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CONQUISTA | Le intimidazioni a Callipo e il racconto dei pentiti

VIBO VALENTIA Era nel mirino del clan Bonavota l’imprenditore Pippo Callipo. A dimostrarlo, secondo gli inquirenti, due intimidazioni molto simili tra loro, sebbene siano avvenute a distanza di 12 …

Pubblicato il: 14/12/2016 – 18:37
CONQUISTA | Le intimidazioni a Callipo e il racconto dei pentiti

VIBO VALENTIA Era nel mirino del clan Bonavota l’imprenditore Pippo Callipo. A dimostrarlo, secondo gli inquirenti, due intimidazioni molto simili tra loro, sebbene siano avvenute a distanza di 12 anni l’una dall’altra. La prima risale al 2004 e ha come obiettivo la sede della “Giacinto Callipo Conserve Alimentari S.p.a”, storica azienda oggi leader nella lavorazione e conservazione del tonno che si trova poco distante dal lago Angitola. La seconda, avvenuta nell’aprile di quest’anno, ha invece toccato un’altra “creatura” di Callipo, il Popilia Country Resort che si trova sulla “nazionale” che dall’Angitola porta verso il centro abitato di Pizzo. Entrambe le intimidazioni, benché maturate in momenti e contesti diversi, secondo i magistrati della Dda di Catanzaro che hanno coordinato l’inchiesta “Conquista” sarebbero da ricondurre alla cosca che ha il suo feudo a Sant’Onofrio, paese alle porte di Vibo.

«QUESTO QUA NON SI RIVOLGE…» Il 10 giugno 2004, poco prima delle 23, vengono esplosi sei colpi di arma da fuoco contro lo stabilimento del patron della Volley Tonno Callipo. Lo stesso Callipo, sentito dagli inquirenti nelle ore successive, afferma di non avere ricevuto richieste estorsive né minacce, ma accenna comunque ad una richiesta di assunzione arrivata da un uomo che in quel momento era agli arresti domiciliari: Michele Bonavota, cugino di primo grado del capobastone Vincenzo. Un paio d’anni più tardi un pentito, Francesco Michienzi, che era stato un uomo del clan Anello-Fruci (alleato dei Bonavota) si è autoaccusato di quella intimidazione dichiarando di averla eseguita su incarico di Domenico Bonavota per il tramite di Vincenzino Fruci. «Poi successivamente – dichiarò Michienzi – i Bonavota erano arrabbiatissimi perché dice: “Questo qua non si rivolge né niente”. Tengo a precisare, lo avevo dimenticato questo particolare, che erano arrabbiatissimi perché non solo non si è rivolto, perché dice che loro sanno da fonte sicura che lui aiuta i Mancuso, dice: “Lui ai Mancuso li aiuta, potrebbe aiutare anche noi, per aiutare intendo estorsione va’!». Dieci anni più tardi a dire cose analoghe è invece un altro pentito, Andrea Mantella, che il 27 maggio 2016 fa mettere a verbale: «Per quanto io ne sappia, alle origini, l’imprenditore Filippo Callipo era molto vicino a Luigi Mancuso; questo lo so perché, in un periodo in cui avevamo le mani su Pizzo, sapevamo che non lo potevamo toccare perché era protetto da Luigi Mancuso; mi riferisco agli anni novanta, poi quando abbiamo fatto la scissione con l’appoggio di Vallelunga Damiano, i Mancuso hanno perso una certa parte di potere, perché una parte di cosche satellite si sono allontanate, per cui nei primi anni duemila i Bonavota hanno ritenuto possibile, in accordo con gli Anello, fare l’estorsione a Callipo». Le dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia su tale presunto rapporto tra l’imprenditore del tonno e il clan di Limbadi non trovano però alcun riscontro: «Occorre evidenziare – mettono nero su bianco i magistrati della Dda catanzarese – come non siano emersi elementi utili a dimostrare quanto affermato dai Bonavota al Mantella circa la originaria “vicinanza” dell’imprenditore Callipo ai Mancuso, verosimilmente da intendersi nel senso di “vittima” che “pagava” a quella cosca, per cui, per questa ragione, non poteva essere “toccato”».

GLI SPARI AL RESORT A 12 anni dal primo episodio, nella notte dell’1 aprile 2016, intorno alle 4,30, vengono sparati 11 colpi di arma da fuoco contro il cancello d’ingresso del Popilia Country Resort, una struttura alberghiera situata sulle colline tra Pizzo e Maierato e affacciata sul golfo di Lamezia. Dalle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza si vede l’autore dell’intimidazione, un uomo con un passamontagna arrivato sul posto a bordo di una Ford Fiesta grigia con uno stop posteriore che non funzionava. La stessa auto era stata ripresa da un’altra videocamera, questa volta puntata sul ristorante “La Degusteria” a Sant’Onofrio, la sera del 31 marzo: Da qui l’ipotesi della Dda che quella sera fossero in atto i “preparativi” dell’intimidazione avvenuta qualche ora dopo. «Dunque – si legge nel provvedimento di fermo dell’operazione “Conquista” – sempre presso lo stesso esercizio commerciale, a distanza di ben 12 anni, come avvenuto in occasione della programmazione degli omicidi Cracolici e Di Leo, a dimostrazione del fatto che la stessa può essere individuata quale vera e propria “base operativa” della cosca».
Poche ore dopo gli spari al Resort di Callipo, la stessa auto era tornata al ristorante e dal lato del passeggero era sceso Domenico Bonavota, considerato elemento di vertice del clan. La Fiesta era stata noleggiata all’aeroporto di Lamezia da uno dei sei fermati di oggi, Giuseppe Lopreiato, che secondo gli inquirenti avrebbe il ruolo di «factotum e autista di fiducia» di Bonavota. Gli inquirenti sono quindi riusciti a ricostruire anche gli assidui contatti tra lo stesso boss e Lopreiato e tra quest’ultimo e Domenico Febbraro (anche lui tra i fermati). Nonostante usasse una scheda sim intestata a un 24enne marocchino, Bonavota era intercettato dai carabinieri che, alla luce delle risultanze investigative, lo ritengono il mandante del danneggiamento. A sparare, invece, sarebbe stato Febbraro, incastrato dai contatti con Lopreiato – che lo avrebbe accompagnato sul posto – e dagli indumenti trovati in casa sua, identici a quelli dell’autore dell’intimidazione ripreso dalle telecamere. Inoltre lo stesso Callipo, intercettato, aveva detto a un suo interlocutore di sospettare che fossero stati nuovamente i Bonavota.
L’obiettivo del clan, secondo gli inquirenti, sarebbe stato quello di ottenere dall’imprenditore soldi o assunzioni. Nonché, ovviamente, di esercitare il controllo sulle attività economiche nella zona tra Maierato e Pizzo.

s. pel.

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