RENDE Doveva essere un dibattito e si è trasformato in una affollata assemblea che ha sfiduciato il rettore. I docenti che animano la fronda contro Crisci hanno sbagliato i calcoli e l’aula in cui avevano convocato una riunione per discutere il “che fare” contro l’amministrazione dell’ateneo si è dimostrata troppo piccola. Rapido cambio di programma e i più di trecento partecipanti, anche se stretti, si sono affollati altrove. Un buon segno per i frondisti, e comunque il segnale di un diffuso malessere sentito tra le varie anime dell’Unical.
Infatti amministrativi, ricercatori, studenti e molti docenti hanno risposto numerosi alla chiamata di Nuccio Ordine, Guerino D’Ignazio, Paolo Veltri e Raffaele Perrelli. Sinceramente stupiti gli organizzatori e anche forse un poco preoccupati per una adesione di massa che non era stata preventivata e che ora tocca gestire. Infatti i nodi delle diversità, fisiologiche dentro una assemblea di queste dimensioni, sono venute al pettine quando alla fine dell’incontro è stato presentato un documento conclusivo. L’impressione che ha attraversato in particolare la componente studentesca è stata quella di un documento già pronto e dunque un certo malumore è serpeggiato nella sala ancora gremita fino alla fine. Solo la mediazione tra le parti è riuscita a ricompattare l’assemblea attorno a un documento che chiede al rettore di dimettersi. Le prime bordate erano venute da Nuccio Ordine che subito ha accusato il rettore di inadeguatezza, «sia sul piano politico che amministrativo», ritenendolo responsabile di una gestione verticistica, autoritaria, irrispettosa delle prerogative del Senato accademico e priva di trasparenza. Senza nessuna indulgenza Ordine ha attaccato Crisci, accusandolo di aver spesso «offeso le regole, ma pure la grammatica e la sintassi», quando nel corso della campagna referendaria si è reso protagonista di un impegno a favore del Sì, dimenticando il ruolo istituzionale che ricopre, rappresentando l’intero ateneo.
Non meno taglienti sono state le parole di D’Ignazio, ex pro rettore, per il quale il futuro che attende l’ateneo calabrese potrebbe essere segnato da un declino, contro il quale l’attuale leadership sembra non essere in grado di mettere in campo alcuna reazione.
La crisi che attanaglia l’Unical racconta del calo delle iscrizioni, della diminuzione delle risorse, per altro «distribuite in modo ingiusto», di una didattica la cui qualità è difficile da tenere ad alti livelli, di ricerca in affanno. E a muovere questo attacco, oggi in modo organico e organizzato, sono proprio quelli che tre anni fa sostennero con convinzione la nomina di Crisi a rettore. Uno di questi è stato Gigi Giordano, ingegnere, ex candidato ritiratosi nel corso della competizione, che tra le altre cose ha spiegato come avendo l’ateneo alcuni debiti con Equitalia, non può, per questa ragione, partecipare ai bandi per attingere a nuove risorse economiche.
Ma probabilmente il grande elettore di Crisci più noto è Raffaele Perrelli, oggi fieramente sulle barricate contro di lui. «Non chiedo scusa di quel voto, di cui sono pentito, ma oggi siamo qui mettendoci la faccia in questa battaglia per ripristinare le regole». Quando qualcuno dal fondo dell’aula gli fa notare che se n’è accorto tardi, risponde citando Solone che ricorda che «si impara invecchiando».
Il tema di un tardivo riconoscimento dell’errore commesso tre anni fa attraversa gli interventi, ma oggi per i partecipanti il problema è modificare lo statuto, riprendersi l’autonomia decisionale, rilanciare l’università e fermare il declino. Per questo alla fine il documento scaturito dall’assemblea chiede a Crisci di farsi da parte.
Michele Giacomantonio
redazione@corrierecal.it
x
x