisiti i verbali di Palumbo e Noto.Il dottor Caputo ha precisato che il presidio di San Giovanni in Fiore è una struttura ospedaliera e non dell’Avis. All’interno della stessa operavano infermieri dipendenti dell’azienda ospedaliera di Cosenza. Inoltre riferisce che con il centro trasfusionale di Cosenza i contatti erano molto ridotti sia a livello organizzativo che gestionale. Inoltre di sua iniziativa ha bloccato le donazioni nel centro di San Giovanni in Fiore dal 21.06.2013, ovvero da quando è stato informato dal dottore Perfetti della morte di Ruffolo. Il processo è stato aggiornato al prossimo 7 febbraio.
mi. mo.
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