COSENZA «Oltre ogni ragionevole dubbio emerge il reato di violenza privata perpetrato da Piero Citrigno nei confronti del giornalista Alessandro Bozzo». Così il giudice del Tribunale di Cosenza, Francesca De Vuono, spiega il perché della condanna a quattro mesi di reclusione inflitta, lo scorso 14 settembre, all’imprenditore imputato nel processo sulla morte del cronista, suicidatosi nella sua casa di Marano Principato il 15 marzo del 2013. L’imprenditore era accusato di violenza privata ai danni del giornalista. Il giudice Francesca De Vuono ha condannato Citrigno anche al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni nei confronti del padre del giornalista che si era costituito parte civile. Il pm Mariafrancesca Cerchiara aveva chiesto la condanna a 4 anni di carcere. Per il giudice, «il comportamento dell’imputato – è scritto nelle motivazioni della sentenza – ha limitato la libertà di autodeterminazione di Bozzo. Infatti, l’accettazione da parte del giornalista delle condizioni contrattuali peggiorative regolanti il proprio rapporto lavorativo con la proprietà del giornale è stato il risultato di una situazione di costrizione determinata da tale condotta estrinsecata nel prospettare a Bozzo la necessità di dimettersi e di accettare le condizioni contrattuali peggiorative». Circostanza che – prosegue il giudice – «pur in assenza di una minaccia espressa o esplicita da parte di Citrigno, logicamente significava che la mancata accettazione di tali condizioni avrebbe comportato la cessazione della sua attività lavorativa presso il giornale e che pertanto era idonea a suscitare nel Bozzo la preoccupazione di un danno ingiusto idonea a limitare il potere di autodeterminazione dello stesso». Si tratta di un contesto riconfermato in aula e ricostruito nelle motivazioni della sentenza attraverso le dichiarazioni di colleghi, ex colleghi e familiari del giornalista.
Per il giudice De Vuono la firma di quel contratto non può essere giustificata dalla crisi economica della società. Ecco che cosa mette nero su bianco: «Né può valere a scriminare la condotta dell’imputato il fatto che la stessa sia stata posta in essere in un contesto di crisi economica aziendale, come evidenziato dal consulente di parte, dottor Schiavone, non essendo giustificabile la commissione di reati per risolvere una crisi aziendale dovendo il datore di lavoro a tal fine utilizzare le procedure formali predisposte dalla normativa lavoristica, incorrendo altrimenti al sindacato del giudice penale quando abbia fatto uso di strumenti di coartazione». Ma il Tribunale spiega anche il perché di una pena a quattro mesi: «Quanto al trattamento sanzionatorio deve evidenziarsi che comunque la condotta posta in essere da Citrigno – pure intesa e idonea a limitare il potere di autodeterminazione di Bozzo – si inquadrava in ogni caso in un contesto di crisi aziendale e certamente non aveva il fine di porre Bozzo in una condizione di particolare disagio, come può peraltro desumersi dal fatto che, come emerso dall’istruttoria, condotte analoghe sono state poste in essere pure nei confronti di altri. Inoltre, non può neanche dirsi che Citrigno abbia posto in essere tale condotta nei confronti di Bozzo con la consapevolezza di avere davanti una persona fragile» perché «come riferito da tutti i testi escussi Alessandro Bozzo sul luogo di lavoro dava l’impressione di una persona forte “con le spalle dritte” che non si faceva intimorire neppure dalle minacce a volte ricevute in relazione all’attività giornalistica svolta».
Il Tribunale ha riconosciuto il risarcimento di danni morali per il padre di Bozzo, ma non «appaiono al contrario profili di danno né morale, né materiale nei confronti del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti, costituitosi parte civile» perché la violenza privata perpetrata ai danni di Bozzo «aveva a oggetto problematiche relative alle condizioni contrattuali e al trattamento economico dello stesso e non a limitazioni della libertà di espressione o stampa».
Al termine della sua requisitoria, il pm aveva chiesto inoltre la trasmissione degli atti in Procura perché nel dibattimento sono emersi «nuovi elementi e ipotesi di reato di estorsione e violenza privata in relazione a condotte diverse e autonome rispetto a quelle contestate in questo processo e perpetrate ai danni dei giornalisti Pietro Comito, Antonio Murzio, Francesco Pirillo, Antonella Garofalo e lo stesso Alessandro Bozzo per il reato di estorsione». Dopo tale richiesta la Procura ha aperto un nuovo fascicolo di indagine a carico di Citrigno.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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