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«Il nonno di Cocò aveva rapporti con il clan degli Zingari»

COSENZA «Giuseppe Iannicelli aveva rapporti con il clan degli Zingari capeggiato dagli Abbruzzese». Il tenente Michele Di Leo, comandante della tenenza dei carabinieri di Cassano allo Jonio ha rico…

Pubblicato il: 16/12/2016 – 12:50
«Il nonno di Cocò aveva rapporti con il clan degli Zingari»

COSENZA «Giuseppe Iannicelli aveva rapporti con il clan degli Zingari capeggiato dagli Abbruzzese». Il tenente Michele Di Leo, comandante della tenenza dei carabinieri di Cassano allo Jonio ha ricostruito, davanti alla Corte di Assise di Cosenza, il contesto criminale nel quale sarebbe maturato il triplice omicidio in cui è stato ucciso il piccolo Cocò Campolongo, il bambino di soli tre anni ucciso e bruciato in auto nel gennaio 2014, a Cassano allo Jonio, assieme al nonno Giuseppe Iannicelli (52) e alla compagna marocchina di questi Ibtissam Touss (27). Il tenente è stato ascoltato come testimone dell’accusa nel processo a carico di Cosimo Donato, 38 anni, detto “Topo”, e Faustino Campilongo, di 39, detto “Panzetta”. I due sono accusati di triplice omicidio. In particolare, secondo l’accusa contestata dalla Dda di Catanzaro, i due avrebbero attirato in una trappola Giuseppe Ianniccelli, per conto del quale spacciavano droga, perché divenuto un personaggio scomodo per la cosca di ‘ndrangheta degli Abbruzzese e anche per aumentare il proprio potere criminale. Cocò, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, sarebbe stato ucciso perché il nonno lo portava sempre con sé, come uno “scudo umano”, per dissuadere i malintenzionati dal colpirlo. Dopo il triplice omicidio, gli assassini bruciarono l’auto di Iannicelli con all’interno i tre corpi. Il tenente Di Leo ha spiegato alla Corte (presieduta dal giudice Giovanni Garofalo, a latere la collega Francesca De Vuono) che nella Sibaritide sono «operativi due cosche: i Forastefano e il clan degli Zingari. Giuseppe Iannicelli aveva rapporti con gli Zingari capeggiati dagli Abruzzese. Simona Iannicelli – ha detto il tenente – ci ha riferito che temeva che il tutto fosse stato portato in essere dagli Zingari». Il comandante dei carabinieri ha ricostruito le attività investigative avviate dal momento della scomparsa fino alla chiamata dei Cacciatori che hanno ritrovato l’auto bruciata il 19 gennaio del 2014. «Da un messaggio vocale, inviato su whatsapp – ha aggiunto il tenente – Iannicelli junior manifestava sospetti su Donato e Faustino Campilongo. In passato c’erano stati degli scontri tra Giuseppe Iannicelli senior e i componenti della cosca Abbruzzese».
Il maresciallo Donato Lorenzo De Fabrizio ha riferito in aula di aver saputo sempre da Simona Iannicelli che la giovane marocchina, Ibtissam Touss, il 17 gennaio del 2014 aveva messo “un mi piace” su Facebook ragion per cui il 16 gennaio del 2014 fosse ancora viva dal momento che il “mi piace” era del 17. Infatti, la cassiera di un supermercato ha raccontato ai giudici che il 16 gennaio 2014, Iannicelli con la compagna e il bimbo verso le 19, erano tornati nel supermercato per acquistare delle brioches. La conferma arriva anche da un bracciante agricolo che alle 17:30 del 16 gennaio ha visto Iannicelli con la compagna e il nipotino passare da un rifornimento di benzina di Cassano: «Stavo rientrando dal lavoro quando ho visto Iannicelli nella Fiat Punto, guidata dalla donna. Conoscevo Iannicelli, la sua compagna e il bimbo. Quel giorno dopo aver comprato le sigarette e fatto benzina sono andato via e non li ho più visti». Il processo è stato aggiornato al prossimo 1 febbraio.

mi. mo.

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