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ECOSISTEMA | Monnezza, soldi e voti: il patto tra clan e politica

REGGIO CALABRIA Tra Brancaleone e Melito, il re dei rifiuti era lui. Titolare della Ased, grande mattatrice di appalti fra i comuni dell’area grecanica, ma con interessi e addentellati anche nella …

Pubblicato il: 07/12/2016 – 15:02
ECOSISTEMA | Monnezza, soldi e voti: il patto tra clan e politica

REGGIO CALABRIA Tra Brancaleone e Melito, il re dei rifiuti era lui. Titolare della Ased, grande mattatrice di appalti fra i comuni dell’area grecanica, ma con interessi e addentellati anche nella Piana di Gioia Tauro e persino nel vibonese, Rosario Azzarà – per tutti Saro – per anni è stato l’imprenditore preferito di tutte le amministrazioni, quale che fosse il colore politico. Ma Azzarà, oggi finito in manette, per la Dda di Reggio Calabria non era che un pupo, la faccia (apparentemente) pulita usata per rendere presentabile l’azienda. Perché se scrivi Ased, leggi clan Iamonte.

LE RIVELAZIONI DI AIELLO Lo ha rivelato ai magistrati della Dda di Reggio Calabria il pentito Salvatore Aiello, ex responsabile operativo della Fata Morgana, divenuto la gola profonda che ha permesso ai magistrati di fare ordine nel mondo delle imprese di smaltimento che operano nel reggino. Da anni, Aiello parla con i magistrati, svela accordi tra clan e con le amministrazioni, fa i nomi di funzionari e tecnici compiacenti, racconta di appalti e lavori. E su sua indicazione, i magistrati chiedono autorizzazioni a piazzare microspie e gli investigatori – in questo caso, i carabinieri del comando provinciale, guidato da Giancarlo Scafuri – ascoltano.

LA SPAZZATURA DEI CLAN Il risultato – che l’indagine Ecosistema inizia a raccontare – è un quadro sconfortante di accordi di bassa lega, trucchi, piccole e grandi prebende, in cui a perdere sono solo i cittadini, che da anni pagano la ‘ndrangheta per veder rimuovere i rifiuti dalle strade. Succedeva questo a San Lorenzo, Melito Porto Salvo, Palizzi, Bova Marina, Condofuri e Brancaleone. Nessuno, nelle amministrazioni ha messo un freno alle pretese dei Iamonte.

LA CONNIVENZA DELLE AMMINISTRAZIONI I rifiuti erano cosa della Ased e la Ased era cosa loro. Ma è bastato promettere un’assunzione per parenti, amici o conoscenti o qualche favore e tutti i responsabili delle case comunali hanno chiuso gli occhi. Nel 2009, a Melito Porto Salvo si è andati oltre. «In quel caso – spiega il procuratore Federico Cafiero de Raho – l’appalto è stato confezionato su misura per far vincere la Ased, inserendo come requisito fondamentale per partecipare alla gara l’iscrizione alla classe E che abilita una determinata impresa a smaltire fino a 5 tonnellate di rifiuti pericolosi. Inutile per il paese, che non arriva a produrre questi quantitativi di scorie, ma necessario per assegnare l’appalto all’Ati composta da Ased, Radi e Fata Morgana».

SISTEMA CIRCOLARE A garantire il funzionamento del meccanismo, tanto ben congegnato da sfuggire anche alle autorità di vigilanza – afferma il colonnello Alessandro Mucci, comandante del nucleo investigativo – era un «rapporto di corruzione circolare fra ‘ndrangheta, politica e imprenditoria, da cui tutti avevano da guadagnarci».

PERDONO SOLO I CITTADINI L’imprenditore sponsorizzato dal clan non aveva difficoltà a ramazzare appalti, in cambio dei quali i politici potevano chiedere assunzioni con cui incrementare le proprie clientele in vista di future avventure elettorali, mentre il clan rafforzava sul proprio territorio potere e guadagni, garantiti anche da controlli inesistenti sui servizi resi. Con buona pace dei cittadini, che hanno pagato le tasse e adesso non sanno cosa, come e dove sia stato smaltito.

IPOTESI RIFIUTI TOSSICI Il procuratore lo dice con tutte le cautele del caso, perché allo stato prove non ce ne sono e l’argomento è delicato. Ma il sospetto – spiega – è legittimo. Perché non si può escludere che i clan attraverso i loro imprenditori di riferimento abbiano smaltito anche rifiuti tossici. «Tanto è più spregiudicato il soggetto di ‘ndrangheta, camorra o mafia cui viene assegnato l’appalto, tanto maggiore è il rischio che comporta. In questo caso ci occupiamo di appalti per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani però – ha messo in guardia il procuratore, forte dell’esperienza acquisita in Campania – nel momento in cui si affida la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a un soggetto economico che è un soggetto di ‘ndrangheta, e la ‘ndrangheta tratta anche il rifiuto tossico, nocivo, pericoloso, non possiamo escludere nulla». Per Cafiero de Raho, «parliamo di soggetti spregiudicati, che non si fanno scrupolo se in quel trasporto insieme ai rifiuti solidi urbani viene sversato anche un rifiuto radioattivo». Al riguardo gli accertamenti sarebbero ancora in corso, ma ci vorrà tempo perché «parliamo di un numero elevatissimo di appalti».

LEONE DI PEZZA Un sistema complesso, su cui la Dda continua ad indagare, ma di cui ha già individuato il formale fulcro, Saro Azzarà. Spietato con i più deboli, servile con quelli più forti di lui, Azzarà non esitava a ricattare i suoi dipendenti, costringendoli ad accettare pagamenti pari solo alla metà della busta paga, o a fornire un determinato quantitativo di voti per questo o quel candidato, sotto minaccia di licenziamento. Ma quando il boss Carmelo Iamonte si presentava in ufficio, obbediente gli cedeva il posto. E quando le due anime della cosca Paviglianiti non hanno trovato l’accordo sulla sua candidatura alle elezioni di San Lorenzo, si è ritirato in buon ordine. In più, non ha esitato a versare tangenti, ingoiare forniture o procedere ad assunzioni, quando richieste. Da bravo soldatino ha sempre obbedito. Un soldatino dei clan.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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