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SOLDI SPORCHI | I destini incrociati dei due Giorgio

REGGIO CALABRIA Condividono il nome, le pessime frequentazioni e il pallino degli appalti. Ma Giorgio Barbieri e Giorgio Morabito nella storia della tirannia economica imposta dalla ‘ndranghet…

Pubblicato il: 19/01/2017 – 23:39
SOLDI SPORCHI | I destini incrociati dei due Giorgio

REGGIO CALABRIA Condividono il nome, le pessime frequentazioni e il pallino degli appalti. Ma Giorgio Barbieri e Giorgio Morabito nella storia della tirannia economica imposta dalla ‘ndrangheta alla Calabria svolgono un ruolo diverso. Il primo è la faccia pubblica di un clan rampante come quello dei Muto di Cetraro, grazie ai quali ha spadroneggiato a Cosenza ed è riuscito a sedersi al tavolo degli appalti “aggiustati” a Gioia Tauro. Il secondo è il braccio operativo dei Bagalà, muratori trasformati dal clan Piromalli in imprenditori, che – si legge nel provvedimento emesso dalla Dda di Catanzaro – nel tempo sono stati in grado di creare un cartello di società «che controlla, per tutto il territorio calabrese e anche altrove, l’appaltistica pubblica», anche grazie alla sistematica corruzione di pubblici ufficiali e a una sorta di “pacificazione” con le strutture ‘ndranghetistiche. Un sistema che aveva il suo uomo chiave in Giorgio Morabito.

IL BRACCIO DEI PIROMALLI Ufficialmente amministratore della Rama Group srl, procuratore della Cittadini srl, Barbieri costruzioni srl e Comel srl, nonché socio della Cleopatra srl, per i magistrati Morabito era quello che si occupava della direzione e gestione della fase preparatoria delle gare d’appalto e di quella esecutiva. Era lui ad intrattenere rapporti con la Stazione appaltante, i pubblici funzionari corrotti, i fornitori, gli operai, i progettisti e i rappresentanti delle imprese aggiudicatarie, per assicurarsi la gara. Era lui ad occuparsi delle buste contenenti le offerte “in bianco” consegnate o fatte pervenire alle società del cartello e lui ad occuparsi di compilarle con l’indicazione del ribasso concordato ed spedirle. Era lui, in veste di procuratore speciale delle ditte designate dall’associazione come aggiudicatarie delle gare di appalto, a controllare l’esecuzione materiale dei lavori una volta ottenuta l’aggiudicazione, gestendo gli introiti derivanti dalle erogazioni delle stazioni appaltanti.

SONO LA ‘NDRANGHETA Una figura chiave, in sintesi, che ha permesso ai Bagalà, dunque ai Priromalli, di infiltrarsi con successo negli appalti pubblici di Cosenza, a partire da quello – contestatissimo – di piazza Bilotti. Anche lontano da casa, nessuno ha avuto difficoltà a leggere la loro reale natura criminale. «Nue in questo momento – dice uno dei dipendenti di Barbieri ad un collega – soltanto loro ni ponnu salvare». E chiarisce «a ‘ndra…e basta».

IL PRESTANOME DI GIOIA Un dato che non ha mai tormentato Barbieri, che con lui – e quelli che Morabito rappresentava – non ha mai fatto lo schizzinoso. Al contrario, a Gioia Tauro non si tira indietro quando c’è da fare il prestanome dei Bagalà, tramite le sue imprese o la Cittadini srl, in cui l’imprenditore cosentino ha per lungo tempo avuto una partecipazione, prima di cederla al suo fiduciario Massimo Longo, che per lui gestiva i rapporti con i Muto. Di fatto, la presenza di Barbieri a Gioia era solo formale, dicono gli inquirenti. A gestire tutto era Morabito che – dimostrano le conversazioni intercettate – deteneva anche la chiavetta master per accedere ai conti correnti delle imprese impegnate negli appalti del reggino. Per quegli affari, nonostante di alcune imprese fosse amministratore unico, Barbieri doveva sottostare alle indicazioni di Morabito.

TI REGALO PIAZZA BILOTTI A Cosenza invece, Barbieri pretendeva di fare da sé, salvo poi richiedere ai Bagalà, tramite di Morabito, finanziamenti su finanziamenti. Un credito concesso da Morabito, dopo aver procurato all’imprenditore cosentino il contratto di avvalimento che gli avrebbe permesso di avere i requisiti necessari per aggiudicarsi l’appalto per la nuova piazza. Da allora, la presenza del procuratore speciale Morabito e dei Bagalà diventa una costante nei cantieri di Barbieri. Una circostanza vista con favore da Longo, uomo vicino al clan Muto e agente di collegamento fra il clan di Cetraro e Barbieri – perché «era certo che ci sarebbe stato un sicuro ritorno economico». Gli uomini del potente casato mafioso della Piana e quelli di Cetraro vanno d’amore e d’accordo e nel tempo i rapporti si fanno sempre più stretti. Anche in vista di futuri impegni fuori regione.

ALLA CONQUISTA DELLA CAPITALE Le ambizioni e gli appetiti dei clan della Piana non si limitano infatti alla Calabria. Insieme a Barbieri – dunque ai Muto – e all’ingegnere Ruopoli, molto vicino all’imprenditore cosentino, Morabito progetta di andare a caccia di appalti anche nella Capitale. «Si lavora in ottimo modo là» dice «la Calabria è vicina anzi attaccata». È lui stesso a spiegarlo a Longo, con tanto di lezioncina sulla differenza fra le gere “calabresi” e quelle effettuate a Roma. Nella capitale, le modalità – spiega – sono apparentemente più formali e distaccate. «Facciamo cose belle là… mettiamo la camicetta» dice con fare esperto «sono più diplomatici». Contrariamente a quanto accade in Calabria, dove bisogna mettere in conto che, nel momento in cui ci si “siede” (quando cioè si prende l’appalto), si devono effettuare le dazioni di denaro, e soprattutto bisogna farli sin da subito, in modo da non avere ritardi successivamente, nei pagamenti dei Sal (stati di avanzamento dei lavori). Quello della capitale però non è che uno dei progetti di espansione dei Pianoti. Non più tardi di qualche mese fa, Morabito – intercettato – raccontava ai suoi interlocutori i progetti internazionali del clan. Che puntava all’Europa, a partire dalla Romania.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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