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Energia, la Regione ritirerà il bando

La premiata ditta Praticò&Praticò colpisce ancora: nuovo giro nuovo bando comunitario che Mario Gerardo Oliverio, governatore delle Calabrie, si accinge a revocare in autotutela. Questa volta t…

Pubblicato il: 20/01/2017 – 6:24
Energia, la Regione ritirerà il bando

La premiata ditta Praticò&Praticò colpisce ancora: nuovo giro nuovo bando comunitario che Mario Gerardo Oliverio, governatore delle Calabrie, si accinge a revocare in autotutela. Questa volta tocca al bando nel settore dell’energia, nato evidentemente sotto una cattiva stella. La ragione per la quale Oliverio ha deciso di revocarlo risiede, manco a dirlo, nel disciplinare di gara stilato dall’inaffondabile ditta Praticò&Praticò, stilato in maniera talmente suicida da impedire la partecipazione ad aziende che non riparino sotto il misericordioso manto della Consip. 
Quando glielo hanno spiegato, Oliverio non ci voleva credere, poi ha dovuto arrendersi ai fatti e a quel punto il suo pensiero è subito corso a quei “banditi” del Corriere della Calabria. Infine, come nel Re Carlo di De Andrè, «più che l’onor potè il digiuno» e sono partite le disposizioni per preparare la revoca del bando. Triste storia quella dei bandi comunitari in salsa calabrese: rapida l’adozione ma ancor più rapida la revoca, visto che ad ogni giro c’è un incidente di percorso.
Anche di questo, fatalmente, si discuterà nella riunione dei consiglieri regionali di maggioranza convocata per lunedì prossimo alle 17,30. 
La ripartenza di gennaio, infatti non solo non ha rassicurato rispetto alle questioni esplose, dentro, fuori ed attorno alla maggioranza di centrosinistra, ma anzi in meno di due settimane si sono accumulate nuove e preoccupanti magagne.
Ricco il promemoria, citiamo solo i casi più scottanti, in ordine sparso.
1)  Nomina dell’autorità portuale di Gioia Tauro, doveva toccare a Russo, assessore regionale in carica, docente universitario a cavallo tra la Calabria e la Sicilia, massimo esperto in materia di sviluppo portuale. Sembrava fatta, invece il ministro delle Infrastrutture, Delrio, sbaraglia il tavolo scegliendo un signore che nella vita coordina il team legale dell’armatore partenopeo con cittadinanza elvetica Aponte. Il che equivale alla ceralacca sul sigillo che regala definitivamente ad un privato lo scalo di Gioia Tauro. Una scelta subita da Oliverio, come velenosamente sostengono alcuni suoi “compagni”, oppure condivisa, visto che da Aponte, in gran segreto Oliverio ci è andato più volte?
2) Conferma del tandem Massimo Scura-Andrea Urbani nel ruolo di commissari per la sanità calabrese. Un consolidamento, il loro, frutto anche delle tante scelte sbagliate della combinata perdente Oliverio-Pacenza: dalla nomina del direttore generale Fatarella a quella di manager modello Mauro a Cosenza e Benedetto a Reggio Calabria. Entrambi al centro di indagini giudiziarie, entrambi firmatari di delibere al oggetto delle verifiche di legittimità con l’aggiunta per Fatarella di aver inaugurato la stagione della rete sanitaria ad personam e non si tratta solo del contenzioso con il gruppo “IGreco”, visto che c’è molto altro come testimoniano le deleghe d’indagine firmate dal procuratore Mario Spagnuolo a Cosenza.
3) Mancata nomina del referente per l’anticorruzione, i cui uffici restano desolatamente deserti al punto che nei giorni scorsi è stato impossibile recapitare l’ultimo dei ricorsi presentati quello relativo al fantasma Oldani Mesoraca, unico caso al mondo di dipendente pubblico sfornito di matricola, nonostante sia stato nominato capo dell’ufficio stampa attraverso un concorso riservato solo al “personale interno”.
4) Giallo sulla legge di riforma del teatro, della quale si è assicurata la massima condivisione ma contro la quale insorgono ben 28 società che si occupano di teatro e che disconoscono totalmente la proposta di legge votata dalla giunta Oliverio.
5) Gigantesca dilatazione della spesa per informatizzare uffici, piattaforme e siti, all’insegna della trasparenza massima, laddove proprio la realizzazione di piattaforme informatiche diverse e non dialoganti fra loro genera il massimo della confusione e anche la possibilità di opacizzare la vita amministrativa della Cittadella regionale.
6) Gestione della rappresentanza legale, ovvero assoluta mancanza di controllo sull’attività dell’avvocatura regionale che salta la costituzione a parte civile nell’inchiesta sulle cosche mafiose di Cutro (certamente è una maledetta coincidenza, ma sono proprio quelle indagate per il saccheggio delle opere pubbliche di Reggio Emilia, quando era sindaco Delrio) ma è puntualissima quando deve spedire ben tre avvocati per indicare al Tar quale consigliere di minoranza deve lasciare lo scranno alla rilegittimata Wanda Ferro.
Sul piano tecnico, tiriamo fiato qui ma non sono meno spinosi i nodi “politici” che la riunione di maggioranza, la prima dopo due anni e mezzo dal voto, deve affrontare. Anche qui è il caso di riassumerne i principali.
1) Da quando Oliverio ha vinto le elezioni regionali, il Pd ha perso tutte quelle svoltesi sul territorio calabrese. Si è perso a Crotone e si è perso a Cosenza, si è perso a Vibo e si è perso a Lamezia. Né si può invocare a compensazione la vittoria alle comunali di Reggio Calabria: lì si votò qualche mese prima delle Regionali. E se nelle elezioni provinciali, riviste secondo la nuova normativa, è andata bene a Vibo, malissimo è andata a Crotone. Catanzaro ha fatto storia a sé ed è certo che anche a Cosenza il Pd riuscirà ad imporsi ma il risultato è dovuto al fatto che a Catanzaro ed a Cosenza è stato ricomposto il quadro politico il quadro politico nazionale: il Nuovo Centrodestra sta nella coalizione che ha eletto Enzo Bruno ed in quella che appoggerà Franco Iacucci.
2) Al riparo della necessità di andare a una “giunta tecnica” dopo gli incidenti giudiziari reggini, Oliverio avrebbe operato – almeno questa è l’accusa che gli viene mossa – in modo da “asfaltare” quanti avevano incassato preferenze da primato: Carletto Guccione a Cosenza ed Enzo Ciconte a Catanzaro. Entrambi adesso presentano il conto, lamentando non solo il fatto di essere rimasti “peones” ma anche di non aver alcuno spazio di manovra politica, essendo stati tagliati fuori da ogni consultazione e da ogni condivisione circa le scelte principali operate dalla giunta Oliverio.
3) Organismi di sottogoverno: da Fincalabra a Terina, passando per Calabria Lavoro, si rimprovera al governatore di aver operato scelte sostenendo che erano state dettate dall’emergenza, nella realtà invece, hanno premiato ben individuate obbedienze politiche, tutte riconducibili alla stretta cerchia del governatore stesso.
Se aggiungete, a completamento del quadro, il dettaglio di un Marco Minniti che non ha più tempo, voglia e possibilità di perdersi nelle beghe di un partito trasformatosi in maionese impazzita, ecco servito un affresco dove la ripartenza appare l’ennesima promessa da marinaio. 
Già, Minniti. Una provvidenziale influenza febbrile lo ha messo al riparo dai questuanti bruzi ai quali ha affidato un eloquente invito a darsi una regolata. Lo ha fatto mettendo sul Frecciargento per la Calabria il più tollerante e allenato dei suoi collaboratori che ha viaggiato con l’incolpevole segretario regionale Ernesto Magorno. Tre ore di dialogo tra bradipi:
– «Ernesto, penso che Marco si sia stancato di fare come il Papa durante i sequestri di persona…».
– «…che vuoi dire, spiegami meglio…». 
– «vedi Ernesto, quando c’erano i sequestri, il Papa ogni domenica all’Angelus rivolgeva un vibrante e sincero oltre che accorato appello ai rapitori perchè liberassero l’ostaggio. Non lo hanno mai accontentato, proprio mai… e a quel punto che vuoi, anche il Papa si è stancato di rivolgere appelli ai rapitori…».
Il dialogo si ferma qui. Siccome però noi siamo, oltre che “banditi”, come dice Oliverio, anche impertinenti ci permettiamo di aggiungere che in tempi più recenti il Papa non si è limitato più agli appelli ed è passato alle scomuniche.

Paolo Pollichieni
direttore@corriere
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