COSENZA Ci sono (anche) un falso numero di protocollo e un falso timbro nella storiaccia dei precari assunti dall’Asp di Cosenza a ridosso delle regionali 2014. Due escamotage, – “inventati”, secondo la Procura, dal funzionario della Regione Pasquale Capicotto e dal sindacalista Franco Mazza – per dimostrare che le domande dei lavoratori, piovute come una manna nel cielo delle clientele, erano valide, validissime, potevano essere accolte. Lo scopo della presunta manomissione era quello di «far apparire l’elenco come formato e recapitato alla Regione Calabria entro il termine di legge». La storia, ovviamente, è complicata: non bastano un timbro e un numero di protocollo. Prima c’è un altro passaggio, quello che inguaia i precari: sono loro, uno per uno, a redigere e sottoscrivere prima la richiesta di accedere al sostegno al reddito (quella con la falsa data di ricezione del 22 luglio 2010), poi la «falsa dichiarazione, inoltrata all’Asp di Cosenza, di avere presentato, alla data suindicata, presso il competente assessorato della Regione Calabria, la richiesta di sostegno al reddito». Sono, secondo i magistrati che indagano, dichiarazioni false che si innestano le une sulle altre. Con un duplice obiettivo: portare i precari negli uffici dell’Azienda sanitaria e alimentare clientele rispondenti alla «politica del consenso».
C’è un convitato di pietra nell’inchiesta che ha disvelato oggi il meccanismo delle assunzioni pre-elettorali: la politica. Può starci, certo, che un funzionario e un sindacalista falsifichino un numero di protocollo. Può starci che due manager certifichino il falso e un altro ne recepisca le osservazioni. Ma quando la concatenazione degli eventi fa sì che il meccanismo si concretizzi a ridosso di una scadenza politica, allora è difficile immaginare che dietro tutti quei “può starci” ci sia una regia politica. È un passaggio che, ovviamente, non sfugge alla Procura. Il pm, infatti, evidenzia che i fatti per i quali si procede sono «cronologicamente riferibili al periodo immediatamente precedente e subito successivo alle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale della Regione Calabria del 23 novembre 2014» e si connotano «quale deprecabile caso d’indebita utilizzazione, per finalità “clientelari”, di provvidenze regionali». Quei 133 nuovi precari, dunque, non servivano a rendere più efficiente l’Asp ma a procurare consenso. Già, ma a chi? È probabile che a questa domanda la Procura cerchi di rispondere più avanti.
Di certo i legami dei precari (oggi indagati) con la politica ci sono, eccome. Alcuni diretti – nell’elenco ci sono figlia e nipote dell’ex consigliere regionale Giulio Serra –, altri per manifesta vicinanza – sono presenti i figli di stretti collaboratori di Nicola Adamo. E se l’epicentro dello scandalo è Cetraro, con il sindacalista finito agli arresti domiciliari a ingrossare l’elenco, gli snodi sono anche altri: sindacali, burocratici, politici.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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