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SCANDALO ASP | «Io messo alla gogna da un coindagato»

La durezza del provvedimento interdittivo che oggi mi ha travolto, assolutamente inaspettato, mi impone questo scritto pubblico, per un’avvertita esigenza di difesa che invece – nelle dovute sedi c…

Pubblicato il: 06/01/2017 – 13:37
SCANDALO ASP | «Io messo alla gogna da un coindagato»

La durezza del provvedimento interdittivo che oggi mi ha travolto, assolutamente inaspettato, mi impone questo scritto pubblico, per un’avvertita esigenza di difesa che invece – nelle dovute sedi che dovrebbero essere di garanzia – è stata negata sia a me sia ai miei avvocati; non un documento d’accusa ci è stato offerto o messo a disposizione, nulla, solo un interrogatorio “al buio” (tanto da essere costretto al silenzio); eppure il carteggio è immane, centinaia e centinaia di carte per decine di fascicoli per una vicenda che ha avuto inizio non mesi, ma anni prima che io venissi chiamato a svolgere il ruolo di dirigente generale del Dipartimento Lavoro (incarico che ho mantenuto per nove mesi, dal giugno 2014 al febbraio 2015) e che si è conclusa due anni dopo la mia cessazione della carica.
Incarico, è doveroso precisarlo, che ho assunto in un momento molto difficile per il Dipartimento, abbandonato a se stesso, con un carico di lavoro consistente e senza alcuna collaborazione interna, tanto che dopo alcuni mesi (il 24 novembre 2014), nel rassegnare le mie dimissioni, ho chiesto alla nuova Giunta con atto formale – quale condizione per rimanere al mio posto – la rimozione di alcuni dirigenti e la rotazione dei funzionari del dipartimento per manifeste inadempienze (dirigenti e funzionari che, contrariamente a me, sono rimasti al loro posto).
Ho piena fiducia dei professionisti avvocati che mi sostengono e credo nella verità processuale perché si basa su atti e documenti, su indagini e riscontri, e confido nella Magistratura, anche se mi è difficile comprendere il perché di questa decisione, tanto violenta quanto sproporzionata e che per questo avverserò in ogni sede giudiziaria con i leciti mezzi che il codice di procedura penale mi fornisce. La mia non è “cieca obiezione”, non venga letta come scontata autodifesa; è esigenza di spiegazioni, necessità di comprendere come possa basarsi la misura interdittiva di 12 mesi che mi è stata comminata, e dunque l’allontanamento forzoso dal mio lavoro per un anno intero, sulle dichiarazioni di un coindagato, di un soggetto che – cosi per come emerge letteralmente dall’ordinanza oggi notificatami – ha prima reso dichiarazioni in un senso e poi, senza alcuna spiegazione (da lui fornita e nemmeno richiesta dalla Procura), in senso esattamente contrario, così riversando su di me l’intera gogna e responsabilità di fatti rispetto ai quali mi professo estraneo. È questo che risulta davvero difficile accettare: non documenti, atti, provvedimenti da me adottati o qualsivoglia altra prova diretta, ma solo la testimonianza di chi «diversamente da quanto dichiarato in precedenza» (questa è la sua versione messa nero su bianco) all’improvviso getta fango su di me. Ottenendo, questo va detto, di rimanere saldamente al proprio posto, e forse si spiega allora il cambio di versione.
Andrò avanti, mi difenderò, la verità verrà fuori e ogni circostanza falsa brandita contro di me verrà perseguita nelle sedi opportune.

*Ex dirigente generale del dipartimento Lavoro

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