La ricerca Cergas-Bocconi su inidoneità e limitazioni lavorative del personale SSN conferma che il fenomeno è preoccupante ma queste persone non sono “imboscati”. E’ quanto afferma il Segretario …
La ricerca Cergas-Bocconi su inidoneità e limitazioni lavorative del personale SSN conferma che il fenomeno è preoccupante ma queste persone non sono “imboscati”. E’ quanto afferma il Segretario Generale della Cisl-FP Calabria Antonio Bevacqua.
Il valore medio si attesta all’11,8% con oscillazioni tra un minimo del 2,7% ad un massimo del 26,6%. Dato questo che conferma la disattenzione delle aziende al fenomeno ed alle politiche di risk management. La realtà che si è presentata ai ricercatori è quella di dati mancanti, persi nel tempo e quindi di per se poco attendibili. Infatti, per chi vive da vicino le situazioni aziendali, la percezione del fenomeno è di gran lunga superiore e che potrebbe oscillare tra il 25 ed il 33%, considerando anche le “limitazioni” di legge riguardanti l’esenzione dalle notti delle madri con figli fino all’ottavo anno.
È ora di smetterla di chiamare i lavoratori “risorse umane” o “fattori produttivi”, termini che non rispettano il valore umano di chi si mette a disposizione delle mission aziendali mettendoci non solo tempo e manualità, ma anche energie mentali e sentimenti che sono impagabili e costituiscono il vero tesoro di un’azienda. L’invito quindi ad usare il termine di “persone” per indicare i propri collaboratori. Persone che proprio la funzione del servizio sanitario nazionale mette al centro dell’attenzione e che corrispondono non solo ai pazienti ma anche agli operatori, verso i quali occorre prestare la stessa attenzione e in sanità assume immancabilmente ed indiscutibilmente un valore aggiunto intrinseco alle professioni di cura, alle quali va riconosciuto un merito particolare, anche economico. Professionisti sanitari che sono insostituibili in quanto unici e difficilmente riproducibili ed in quanto tali, da proteggere da qualsiasi rischio nello svolgimento del loro lavoro. Il fenomeno e quindi l’attenzione verso i costi ed i disservizi conseguenti, evidenziando che in seguito all’applicazione integrale del decreto legislativo 66/2003 emergeranno sicuramente nuove inidoneità.
Il fenomeno in crescita, deve impegnare le Aziende in particolare a far dialogare e coordinare tra loro le competenze e i ruoli dei medici competenti ed i servizi di prevenzione e protezione aziendali. I dipendenti e le loro problematiche, vanno affrontate con una visione aziendale positiva che consenta ai lavoratori di esprimere ancora il meglio di se pur in presenza di limitazioni funzionali fino ad accompagnandoli all’età pensionabile.
Bisogna sottolineare che il grande malato è l’organizzazione del lavoro attuale e quindi anche delle aziende sanitarie e ospedaliere, che dovrebbero avere a cuore per missione la salute del proprio personale quanto quella dei pazienti curati, al punto da rendere il lavoro e le sue modalità, compatibili con le possibilità “umane”. Una bella strigliatina quindi all’eccesso di sfruttamento che si verifica nei luoghi di lavoro dove si produce salute.
La necessità deve essere che persone altamente qualificate e competenti che sappiano confrontarsi ed indicare al medico competente le situazioni lavorative ed i rischi che si corrono nei vari reparti ospedalieri. A tale proposito è necessario che nella Regione Calabria venga immediatamente attivato il Servizio aziendale delle professioni sanitarie in base alla legge 251 del 2001 che prevede la dirigenza infermieristico e tecnica.
Numeri quindi ben più allarmanti del fenomeno che è legato sicuramente all’invecchiamento del personale ma anche all’usura che tale personale ha sopportato nel corso della propria vita lavorativa. La ricerca ha messo a fuoco la sottovalutazione del fenomeno e la mancata attenzione sia delle aziende che del legislatore, in particolare riguardo alla movimentazione manuale dei pazienti, ignorata dal decreto legislativo 81/2008 che continua a non voler distinguere i carichi statici da quelli “umani”. Sarebbe quindi auspicabile un aggiornamento del testo unico attuale che tenga conto della movimentazione dei pazienti e non semplicemente dei carichi.
Il mancato tourn over e il blocco delle assunzioni, vede un esercito di professionisti impegnati al fronte che non ha più le caratteristiche che dovrebbe avere per essere efficace che tutti i giorni sono al “fronte”, solo che nel frattempo si invecchia e si logora. Quale esercito utilizzerebbe questi “soldati” in trincea? Il Servizio sanitario nazionale purtroppo lo sta facendo!
I carichi di lavoro sono divenuti ovunque insopportabili ed i posti “quieti” che una volta c’erano ormai sono scomparsi. Le politiche restrittive, di risultati ed efficienza a tutti i costi, dimostrano che non è il paziente al centro delle attenzioni, bensì il bilancio. Di conseguenza i ritmi sono ormai divenuti insostenibili a fronte di un’utenza di anziani con pluripatologie e ilcarico di lavoro è abnorme. Strutture fatiscenti e presidi antinfortunistici inadeguati o inutilizzabili hanno determinato nel tempo queste patologie, soprattutto a carico del rachide, come dimostrato dalle recenti statistiche Inail.
Il Documento di valutazione dei rischi (Dvr) che dovrebbe servire allo scopo preventivo e protettivo del personale, viene attualmente compilato da persone che ignorano le modalità lavorative dei reparti e soprattutto la movimentazione manuale dei pazienti. Sarebbero quindi tutti da riscrivere con questa attenzione. Ciò servirebbe anche ai Medici Competenti per capire e sapere in quale struttura potrebbe operare un lavoratore con un certa limitazione.
È evidente chetale normativa, pur essendo relativamente recente, in ambito sanitario non è mai stata rispettata sia prima che ora. La prova consiste nelle dotazioni standard di personale addetto ai reparti di degenza dove la media di presenze di operatori è ridotta ai minimi termini. Ciò significa che per 18 ore su 24 per 365 giorni l’anno, gli infermieri e gli operatori di supporto lavorano in condizioni in cui non vengono rispettate le normative sulla sicurezza nella movimentazione dei carichi, esponendoli così a seri e ripetuti episodi di rischio di patologie del rachide.
Da tutto ciò premesso e soprattutto dall’ultima considerazione riguardante la movimentazione dei pazienti dovrebbe scaturire il rispetto dell’obbligo di legge che imponga un numero di presenze congrue di operatori sui turni di lavoro, vietando assolutamente la presenza di un solo operatore. Di conseguenza, è sempre più urgente ed improcrastinabile l’assunzione di nuovo personale dove in Calabria per il perdurare del Commissariamento per il rientro dal debito sanitario il personale cessato dal servizio corrispondente a circa 5000 ( cinquemila) unità non è stato sostituito.
Ancora da sottolineare che gli RLS sono insufficiente ad occuparsi seriamente di tutti i rischi lavorativi e a presidiarli. Pertanto anche questa soluzione dovrebbe andare nella revisione del decreto legislativo 81/2008. Ciò consentirebbe anche di avere RLS il più vicino e a contatto possibile con gli ambienti lavorativi sotto controllo preventivo.
Altro tema è quello di attuare criteri di mobilità aziendale trasparente, con graduatorie accessibili e monitorabili dai siti aziendali dal personale che ne ha fatto richiesta. Soluzione definitiva questa che scoraggerebbe le raccomandazioni.
Insomma, di carne al fuoco ce n’è tanta e il problema è tale solo se non si hanno soluzioni per risolverlo oppure s
e non si vogliono trovare soluzioni. Quindi l’invito in primis alle istituzioni è di preoccuparsi a risolvere il problema e non quello di dare adito a campagne mediatiche verso persone, che non sono “imboscate” ma persone che Organi Competenti per la tutela della salute e integrità psico-fisica dei lavoratori hanno loro prescritto limitazioni e/o prescrizioni e con sacrificio e spirito di abnegazione ogni giorno si mettono al servizio, nei posti di lavoro, a persone bisognevole di cure ed assistenza che si rivolgono alle strutture sanitarie della nostra regione.