ROMA «Da quanto io sono Gran maestro del Grande oriente d’Italia, da due anni e mezzo, sono state abbattute le colonne di 3 o 4 logge: 3 in Calabria in provincia di Reggio Calabria e un’altra credo nel Lazio”. Lo ha detto Stefano Bisi, ascoltato come testimone dall’Antimafia. I motivi sono vari: «Non c’era il numero sufficiente, non avevano condotta regolare rispetto a doveri e regolamenti, per problemi organizzativi o altro». «Finché non c’è un certificato penale non possiamo agire come fossimo polizia giudiziaria – ha aggiunto, rispondendo alle domande della presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi fatte anche a nome degli altri parlamentari dell’Antimafia -. Non chiediamo automaticamente l’aggiornamento dei certificati ma abbiamo controlli interni che ci fanno stare moderatamente tranquilli, abbiamo nelle logge gli ispettori che sono tenuti a vigilare sul comportamento dei fratelli: le attività di controllo interno sono numerose e quando intuiamo comportamenti contrari agli antichi doveri provvediamo alle sospensioni o alla demolizione della loggia. Ogni loggia ha i fascicoli personali e una storia; la documentazione, almeno una parte, viene tenuta nella struttura centrale». Le logge in Italia sono 850 e circa 23 mila i “fratelli” iscritti. Bisi ha aggiunto che la tassa di iscrizione al Goi varia: 180 euro a persona vanno per la struttura centrale, poi c’è il funzionamento delle 850 logge; in media il costo annuo di ogni fratello ammonta a 400-500 euro l’anno. Il patrimonio del Goi è fatto dalle case massoniche che sono una cinquantina. Sarebbe stato un patrimonio più ampio – ha aggiunto – se la Repubblica ci avesse riconsegnato Palazzo Giustiniani che ci è stato confiscato dal fascismo. I dipendenti sono solo 14».
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