COSENZA La difesa di Gianfranco Scarpelli e di Antonio Perri, rispettivamente ex direttore generale dell’Asp di Cosenza e il direttore del distretto Cosenza-Savuto dell’Azienda sanitaria provinciale stanno presentando il ricorso contro la richiesta di interdizione dai pubblici uffici avvenuta nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo dei precari assunti all’Asp. Assieme a loro è stato interdetto anche un ex un dirigente regionale sono stati interdetti dai pubblici uffici per dodici mesi. Uno dei due filoni che riguardano lo scandalo dell’assunzione dei precari da parte dell’Asp di Cosenza (l’altro ha portato all’arresto del sindacalista Franco Mazza e all’iscrizione di 142 persone sul registro degli indagati) è arrivata a un primo parziale approdo giudiziario. Gianfranco Scarpelli (ex dg e attuale primario di Neonatologia dell’ospedale di Cosenza), Vincenzo Caserta (ex dirigente generale del dipartimento Lavoro e attuale funzionario regionale) e Antonio Perri (direttore del distretto Cosenza-Savuto dell’Asp), secondo il gip del Tribunale di Cosenza Giuseppe Greco, devono essere sospesi dai loro incarichi per un anno. Questo per il ruolo avuto nella tormentata vicenda dell’assunzione pre-elettorale dei 135 precari. Scarpelli e Perri (uno come direttore generale, l’altro come responsabile del procedimento) avrebbero “guidato” la presa di servizio inviando la documentazione contestata dalla Procura, Caserta l’avrebbe convalidata acquisendo l’elenco dei nominativi formato su presupposti illegittimi. I loro difensori, gli avvocati Guido Siciliano e Giovanni Spataro, stanno preparando il ricorso alla luce anche del provvedimento interdittivo è che per entrambi il giudice ha rigettato sei capi di imputazione per falso emettendo il provvedimento di interdizione solo per il reato di abuso d’ufficio.
Alla base dell’inchiesta c’è l’ipotesi che tutti gli indagati, abbiano «intenzionalmente procurato ai 133 soggetti, tutti assegnati all’Asp di Cosenza (i precari, ovviamente, ndr), l’ingiusto vantaggio patrimoniale, costituito dal diritto ai «benefici di cui all’articolo 2 della legge regionale numero 15/2008» e il corrispondente danno ingiusto, di rilevante gravità, dell’amministrazione, Regione Calabria, che si obbligava alla corresponsione dei predetti benefici in favore di soggetti sforniti dei requisiti contemplati dalla norma.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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