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Babbo Natale, pensaci tu

Caro Babbo Natale,in queste giornate di festa ti scrivono in molti, soprattutto i bambini. Una volta mettevamo le lettere sotto il piatto di papà, poi man mano che si è andati avanti questa tradizi…

Pubblicato il: 24/12/2016 – 12:22

Caro Babbo Natale,
in queste giornate di festa ti scrivono in molti, soprattutto i bambini. Una volta mettevamo le lettere sotto il piatto di papà, poi man mano che si è andati avanti questa tradizione si è pressocchè persa. Troppo fanciullesca, si è detto. E fuori moda. I bambini pensano agli smartphone, alle play station, alle gite all’estero da soli e non credono –poveretti i genitori- che valga la pena di scriverle quelle lettere. Che, invece, avevano il fascino dell’innocenza e dell’amore verso i genitori. Oggi invece… invece, era meglio un tempo. Girando tra le mie carte ancora le trovo, anche quelle delle mie figlie E scappa la lacrimuccia. Ci sta.
Caro Babbo Natale, in America ti hanno scritto- come dice l’eccellente Vittorio Zucconi, che ha scritto la prefazione al libro “I diari di mio padre”- un milione e cento mila lettere. Un vero record. Tra queste quelle di molte mamme. E Zucconi ne riporta una, che vi riassumo, perché di interesse e degna di riflessione. La mamma americana ha voluto dire al corpulento ed ovattato barbone che lei ha baciato ed abbracciato i suoi tre figli in un giorno, più di quanto abbia fatto suo marito in un mese. Non sono mancate, secondo la tradizione, le richieste. Vorrei, vorrei… cosa? Un paio di gambe che non mi facessero male, una schiena che si piegasse cinquecento volte prima di spezzarle il fiato dal dolore,un giro vita che ho perso dopo il terzo figlio, una bambola che ogni tanti dicesse ” Sì mamma”, una voce che potesse raggiungere anche le orecchie dei miei figli, i tablet che si spegnessero da soli dopo un’ora di uso e richiedano l’intervento di crittografi della Cia per la loro riaccensione, che i figli si convincessero a dare una mano a sparecchiare la tavola e a portare fuori la spazzatura senza pretendere in pagamento piccoli favori come fossero boss mafiosi, che mi dicessero Buon Natale,anche a te, mamma. Anche per Lei una richiesta: Se ti avanza, dopo Natale, qualche ora di sonno in fondo alla gerla, la prendo volentieri io, perchè lei aveva perso tutte quelle che aveva.
Richieste spropositate? Tutt’altro. Richiesta di una mamma del mondo, ma una mamma , come diceva una canzone degli anni che furono e che non torneranno più, che non ha pensato soltanto ai profumi per lei e non ai balocchi per i figli! Una mamma americana, degli opulenti States of America.
Ed una mamma o un padre calabrese scriverebbero questa lettera a Babbo Natale? Pur pensandolo, forse, non ne avrebbero avuto il coraggio. Ed è certo che ci sono quelle mamme che hanno anche queste necessità ed anche di più! Si pensi a quelle che non possono comprare i panettoni o i torroncini, nel migliore dei casi, ma soprattutto a quelle che la cena o il pranzo di Natale non possono consentirselo, a quelle che non conoscono gli indirizzi dei negozi di regali e neanche di abbigliamento, a quelle costrette, ancora, a frugare nei pochi cassonetti rimasti qui e là o che vengono a casa o di fronte alla Chiese a chiedere un maglione, un pantalone. A quelle che non hanno letti, o meglio, giacigli per dormire. E, purtroppo, sfornano figli dall’età di 15 anni, nel migliore dei casi, e che ti si presentano in mezzo alla strada, chiedendo i soldi per il latte o un panino! E poi e poi….
Dalla Calabria, caro Babbo Natale,le richieste sono tante, davvero tante. In primo luogo un lavoro per i giovani che ormai non sono più tanto giovani perché a furia di aspettare, nonostante promesse da parte di chi ha ruoli, doveri e responsabilità, stanno invecchiando oppure fanno i garzoni del bar, i cassieri di supermarket, gli impiegati(?) a trecento euro al mese, ma con titolo di studio superiore, laurea, specializzazione mentre all’Università litigano sulle (in)capacità dei Rettori che sono buoni solo a fare assumere mogli, mariti,fratelli, amanti anziché pensare al destino di giovani che sfornano, con quell’inutile “pezzo di carta”, a più non posso, ma solo nel loro interesse!
E agli agricoltori di casa nostra ci pensa qualcun? Certo. Solo l’agenzia delle entrate per la riscossione delle tasse, il bracciante perché deve zappare la terra o provvedere al concime, l’Enel che pretende migliaia di euro per l’energia elettrica per l’irrigazione. Non certo un ente pubblico che possa erogare sussidi di sopravvivenza, mentre si vendono le clementine a(!!) otto euro al chilo, senza poter recuperare neanche un terzo delle spese fatte.
E agli operatori turistici? Nessuno, in assoluto. Al pari degli agricoltori sono pressoché abbandonati al loro destino. Trenta- quaranta giorni all’anno e poi? Si vive in attesa del prossimo, sperando che nel frattempo le cose migliorino, e l’albergo è abbandonato, con le lamentele del turista dell’anno successivo.
E gli industriali? Salvo poche eccezioni, per capacità proprie o perché baciati dalla fortuna o dall’eredità di parenti, sono costretti a chiudere baracche e burattini, perché le banche… non sono più banche, quelle che non fanno la fine del Monte dei Paschi!
Quelli che possono, e ci sono, fanno festa. Danzano, ballano, pranzano, si abboffano alla faccia della…miseria! Fanno bene o fanno male? Non lo so più! Quello che non condivido è lo sperpero di euro per botti e cantanti di fine anno. I soldi si potrebbero impiegare in maniera più produttiva e non effimera, invece c’è la corsa al presepe più bello o al cantante più di grido!
Caro Babbo Natale, pensaci tu! Noi non siamo capaci, non riusciamo, non possiamo, non vogliamo!

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