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Inchiesta sul "tesoro" sottratto all'Asp di Cosenza

COSENZA Nelle settimane scorse, la presenza degli uomini della Guardia di finanza negli uffici del Tribunale civile di Cosenza non è passata inosservata. I militari conducono una caccia al tesoro: …

Pubblicato il: 28/12/2016 – 15:04
Inchiesta sul "tesoro" sottratto all'Asp di Cosenza

COSENZA Nelle settimane scorse, la presenza degli uomini della Guardia di finanza negli uffici del Tribunale civile di Cosenza non è passata inosservata. I militari conducono una caccia al tesoro: quello che, dalle casse dell’Asp, è finito nei forzieri di alcune società finanziarie con modalità che gli investigatori considerano sospette. Seguire i soldi, in questo caso, significa mettere in fila una serie di passaggi che, presi singolarmente, appaiono legittimi. Ma messi insieme danno forma a un potenziale meccanismo fraudolento da milioni euro. Alcuni di questi milioni sono già stati rintracciati, ma il metodo ipotizzato potrebbe averne fatto evaporare molti altri. Sentenza per sentenza, fattura per fattura, gli inquirenti hanno davanti un lungo lavoro. I principi essenziali dei “colpi gobbi” giocati alla sanità cosentina sono già chiari. Proviamo a riassumerli seguendo a ritroso il percorso di una cifra già liquidata dal Tesoriere dell’Asp (è la banca Bnl) a un presunto creditore. Alla società finanziaria che ha rilevato i crediti (sempre presunti) di una clinica del Tirreno cosentino è andato 1 milione e 113 mila euro. È il passaggio finale di un percorso che coinvolge la struttura privata, gli uffici dell’Azienda sanitaria, la ditta che ha acquistato il credito e il Tribunale di Cosenza.

COME PRENDERSI UN CREDITO L’ultimo step si consuma davanti a un giudice: chi ha rilevato il credito si accoda a un procedimento già aperto da altri. Questa procedura si definisce atto di intervento. Nel nostro caso, la società sostiene di vantare un credito di 3 milioni e 775 mila euro: credito che si aggiunge a quello dei cosiddetti “creditori procedenti”. È (anche) così che si allarga la voragine del debito sanitario. Nel caso su cui indaga la Guardia di finanza i creditori da quattro diventano sedici. E il credito teorico passa da alcune centinaia di migliaia di euro a diversi milioni. La decisione del giudice cerca di accontentare tutti: i “ritardatari” (quelli che si sono affidati all’atto di intervento), ovviamente, devono accontentarsi di una cifra minore rispetto a quella richiesta. Nel caso su cui ha puntato gli occhi la Procura, appunto, si tratta di 1 milione e 113 mila euro. L’iter dell’inchiesta procede a ritroso, per capire da dove spuntino quei 3 milioni e 775 mila euro vantati nell’ambito della procedura in Tribunale. E qui saltano fuori le sorprese.

I CREDITI “IMMAGINARI” Negli incartamenti della clinica e dell’Asp ci sono alcuni documenti concordi: entrambe le strutture hanno registrato la cessione del credito, entrambe conservano copia delle due fatture che concorrono a formare la cifra per la quale si è ricorso all’atto di intervento. Dalle verifiche, però, emerge che la prima – datata 5 agosto 2014, del valore di 696 mila euro – era stata trasmessa all’Area legale per le valutazioni di competenza. La seconda – del 17 marzo 2014, per 3 milioni 78 mila euro – era addirittura stata restituita alla clinica con una nota di fine marzo 2014 perché «né richiesta e né dovuta, per prestazione extrabudget effettuate nell’anno 2007». Ecco il nodo: una casa di cura chiede quasi quattro milioni di euro per prestazioni extrabudget e l’Asp dice di no. A quel punto i titolari della clinica cedono il credito a una società finanziaria che si “infila” in uno spiraglio della procedura civile e riesce a strappare oltre un milione di euro al giudice per quel conto che la sanità cosentina ritiene inesistente. Ogni piccolo passo messo insieme appare legittimo, ma l’insieme costituisce un danno enorme per i conti pubblici.

LE RESPONSABILITÀ Questi i fatti accertati. Restano, però, degli approfondimenti investigativi il cui principio si può sintetizzare in una domanda: cosa faceva l’Asp mentre quel milione spariva? Il codice di procedura civile prevede che il (presunto) debitore sia informato tempestivamente del rischio di un pignoramento ampliato dall’intervento di altri creditori rispetto a quelli attesi. Da qui due opzioni: o l’Asp non sapeva (e la responsabilità sarebbe di chi non ha comunicato l’avvio della procedura) o sapeva e non ha opposto resistenza alle pretese della clinica sui 3 milioni e passa non dovuti. E in questo caso sarebbe guai per gli uffici di via Alimena. Altra nota a margine apposta dagli inquirenti: le due fatture erano state formalmente contestate dall’Azienda sanitaria con due note (una del 27 marzo 2014, l’altra del 26 agosto 2015) ma questo non ha bloccato l’avvio della procedura di intervento. Un messaggio, neanche troppo implicito, a chi quella procedura l’ha avviata. Nel mirino finisce anche la società che ha rilevato il credito. E potrebbe non essere l’unica ad averlo fatto. (1. Continua)

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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