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ECOSISTEMA | «Alle regionali 2014 clan diviso tra Tripodi e Cannizzaro»

REGGIO CALABRIA Lo schema è quello classico. La Dda di Reggio Calabria fa presto a riassumerlo: «L’attenzione delle cosche mafiose è stata sovente rivolta ai finanziamenti pubblici costituenti una …

Pubblicato il: 07/12/2016 – 20:38
ECOSISTEMA | «Alle regionali 2014 clan diviso tra Tripodi e Cannizzaro»

REGGIO CALABRIA Lo schema è quello classico. La Dda di Reggio Calabria fa presto a riassumerlo: «L’attenzione delle cosche mafiose è stata sovente rivolta ai finanziamenti pubblici costituenti una ghiotta opportunità di guadagno per le imprese edili degli affiliati». E Antonio Mario Scaramozzino («imprenditore edile vicino alla cosca Paviglianiti», lo definiscono i pm) – già in una vecchia intercettazione del 2006 – fa riferimento a un politico locale che «avrebbe promesso sovvenzionamenti purché a esclusivo beneficio delle cosche». Chi sia il politico resta un’incognita. I magistrati antimafia, però, sembrano avere le idee chiare su cosa sia accaduto nelle regionali del 2010 (quelle vinte dal centrodestra). E spiegano che un’inchiesta iniziata nel 2009 «aveva evidenziato come la cosca nutrisse interesse per le consultazioni regionali calabresi e avesse sostenuto Pasquale Maria Tripodi che, nel 2010, correva per uno scranno del consiglio regionale tra le fila dell’Udc nella coalizione a sostegno di Giuseppe Scopelliti». Tripodi, secondo i magistrati, avrebbe «beneficiato della campagna elettorale fattagli» proprio da Scaramozzino. Di più: l’imprenditore avrebbe «curato la campagna elettorale di Tripodi incaricandosi di raccogliere i voti a sostegno di quest’ultimo presso gli affiliati della cosca Paviglianiti» e venendo «adeguatamente ricompensato del lavoro svolto». «Senti, ma a San Lorenzo tutto a posto?», chiede il politico centrista in una conversazione che risale al 29 marzo 2010, a consultazioni ancora in corso. Ed è questa una delle evidenze dei contatti tra i due.
La Dda, però, si preoccupa di indagare anche l’interesse dimostrato da Settimo Paviglianiti – uno degli arrestati nell’operazione Ecosistema – per quelle elezioni: maneggia volantini elettorali, si mostra attento ai risultati delle elezioni, attiva contatti con il solito Scaramozzino.
«Il risultato elettorale – scrivono gli inquirenti – non tradirà le aspettative di Pasquale Tripodi e della cosca che lo ha appoggiato, in quanto risulterà eletto con 10.393 preferenze». Questo interessamento, secondo l’accusa, è ricambiato. Le indagini si concentrano su due aspetti e la tesi è che Tripodi non manchi «di ripagare i suoi elettori, primo tra tutti Scaramozzino». È a lui che il politico comunica telefonicamente «l’assegnazione dell’incarico di delegato regionale in seno alla deputazione amministrativa del Consorzio di Bonifica del Basso Ionio Reggino («…vedi che ti arriverà questa nomina domani o dopodomani… che ti abbiamo nominato nel consorzio cim di Reggio…ok?»). Un altro degli attori del sostegno politico, Vincenzo Abenavoli, «otterrà l’auspicata ricompensa atteso che il cognato, Bruno Gualtieri, risulterà essere stato nominato capo dipartimento del settore Ambiente». Sono tutte accuse da dimostrare, esattamente come quelle che vengono mosse ai protagonisti politici della tornata elettorale del 2014. In quel caso, per i magistrati antimafia, si ripete un «copione simile». Tripodi è candidato nella lista “Centro Democratico” a sostegno di Mario Oliverio. E «chiede e ottiene sostegno elettorale dalla cosca Paviglianiti». Le due anime del clan, rappresentate da Angelo e Settimo, hanno «divergenze di opinioni». Tant’è che «appoggiano candidati differenti». Il primo – è un dato che si evincerebbe da una serie di intercettazioni – avrebbe sostenuto la candidatura di Francesco Cannizzaro, nella lista “Casa delle libertà” (a sostegno di Wanda Ferro), assessore al Comune di Santo Stefano in Aspromonte e consigliere provinciale con delega al Turismo e Spettacolo alla Provincia di Reggio Calabria.
«Sentitemi una cosa – dice Paviglianiti in una delle conversazioni – per…inc …vi potete impegnato? Niente allora? Perché ne avevo parlato con un certo Cannizzaro, che è alla Provincia, lui! E si candida pure alle regionali! …inc… ha detto “parla…inc…parla con il tuo principale – mi ha detto – se vuole vengo e parlo pure io”, ha detto… lui è vicesindaco al comune… a Gambarie e suo padre è sindaco al comune a Laganadi …ha detto “parliamo – ha detto – se c’è qualcosa che lo… lo posso aiutare – ha detto – non ci sono problemi… gli ho detto io per la strada… dice che c’è sua cugina nella Provincia… eeeh… per il fatto delle strade… gli ho detto “e vedete di sbloccarla con…- gli ho detto- veramente venite là e vediamo …». Il suo interlocutore tiene per Tripodi, ma lui replica: «Ormai ho preso impegni, ha “sconsato” (ndr disturbato), è una brava persona questa…».
È una chiacchierata che rappresenta «lo specchio della situazione conflittuale che imperversa in seno alla cosca Paviglianiti». Tripodi, però, può contare – secondo gli inquirenti – sul «personale in forza all’Ased». Sarebbe quello il suo bacino elettorale. E Rosario Azzarà, imprenditore che rappresenta il fulcro del sistema criminale ipotizzato, è dalla sua parte: Guarda – spiega a un suo contatto –, io all’infuori degli operai, e mi riferisco a tutti… inc… ognuno di loro deve portare almeno cinque voti… sono sessanta». Fanno trecento preferenze.
Le promesse di voto vengono comunicate a Tripodi, che sottolinea in un passaggio che Azzarà potrebbe portare un pacchetto ben più ampio delle preferenze legate ai dipendenti. La propaganda continua ma questa volta Tripodi resta fuori dal consiglio regionale, a differenza di Cannizzaro che, con oltre 6mila voti, diventa un esponente della minoranza. Pare un semplice dato politico, ma la lettura che arriva dalla Dda lo colora di una luce inquietante: «La disfatta del candidato Tripodi si ritiene vada letta alla luce della lotta intestina in corso in seno alla cosca e nella fattispecie tra i fratelli Paviglianiti e che avrebbe determinato una dispersione dei voti». Sarebbe un disastro per la democrazia.

IL GIP: L’IPOTESI NON CONVINCE Il gip, però, non concorda con la lettura degli investigatori. Prende nota dell’impegno di Azzarà – vicino a una parte del clan Paviglianiti – a favore di Tripodi per le regionali 2014. E segnala la proposta di un’altra parte della cosca di sostenere Cannizzaro. Però spiega: «L’ipotesi accusatoria secondo cui i boss Settimo e Angelo Paviglianiti avrebbero stretto un patto elettorale corruttivo con il rispettivo candidato (Tripodi e Cannizzaro), non convince». «Per la verità – spiega il giudice per le indagini preliminari – oltre al proficuo, personale e concreto interessamento di Rosario Azzarà (e Palmino Mangiola) per le sorti elettorali di Pasquale Tripodi, stimato addirittura in ragione di 300 voti (ossia 5 voti per ciascuno dei 60 dipendenti Ased), non emergono i contenuti dell’accordo corruttivo che sarebbe stato stipulato tra Tripodi e Settimo Paviglianiti; ancora meno di quello ipotizzato fra Francesco Cannizzaro e Angelo Paviglianiti».

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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