Benvenuto 2017 e che sia un anno migliore per l’ospedale di Cosenza, che in questi giorni è sulla bocca di tutti per la sua presunta inefficienza e le presunte storie di malasanità. Da luogo simbolo di una sanità capace di dare risposte a tutto il territorio regionale, l’Annunziata è implosa, negli ultimi anni, grazie soprattutto all’inerzia e all’incuria politica, che di fatto ha contribuito a distruggere non solo l’ospedale ma tutta la rete assistenziale della provincia.
E tuttavia non è possibile valutare la qualità di un ospedale basandosi solo sul numero dei presunti casi di decessi per malasanità. Negli ospedali, è noto, che la morte e la vita si fronteggiano sfidandosi ogni momento e che al di là dei desideri e degli sforzi di ognuno, non sempre la vita riesce ad avere la meglio sulla morte.
Oggi il medico ospedaliero, alla pari del cittadino utente, è sempre più indifeso rispetto alle lusinghe di una certa politica che ha contribuito, in qualche caso con il beneplacito degli stessi professionisti, allo svuotamento del suo ruolo sociale e politico. Il medico non è più in condizione di esercitare il ruolo di “avvocato dei poveri”, per dirla con lo scienziato tedesco Rudolf Virchow, perché è lui stesso, spesso vittima di avvoltoi che si ergono a paladini di diritti non sempre legittimi. La “malasanità”, come viene definita a priori, in qualsiasi caso di morte in ospedale, alle nostre latitudini, fa più vittime della malapolitica che proprio nella malasanità trova la sua massima espressione. Eppure è più comodo per tutti parlare di malasanità e quindi sparare nel mucchio, piuttosto che della malapolitica e dei suoi dannosi effetti.
Come cittadini, bisognerebbe avere sempre in mente che la sanità di ogni paese è il prodotto delle politiche sociali di quello stesso paese e che se in Calabria abbiamo una sanità che è fanalino di coda rispetto al resto d’Italia, vuol dire che la nostra politica regionale non ha funzionato prima e continua a non funzionare ancora adesso. D’altronde, se abbiamo alle spalle almeno un lustro di tagli selvaggi per il famigerato Piano di rientro, di cui non si sa se e quando vedremo la fine, tutto vuol dire tranne che i nostri decisori politici – eletti o nominati – siano stati virtuosi e oculati nella gestione dei piani per la salute di noi calabresi.
Sicuramente non è per colpa di un “destino cinico e baro” se siamo a questo punto per cui sarebbe necessario che chi di dovere si assuma la responsabilità, senza se e senza ma. Si fa presto, infatti, a parlare di inefficienza dell’ospedale dimenticando che da anni le piante organiche non sono adeguate ai carichi di lavoro e che soltanto nell’ultimo anno, a Cosenza, ci sono state poche assunzioni di nuovo personale medico e paramedico, a parte le stabilizzazioni di un certo numero di precari che già c’erano e lavoravano, e che solo da poco sono stati avviati i concorsi per direttori di strutture complesse e per infermieri
Qualcuno fa anche finta di dimenticare che l’intersindacale dei medici dell’ospedale di Cosenza, che già nel 2014 aveva lanciato l’allarme sui problemi organizzativi, strutturali e sulla carenza di personale, e ha scioperato nel 2015 per sensibilizzare la politica e portare a conoscenza dei cittadini cosentini la necessità, non più rinviabile, di rilanciare e riqualificare il fatiscente presidio ospedaliero della città.
Dopo tutte le lotte e le denunce volte a migliorare la sanità cosentina, c’è di che essere mortificati e avviliti quando si sente parlare male, e non sempre a ragione, di questo ospedale. Tutti, medici compresi, devono assumere le proprie responsabilità, ma non è certo solo per colpa dei medici se le cose vanno male. È questo, almeno, il pensiero della maggior parte di quelli impegnati nel sindacato che in quest’ultimo anno hanno intravisto, a volte sostenendoli, nelle scelte e gli atti d’indirizzo della programmazione del direttore generale un intento di ricostruzione teso ad allontanare anche la vergogna di essere medici in un sistema sanitario regionale che nonostante anni di tagli e sacrifici continua a rimanere al palo. Un intento che non si poteva non condividere e sostenere.
Come dipendenti, c’è da augurarsi che il nuovo anno porti la giusta dose di serenità per continuare a svolgere con passione il lavoro che si ama, ma che, dato il contesto, diventa ogni giorno che passa più duro e insostenibile, specie dal punto di vista burocratico. Come cittadini e utenti dobbiamo auspicare che il nuovo anno restituisca a noi calabresi il diritto a una sanità normale, equa e al netto delle alchimie ragionieristiche.
La nostra Regione ha bisogno di una sanità giusta, adeguata alle necessità di oggi e a quelle del domani, una sanità capace di dare risposte qualificate qui e presto e che non costringa all’emigrazione per mancanza di strutture adeguate alla domanda di salute. L’emergenza sanitaria che si è determinata non può essere superata se non con l’assunzione di nuovo personale per assicurare i servizi alla collettività e garantire i livelli essenziali di assistenza. L’ultimo augurio è che questo sia l’anno nel quale chi governa il settore possa cambiare rotta nel garantire la tutela del sacrosanto diritto alla salute senza perdere altro tempo con la lentezza e l’approssimazione delle determinazioni, per giunta calate dall’alto e senza confronto, che inevitabilmente si ripercuotono su tutto il già sofferente sistema assistenziale.
*Cgil Medici
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