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Il fenomeno "Valli Cupe" è (quasi) legge

LAMEZIA TERME Asserisce Anna Gastel, critico d’arte, presidente di MiTo (il Festival di musica classica che unisce Milano a Torino), “amica” della Calabria dove spesso fa trekking: «Le Valli Cupe s…

Pubblicato il: 14/12/2016 – 13:28
Il fenomeno "Valli Cupe" è (quasi) legge

LAMEZIA TERME Asserisce Anna Gastel, critico d’arte, presidente di MiTo (il Festival di musica classica che unisce Milano a Torino), “amica” della Calabria dove spesso fa trekking: «Le Valli Cupe sono una scoperta di cui abbiamo discusso due anni fa in un convegno nazionale a Napoli come esempio virtuoso del Sud». E ancora: «Sarà un vanto per il consiglio regionale della Calabria, se riuscirà finalmente a istituire la riserva naturale Valli Cupe». La milanese fa riferimento alla legge approvata all’unanimità martedì 13 dicembre dalla commissione Ambiente presieduta da Domenico Bevacqua (presente l’assessore Antonella Rizzo) e proposta dal consigliere regionale Mimmo Tallini. La legge, visionata dal Dipartimento politiche ambientali della giunta regionale diretto da Orsola Reillo e dal settore legislativo del consiglio regionale diretto da Antonio Cortellaro, «consentirà – ha commentato Bevacqua – di pensare alle  ‘Valli Cupe’ come ad una riserva regionale protetta.  Decine di cascate, un canyon unico nel suo genere e un’area che quest’estate ha registrato 45mila visitatori e che, se adeguatamente attrezzata, può generare sviluppo e nuova occupazione». Ci sono voluti anni per portare in Consiglio un provvedimento a favore di un’area che il naturalista belga John Bouquet ha definito «il segreto meglio custodito d’Europa», e che, una volta approvato dall’Aula consiliare, valorizzerà una realtà geologica unica in Europa, un canyon di straordinaria bellezza e dalle incomparabili capacità attrattive. Una realtà, tra l’altro, inserita, nel libro delle 100 meraviglie da vedere nella vita.
Nella splendida Sila piccola e in un borgo che si segnala per l’intraprendenza della sua gente, una cooperativa di giovani (Segreti Mediterranei) guidata dal botanico Carmine Lupia (il suo ultimo libro, scritto assieme all’esperto di forestazione Salvatore Lupia, “Etnobotanica: piante e tradizioni popolari in Calabria” è stato oggetto di una lezione universitaria di Pedagogia generale all’Università La Sapienza di Roma), da circa vent’anni si da fare per trasformare un bene ambientale in risorsa e sviluppo. Sembra un miracolo. A cui si interessa Geo&Geo, la BBC, pià volte il Tg1, programmi nazionali ed esteri. Anna Gastel è stata più volte a zonzo nell’area delle Valli Cupe e conosce a menadito il canyon di dieci chilometri e le  decine di cascate che attendono viaggiatori impavidi per bagni tonificanti e soste in trattorie accoglienti. Grazie al richiamo delle Valli Cupe nell’area sono stati aperti diversi ristoranti (per ultimo, l’ottimo “Baroncino” che stupisce per le sperimentazioni di Giovanni Grillo), botteghe che commercializzano i prodotti del territorio, agriturismi (ce n’è uno specializzato nella porchetta, “Carrozzino”) bed breakfast.
Per ricevere i turisti è stato inaugurato un elegante centro accoglienza con personale che parla l’inglese ed il tedesco e decine di ragazze e ragazzi sono disponibili a far da guida per svelare questo mistero naturalistico.  Le Valli Cupe, insomma, sono diventate un simbolo. Non solo di un modo intelligente di fare sviluppo dal basso, ma anche della fitta natura calabrese. Un simbolo che non ha nulla a che spartire col cupismo calabrese. Ma che dà l’idea dell’irrefrenabile esplosione della natura su cui scrive pagine avvincenti Francesco Bevilacqua nel suo “Sulle tracce di Norman Douglas”. Centouno cascate messe assieme allagherebbero il Mezzogiorno italiano. Sparse come sono nella rigogliosa boscaglia della Sila, viceversa, ci lasciano intendere quanto sia utile agire separatamente. Vivere in microagglomerati umani consente una migliore qualità della vita. Alla condizione, però, che nessuno si senta rinchiuso in piccole patrie. Ogni cascata va percepita nella sua identità/diversità. Ma non fino al punto di sentirla staccata dalle altre. Ciò che traspare dalle diversità botaniche, idriche, climatiche e antropiche, che arricchiscono l’aria delle Valli Cupe, non ha a che fare col solipsimo dell’Italia del Sud.
Dietro il silente tramonto e lo scorrere trasognato del tempo nei centri della Sila piccola, nessuno intuirebbe il dirompente frastuono dell’acqua che, nei crepacci scavati da secoli d’intense trasformazioni ambientali, si getta nella forsennata corsa verso lo Ionio azzurro. Qui, immersi nella foresta calabrese, si capisce meglio cosa cercassero nel Sud i cavalieri – viaggiatori dell’Ottocento. Tutta la loro ansia di venire a vedere, la si cogliere passeggiando nelle Valli Cupe. E si intuisce  meglio quella poesia di Heine sull’abete che, durante il gelido inverno, sogna una palma cresciuta nel Sud. Una poesia interpretata cosi dallo scrittore  Giorgio Pressburger: «È il Nord che sogna il Sud, soprattutto l’Italia». 

Chiara Fera
redazione@corrierecal.it

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