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SOLDI SPORCHI | Due (presunti) «mafiosi» in visita alla Cittadella

CATANZARO C’era una volta la teoria dei sei gradi di separazione, quella per cui ogni persona può essere collegata a qualunque altra attraverso non più di cinque intermediari. In Calabria, se si ha…

Pubblicato il: 20/01/2017 – 12:36
SOLDI SPORCHI | Due (presunti) «mafiosi» in visita alla Cittadella

CATANZARO C’era una volta la teoria dei sei gradi di separazione, quella per cui ogni persona può essere collegata a qualunque altra attraverso non più di cinque intermediari. In Calabria, se si hanno le conoscenze giuste, di intermediario ne basta uno. E i due Giorgio (Barbieri, l’imprenditore che l’Antimafia considera espressione dal clan Muto, e Morabito, ritenuto un uomo di raccordo delle cosche della Piana di Gioia Tauro) di conoscenze ne hanno a bizzeffe. Una, in particolare, può aprire loro le porte della Cittadella regionale. La persona in questione è un geometra che vanta da diversi anni rapporti di lavoro con la famiglia Barbieri. Nel 2016, scrivono i magistrati della Dda di Catanzaro, è un «dipendente di fatto» del gruppo. Di sicuro riesce a gestire le comunicazioni tra Barbieri e Morabito, contatti che «si rendevano necessari soprattutto in occasione di gare per appalti pubblici a cui partecipare». Il rapporto Barbieri-Morabito rappresenta uno dei fulcri dell’inchiesta della Dda di Catanzaro: di conseguenza, il ruolo del geometra è molto significativo. È un facilitatore per gli affari delle due compagini imprenditoriali compromesse con la ‘ndrangheta. Ruolo che svolge fino al luglio del 2016, quando viene a mancare. Prima della sua scomparsa, però, apre qualche utilissima porta.
Le imprese hanno bisogno di informazioni sui mandati di pagamento per i lavori in corso a Rosarno. Per il “facilitatore” non è difficile muoversi: basta una telefonata. Sua cognata, una dirigente della Regione, può aiutarlo. E lei «lo tranquillizza subito, dicendogli di non essersi dimenticata, che avrebbe controllato e che in serata gli avrebbe portato quanto richiesto». Passano pochi minuti ed è lei a contattarlo «per anticipargli telefonicamente quanto precedentemente richiesto: la donna faceva riferimento a due mandati di pagamento, liquidati in data 28 dicembre 2015 al comune di Rosarno come capofila». Sono i pagamenti per il waterfront il cruccio delle ditte in odore di ‘ndrangheta: il «dipendente di fatto» ha bisogno di avere una copia dei pagamenti. Dalla Cittadella arrivano rassicurazioni: gli sarà consegnata in serata. È puro lavoro di intelligence: le ditta non hanno ancora ricevuto nulla dal Comune di Rosarno e sfruttano i propri contatti per sapere se i flussi finanziari siano partiti oppure no. E al palazzo della Regione trovano porte aperte.
Ovviamente la dirigente non può sapere cosa si nasconda dietro quelle richieste, non è a conoscenza dei rapporti inconfessabili (e tuttora presunti) tra aziende e clan. Sta facendo un favore a un parente. E secondo il geometra « era arrabbiata (“incazzatissima”), perché a suo dire quei due mandati erano stati liquidati dalla Ragioneria Regionale solo perché richiesti dal suo parente in persona (“se no me li tenevo…”), ed erano addirittura stati “preferiti” ai mandati per i lavori di Lorica».
Questo favore racconta un pezzetto della burocrazia della Cittadella ma, soprattutto, porta quella burocrate a trovarsi in una situazione quantomeno imbarazzante, almeno alla luce degli sviluppi investigativi. Nel corso delle settimane, i contatti tra il geometra e la parente continuano. Morabito chiede all’uomo di rivolgersi alla propria cognata «affinché si sbloccasse la restante parte di finanziamenti (per i lavori di Gioia Tauro, ndr)». Avere un contatto nell’ufficio giusto può essere molto utile. Ma soprattutto: l’ufficio “giusto” può scegliere se anticipare o posticipare un pagamento? Stando al tenore delle conversazioni intercettate pare proprio di sì.
Certo, bisogna insistere. Ma Morabito non è persona che si perda d’animo. Le sollecitazioni continuano, fino a quando non si riesce a organizzare un incontro alla Cittadella. È il 31 marzo 2016 e le telefonate intercettate dagli inquirenti si snodano sull’asse Diamante-Catanzaro-Gioia Tauro. Le auto convergono tutte verso la sede della Regione. «Dalle conversazioni analizzate fino a questo punto – scrivono gli investigatori nel decreto di fermo – era chiaro quindi che in Regione», nell’ufficio della dirigente, si sarebbero incontrati il cognato, Giorgio Barbieri, un architetto che collabora con Morabito e lo stesso Giorgio Morabito. Due imprenditori legati, secondo la Dda, alla ‘ndrangheta entrano nella stanza di un’alta burocrate della Regione, e si riuniscono per parlare del pagamento dei lavori appaltati nella Piana di Gioia Tauro. A volte per combinare un disastro basta un solo grado di separazione.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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