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A San Diego la cucina (vegana) parla calabrese

SAN DIEGO I cervelli in fuga non esistono. Andar via dall’Italia non è una questione di comodità. Si sceglie di farlo, per motivi che purtroppo non dipendono da chi fa le valigie, ma da un Paese ch…

Pubblicato il: 07/01/2017 – 21:37
A San Diego la cucina (vegana) parla calabrese

SAN DIEGO I cervelli in fuga non esistono. Andar via dall’Italia non è una questione di comodità. Si sceglie di farlo, per motivi che purtroppo non dipendono da chi fa le valigie, ma da un Paese che, seppur bello e pieno di storie e culture, rimane fermo.
Dario e Pietro Gallo sono due fratelli che da Cosenza hanno deciso di trasferirsi non proprio dietro l’angolo. Sono arrivati fino a San Diego, in California, per investire sul loro futuro, puntando tutto sull’idea di aprire un ristorante. È un percorso contrario rispetto a quello intrapreso dal New York Times, che ha incoronato la Calabria come uno dei posti da visitare nel 2017 per assaggiarne la cucina. In questo caso, due calabresi hanno attraversato l’oceano (e si sono concessi un coast to coast) per portare negli Usa il cibo e le tradizioni della loro terra. Per entrambi i viaggi, il risultato è un incontro con l’eccellenza.
“Civico 1845” nasce nel 2015 nel quartiere californiano Little Italy. Una coincidenza? Certo è che la “Piccola Italia” della California ha portato fortuna ai due giovani. Una chiacchierata con Dario serve a capire le ragioni profonde di una scelta che, vista dall’altro lato del mondo, appare ineludibile.

Dopo aver visitato San Diego, nel 2013, lei sapeva già che sarebbe tornato. Cosa l’ha colpita del posto?

«Dopo essermi laureato a Milano sono tornato a Cosenza, dove con mio fratello Pietro abbiamo iniziato a pianificare l’idea di aprire un ristorante, una passione condivisa. Una volta vissuti i primi mesi a San Diego avevamo già un forte presentimento che sarebbe stata la città adatta per esprimere il nostro concetto. La città di San Diego, oltre a essere la più carina e a “dimensione d’uomo” della California, ci ha colpito soprattutto per il forte potenziale economico: attrae ogni anno oltre i 30 milioni di persone tra turisti e uomini d’affati».

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(Per il giorno dell’Immacolata, Pietro Gallo ha preparato i cuddruriaddri. Dalle tradizioni non si scappa, neanche a San Diego)

Come mai, insieme a suo fratello, ha deciso di aprire Civico 1845 nel quartiere Little Italy? San Diego è immensa.
«La scelta della location non è stata per niente facile. Abbiamo investito un anno e mezzo nello studio della città per capire non solo la cultura americana, ma i differenti flussi e trend tra i quartieri. Alla fine abbiamo scelto proprio Little Italy perché è il quartiere con più affluenza, un flusso continuo dal pranzo alla cena, e con il maggior numero di eventi durante tutto l’anno. Basti pensare che è stata eletta come “Best Little Italy” del Nord America». 

La caratteristica del vostro ristorante è il “vegan food”, oltre a quello vegetariano e tradizionale. Perché siete arrivati fino a Little Italy per lanciare il business del cibo vegano? Pensavate che in Italia non sarebbe stato apprezzato abbastanza?
«L’idea del vegano è nata successivamente alla decisione di aprire un ristorante Italiano a San Diego. L’idea del menu vegano è stata una scommessa da parte di mio fratello che, essendo vegano, ha voluto creare un intero menu vegano-italiano, dagli antipasti ai dolci. Si è rivelato come uno dei punti di forza del nostro ristorante: dopo soli cinque mesi siamo stati eletti come uno dei migliori ristoranti vegani e vegetariani degli Usa. Oggi, dopo solo un anno e mezzo, siamo uno dei migliori ristoranti italiani nella città di San Diego su Tripadvisor e Yelp.com per quanto riguarda la cucina tradizionale. Mettiamo in risalto le nostre origini calabresi tramite i piatti, gli ingredienti e i vini della nostra terra».

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(Gli chef Alfonso Pisacane e Pietro Gallo sul numero di luglio di “Modern Luxury San Diego”)

In Italia, molto spesso, si sente dire che le innovazioni arrivano sempre troppo tardi. È riuscito a dare una spiegazione a questa percezione dopo aver allargato i suoi orizzonti?
«Io penso che l’Italia sia, nonostante tutto, ancora il paese leader nel mondo per quanto riguarda il food. Non penso si debba considerare il veganismo come un’innovazione, ma come una consapevolezza. La comunità vegan nel sud della California è una delle più attive al mondo poiché le persone sono sempre più alla ricerca di un’alimentazione più sana, sempre più consapevoli del modo in cui molte multinazionali del food trattano gli animali e, soprattutto, dell’enorme impatto ambientale derivante dal consumo di carni».

Non siete andati via da molti anni. Fra quanto tempo credete sia possibile – se lo è – fare ritorno?
«Io mi ritengo un nostalgico e – forse troppo – ottimista, quindi spero ogni giorno che il sistema in Italia cambi presto per tornare a vivere nel paese più bello al mondo. Confido quindi nella mia e nelle generazioni più giovani perché possano cambiare presto l’aria del Paese».

Siete giovani, anche la vostra è stata un fuga?
«Non ho mai voluto ritenere la nostra come una fuga giusto perché, a differenza di molti coetanei, noi lo abbiamo fatto investendo capitali in un altro paese. Nel momento in cui mi sono laureato non era il momento più adatto per investire in Italia. Preferisco quindi considerarla come una scelta».

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(Alcuni atleti dei San Diego Chargers, squadra di football americano – assieme a due cheerleaders – ospiti di “Civico 1845”)

Ha avuto e ha ogni giorno la possibilità di fare la differenza con ciò che hai lasciato dietro di sé. Qual è la cosa che le manca meno dell’Italia?
«Beh, certamente la mancanza di lavoro, la complessità e i tempi della burocrazia, la garanzia della solvibilità dei crediti alle aziende, che è stato uno dei motivi principali della nostra scelta».

Facciamo finta che l’esperienza di San Diego sia un po’ il sogno di Dante quando scrisse la Divina Commedia. Cosa cambierebbe in Italia al suo risveglio?
«Semplicemente la cultura – ahimè – italiana, secondo la quale spesso fare impresa significa utilizzare escamotage facendo i “furbetti”. Serve un sistema politico che garantisca ai lavoratori la propria dignità, avere una volta per tutte una meritocrazia sana e il rispetto delle regole. In questo modo sono sicuro che l’Italia potrebbe diventare la più grande potenza al mondo, oltre che il Paese più bello».
Quattro chiacchiere con Dario per scoprire – oltre a conoscere la storia di Civico 1845 – che, alla base della fuga di tanti giovani (o della scelta, come la definisce lui), c’è un sistema-Paese che rende difficile emergere per i giovani. L’Italia, probabilmente, non è poi così cambiata dai tempi della “selva oscura”.

Carmen Baffi
redazione@corrierecal.it

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