Viviamo un’epoca travagliata in cui l’imprevedibilità scandisce il tempo di ogni fase politica, oramai oltre alla crisi economica anche quella istituzionale è divenuta normale consuetudine.
Nello scenario globale preoccupano maggiormente l’evolversi dei conflitti, la guerra civile siriana ha raggiunto il suo culmine di atrocità in queste ore. La storica città di Aleppo, la più popolosa della Siria, è stata divisa in due: la parte occidentale controllata dal regime e quella orientale in mano all’opposizione armata. Le atrocità subite dalla popolazione sono gravi e inaudite, la comunità internazionale non può essere indifferente. L’Onu si faccia promotore di un’azione internazionale per favorire una risoluzione di pace.
In questo scenario complesso la crisi economica internazionale continua inesorabilmente la sua azione distruttiva. Aumenta il divario economico della popolazione tra ricchi e poveri, pertanto aumentano le disuguaglianze. Attualmente l’incertezza nel futuro rappresenta, purtroppo, la realtà di milioni di uomini e di donne. È notizia diffusa che in questi giorni una ragazza di Udine è svenuta in classe. Purtroppo non mangiava da due giorni, costretta a vivere in una casa senza acqua calda e riscaldamento. Non stiamo parlando della filastrocca “La casa” di Vinicius De Moraes, ma bensì di una famiglia italiana che vive in condizioni di disagio economico e sociale. Uno spaccato reale che identifica la grande sofferenza presente nel nostro paese.
Per questo motivo, nelle analisi politiche non possiamo prescindere di rappresentare le reale condizioni della società attuale. La Sinistra nasce per dare riscatto alle fasce sociali meno abbienti, controbilanciare le diseguaglianze e frenare le distonie acuite dai processi di globalizzazione. In questa condizione bisogna capire e interpretare cosa sia successo il quattro dicembre 2016 al nostro paese, come mai non ha vinto la proposta di modifica di riforma costituzionale.
L’esito finale delle urne è stato la vittoria del No in tutte le regioni italiane, tranne Toscana ed Emilia-Romagna dove vince la proposta di modifica della costituzione. Al Sud Italia le percentuali più alte del No e in Italia centrale e settentrionale diminuisce il divario tra le due posizioni. Quindi un dato complessivo, spalmabile in tutta la penisola comprese le isole. La maggioranza della popolazione italiana boccia il disegno di modifica, accentando lo stato delle cose custodendo ancora una volta il trattato costituzionale. È importante capire chi ha voluto esprimere un giudizio di merito della riforma, che è stato presente e ha dettato anche l’azione della campagna referendaria. Incontrovertibile, invece, il dato delle persone che hanno liberamente dato un giudizio politico non di merito alla riforma costituzionale. I ceti sociali che maggiormente stanno subendo gli effetti della crisi hanno votato chiaramente per il No. Lo si capisce, anche, da innumerevoli rapporti presentanti dai sondaggisti. Chi sono queste fasce deboli? Da chi sono composte? Giovani, disoccupati, precari e il meridione d’Italia hanno prepotentemente raffigurato il voto politico del quattro dicembre. Quindi, non categorie generazionali ma strati sociali. Hanno votato rigettando qualsiasi modifica alla Costituzione; queste persone hanno perso la certezza di un presente e di un futuro migliore. Sono loro le persone emarginate dal divario economico.
Nelle nostre attività abbiamo parlato, durante la campagna referendaria, troppo alla parte produttiva del paese, non facendo distinzione con il mondo in sofferenza. Da tempo permane il non dialogo con queste fasce sociali, abbandonando un dialogo sincero con questa parte di paese.
Per la prima volta il messaggio politico del Partito democratico, in un voto di merito per una riforma costituzionale, è apparso deficitario. Ci siamo cullati dei nostri ragionamenti interni quando la vera sfida era quella di parlare all’esterno di noi stessi. Lo abbiamo fatto con tutti i nostri limiti. In particolare è stato evidente, ancora una volta, l’intestazione correntizia del messaggio politico, a scapito di un messaggio collettivo. In questa nostra battaglia tutta interna il mondo ci osservava, capiva la nostra inadeguatezza e ha giudicato il giorno del voto.
Il nostro isolamento e la nostra autoreferenzialità ha sancito la nostra sconfitta non solo elettorale ma anche politica. Avevamo un compito subito dopo le amministrative di giugno ossia aprirci ai nostri mondi. Purtroppo un vero limite è la nostra scarsa compattezza difronte alle dinamiche sociali. La nostra litigiosità interna pregiudica l’instaurazione di un programma politico condiviso, prodotto di sintesi dei vari pensieri politici che hanno residenza all’interno del Partito democratico.
Negli anni, attraverso l’attuazione di alcune politiche governative si è reso sempre più difficile questo dialogo. La buona scuola, il piano che è stato attuato dal ex Ministro Giannini, ha sancito l’allontanamento da questo mondo. Bisogna riaprire come governo, accompagnato da un’azione politica del nostro partito, un tavolo con il corpo docente e gli studenti. Modificare e migliorare questa riforma è possibile ed è resa necessaria da innumerevoli richieste fatte anche dalle parti sociali. Il Jobs Act, la riforma del diritto del lavoro, deve essere prontamente migliorata. Non è questione di referendum e quindi paura del confronto. È importante limitare e rendere economicamente svantaggioso l’utilizzo dei voucher. Recuperare tutele nei confronti dei lavoratori che nella riforma sono state eliminate.
Per tutti questi motivi e per molti altri, un semplice ragionamento non è esaustivo. Abbiamo bisogno di aprire una riflessione seria a tutti i livelli. Un confronto vero e reale. Non è questione di soggettività ma serve dare indicazione sulla linea politica che bisogna seguire. Recuperare e rilanciare il collettivo come indicazione politica complessiva. Questa importante fase politica deve avere il compito di tracciare anche un perimetro di azione. Costruire un percorso politico basato sulla realizzazione di una alleanza progressista capace di governare e realizzare un progetto politico in cui tutti gli attori inseriscono la propria istanza. Per questo motivo è importante coinvolgere tutte quelle forse progressiste e riformiste impegnate sui territori che hanno a cuore i temi del lavoro e delle disuguaglianze sociali e chiedere loro di impegnarsi nella costruzione di una alleanza politica. La scommessa deve essere sociale e in questo momento storico dobbiamo assolvere a questo importante compito.
*segretario Gd Calabria
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