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A Catanzaro il tempo si è fermato

È già confronto aperto, da campagna elettorale, a Catanzaro, in preparazione delle amministrative di primavera. Il cliché è quello di sempre stante anche gli attori che non cambiano. Sembra proprio…

Pubblicato il: 11/01/2017 – 13:07

È già confronto aperto, da campagna elettorale, a Catanzaro, in preparazione delle amministrative di primavera. Il cliché è quello di sempre stante anche gli attori che non cambiano. Sembra proprio che il tempo si sia fermato in questa città, persino la sceneggiatura è quella obsoleta. Anche queste sono forme di degrado della cultura politica che ormai ha deciso di non tutelare più la qualità dei processi collettivi di formazione, ma di ridurle in occasioni a sostegno dell’interesse dei singoli. I politologi definiscono tale fenomeno come “l’irruzione del mondo emozionale”, che non fa più individuare i limiti entro i quali è consentito agire senza rischiare di farsi risucchiare dall’interesse personale.
È come se si violasse un ipotetico codice deontologico, presente e attivo per altre categorie professionali, giornalisti compresi, ma non per chi scende in politica il quale, ancora, risponde di eventuali violazioni giuridiche, ma non di quelle etico-comportamentali.
Quanto è accaduto nei giorni scorsi a Catanzaro, tra il sindaco e l’amministratore unico dell’Azienda municipale dei trasporti, ne è un esempio eloquente. Esso ha evidenziato un aspetto che, apparentemente, può sembrare marginale, ma che invece ad una attenta lettura mette in luce un solido interesse clientelare proprio di chi gestisce la cosa pubblica ed è impegnato in campagna elettorale.
L’amministratore unico dell’Amc riteneva, stante la precedente condivisione dell’amministrazione comunale, di onorare gli impegni assunti con il personale; dall’altra parte, probabilmente, la vicenda è stata interpretata come un gesto critico, di lesa maestà: In presenza appunto della campagna elettorale altre figure sarebbero state titolate a partecipare il buon fine dell’accordo sindacale. Un interesse non del tutto privo di gratuità se si pensa che, senza considerare le famiglie e l’effetto mediatico, sono numerosi i dipendenti dell’Azienda di trasporto pubblico che avrebbero potuto manifestare riconoscenza nelle urne.
Meraviglia? Nessuna. Questo è il sistema che da sempre si cerca di praticare in città e, particolare inquietante, che i cittadini non riescono a interrompere facendolo assurgere a sistema magari sul presupposto che ovunque si posa fare così. Di che evoluzione parliamo? Se difronte ad un a classe politica, probabilmente sempre più abborracciata, che negli anni ha perduto di smalto e di qualità, non si riesce a trovare la forza per far sentire, deciso, il dissenso lasciando che si consumi l’ennesimo interesse personale ad accaparrarsi uno scranno nell’aula rossa di Palazzo De Nobili? Che non è poca cosa perché al netto del valore sociale, tra diaria e compensi per il lavoro nelle commissioni, alla fine del mese si riesce a racimolare un buon gruzzolo.
Tutto ciò viene pressoché sopportato a Catanzaro e quando il dissenso raggiunge misure alte, l’unica forma di protesta consiste nel disertare le urne. Una pratica in espansione nella quale gli elettori si rifugiano per sottolineare il depauperamento dei valori ideologici di certa classe politica. Una pratica ormai datata, nota come “questione morale” denunziata nel 1977 da Enrico Berlinguer il quale ebbe il merito di parlare per la prima volta al Paese di corruzione dei partiti politici. Ma figurarsi cosa possa importare al candidato di essere eletto con una percentuale appena sufficiente di suffragi. L’importante è il raggiungimento del traguardo.
Perché inquieta e preoccupa la prossima adunanza elettorale amministrativa a Catanzaro? Perché gli attori, com’è immaginabile, saranno sempre gli stessi nonostante ci sia bisogno di una classe politica capace di spendersi in favore della città; di condurla fuori dalle secche nelle quali è stata fatta rovinare facendola diventare la cenerentola della Calabria.
Una realtà che, nonostante sia sotto gli occhi di tutti, non riesce a trovare soluzioni né tra i partiti, né al difuori di essi pur sapendo che le cause sono da ricercare nello sfaldamento dei partiti e delle loro organizzazioni che hanno fatto venir meno il senso di identificazione con il programma di ciascuno di essi, ma, forse, soprattutto nel non aver curato la qualità dei candidati che è stato il vero motivo del depauperamento del Capoluogo. E non si tratta di una sola stagione politica: il capitolo amministrativo di Catanzaro è avvilente perché nessuno l’ha messa in condizione di compiere un passo in avanti. L’incapacità di amministrarla non gli ha consentito di varare un piano complessivo di sviluppo sostenibile che rendesse organico e avanzato il territorio, che producesse lavoro e benessere.

*giornalista

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