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L'ospedale di Reggio faccia chiarezza sull'accordo col Niguarda

Preso atto di uno specifico articolo apparso su Corriere della Calabria online, ho letto la convenzione con l’Ospedale Niguarda, realmente oscura non essendo indicato né il costo né chi fa che cosa…

Pubblicato il: 18/01/2017 – 14:34
L'ospedale di Reggio faccia chiarezza sull'accordo col Niguarda

Preso atto di uno specifico articolo apparso su Corriere della Calabria online, ho letto la convenzione con l’Ospedale Niguarda, realmente oscura non essendo indicato né il costo né chi fa che cosa, per la Cardiochirurgia. L’unica cosa chiara è la durata di un anno, rinnovabile. Poiché ritengo che chi non conosce o volutamente ignora il passato non può costruire un buon futuro, vorrei ricordare agli attuali rappresentanti istituzionali e amministratori da loro nominati che, circa quaranta anni fa, in virtù di una felicissima intuizione scaturita da Franco Quattrone (all’epoca Dc) e Totò Polimeni (all’epoca Pci) furono istituiti e attivati ai “Riuniti” la Nefrologia, la Neurochirurgia, l’Ematologia e la Neonatologia che ancora oggi costituiscono importanti punti di riferimento per i cittadini della regione e non solo.
In Neurochirurgia si cominciò a lavorare senza alcuna fase di start-up (termine prediletto dall’attuale direttore generale) né affiancamenti/supporti/formazione o convenzione per ausili professionali esterni. I compianti Del Vivi e Pandolfo (professionista che ha dedicato la vita fino a rimettercela, poco più che quarantenne, per un ospedale e una città che ben presto lo hanno dimenticato) formarono giovani medici locali che li affiancarono senza alcun bisogno di neuro anestesisti provenienti da Zurigo (ospedale di provenienza di Del Vivo) in quanto sempre localmente vi erano ottimi anestesisti come Marciano ed Occhiochiuso che a loro volta formarono altri colleghi, sempre locali, come Musitano e Vitellaro. Si iniziò e si andò avanti con successo senza bisogno di pubblicare, impudicamente, lettere di ringraziamento per il lavoro dovuto nonostante a Del Vivo ne arrivassero a decine soprattutto da tanti che, andati a Zurigo per farsi operare si sentirono rispondere di andare a Reggio Calabria.
Lo stesso dicasi per la Nefrologia, oggi una delle prime in Europa, che svolse per anni la sua attività in un condominio di Sbarre in cui, se non ricordo male, vennero addirittura a formarsi alcuni universitari di Messina. Anche qui nessuna fase di start-up o affiancamento esterno dall’ospedale di provenienza di Maggiore che fu accompagnato da una piccola pattuglia di pionieri contro i quali la Reggio ignorante e presuntuosa si scagliò tentando di ostacolarli in tutti i modi.
L’Ematologia, disciplina all’epoca nuovissima, diretta da quel gran signore di Alberto Neri, che, purtroppo ci ha prematuramente lasciati a causa di un atto di altruismo, ha generato una serie di attività ed unità operative oggi di grande impatto, assieme alla stessa Ematologia, sull’importanza del nostro ospedale. Anche qui nessuna fase di start-up con affiancamento di alcun esterno se non dei ragazzi venuti con Neri e oggetto di contrasto da parte della solita Reggio presuntuosa ed ignorante fino ad essere aggrediti fisicamente.
Infine, la Neonatologia, disciplina anch’essa nuovissima per l’epoca e nata per intuizione di Serrao che con altri medici locali, in testa Nino Nicolò, non ebbero alcun bisogno di fasi di start-up o di convenzioni con grandi ospedali italiani creando un vero gioiello di professionalità e funzionalità.
Altri tempi, altri uomini, altri professionisti e, soprattutto, altri amministratori. Oggi in consiglio regionale siede chi propone di mandare i medici ostetrici obiettori di coscienza a lavorare in Pronto soccorso e chi, per l’ospedale di Reggio ha compiuto la grande impresa di cambiare la denominazione dell’Azienda riuscendo, addirittura, a farsi impugnare questa scempiaggine dal Consiglio dei ministri. Dell’attuale direzione generale ho già scritto molto senza ottenere mai alcuna risposta. Chissà perché ?
Cari direttore generale, direttore sanitario e collega Fratto, volete chiarire il perché di questa lunghissima convenzione laddove semplici “medici locali”, come ho finora dimostrato, hanno brillantemente soddisfatto le esigenze professionali di nuove attività certamente non meno delicate della cardiochirurgia? Perché avete bisogno di badanti del Niguarda? E perché il cardioanestesista, ritenuto dalla direzione quale unico soggetto in grado di assumere la responsabilità dell’Uosd di Cardioanestesia, si è dimesso dopo pochi giorni dall’inizio dell’attività? Vi ricordo che la spesa per la Cardiochirurgia non è una variabile indipendente del finanziamento aziendale per cui ogni euro dedicatole impropriamente è un euro sottratto alle altre unità operative sulle molteplici carenze delle quali non entro nel merito in questa sede.
Per inciso, ricordo al direttore generale, cultore del Piano nazionale esiti, che il peso specifico e il valore di una unità operativa si calcolano, oltre che sulla quantità degli interventi, sulla qualità i cui parametri principali sono costituiti dalla efficienza (prontezza dei tempi di intervento) e dalla efficacia (esito dell’intervento) e non da lettere di ringraziamento o autoreferenziali articoli di stampa.
Infine, sollecito la risposta alla mia richiesta di conoscere l’attuale organizzazione della Cardiochirurgia aggiungendo, con la presente, anche la richiesta di conoscere i costi specifici finora sostenuti per la convenzione in oggetto nella speranza (certamente delusa) che per cose così banali e, soprattutto dovute d’ufficio, non continuerete nella vostra omertà obbligandomi, ancora una volta, a ricorrere alla Procura della Repubblica.

*Segretario aziendale Anaao-Assomed di Reggio Calabria

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