COSENZA Luigi Muto, figlio del boss Franco, pretendeva un “regalo” per i lavori sul cantiere dell’aviosuperficie di Scalea. Una richiesta del tutto inaspettata per l’imprenditore Giorgio Barbieri. Né lui, né il suo braccio destro, Massimo Longo si attendevano una cosa del genere. Ma i “segnali” erano arrivati, inequivocabili e insistenti, portando scompiglio all’interno del cantiere. Tutto ha inizio il 3 dicembre 2015. Nella prima mattinata, i dipendenti di Barbieri rinvengono una bottiglia piena di benzina e un accendino davanti al cancello dell’aviosuperficie di Scalea. Il più preoccupato è l’ingegnere Alberto Ortolani, socio di Barbieri e amministratore delegato della società Aeroporto di Scalea srl. Ortolani vuole attivare un sistema di video-sorveglianza ma Barbieri – registrano gli uomini della Guardi di finanza che stanno indagando su di lui – replica in maniera stizzita che dell’accaduto si sarebbe occupato lui e solo lui. Quindi manda a dire all’ingegnere: «Queste sono cose di cui mi occupo io e basta!! Non se ne deve occupare nessun altro, sono cose che faccio io!!…perché io ce sono da cinquant’anni in questa cazzo di terra e sono cazzi miei queste cose qua, ok??!..le faccio io, nessun altro!». Lo ripete ogni volta, ad ogni telefonata che gli arriva dal cantiere, a ogni informatore che dice che Ortolani vuole mettere la video-sorveglianza. Nel frattempo, emerge dalle indagini coordinate dalla distrettuale di Catanzaro, «Massimo Longo si era recato in Cetraro per la consegna della somma mensile di denaro pattuita tra Barbieri e Muto e aveva informato Franco Muto dell’intimidazione. Infatti Massimo Longo rassicurava Barbieri dicendogli di essere arrivato da Muto e che, entro 20 minuti, gli avrebbe comunicato, via whatsapp, dell’esito del colloquio che avrebbe intrattenuto con lo stesso». Secondo gli inquirenti «Barbieri non aveva alcuna intenzione di sporgere denuncia, tuttavia i carabinieri di Scalea, già alle 8.40 del tre dicembre erano intervenuti presso l’aeroporto di Scalea» e avevano cominciato a sentire i dipendenti. La denuncia viene sporta e Longo chiede conferma che fosse contro ignoti. Giorgio Barbieri, ridendo, lo rassicura e ne invia copia «a Longo perché la mostrasse a Franco Muto». Longo: «Non lo riesco a leggere, cosa c’è scritto su quel foglio che mi hai mandato ultimo?» Barbieri: «È la denuncia ai carabinieri» Longo: «Contro ignoti?» Barbieri: «Eh certo…contro de chi? Che cazzo de» Longo: «Appunto..minchia mi è venuta ‘na, vabbuò che sto arrivando, che là ho finito tutto sono già a Sangineto sulla strada del ritorno».
NUOVI AVVERTIMENTI Ma gli “avvertimenti” non si fermano. Nella notte tra il 13 e il 14 dicembre si verificavano dei furti all’interno del cantiere dell’aeroporto di Scalea. A questo punto Ortolani è furioso. Minaccia di denunciare tutti, di bloccare il cantiere. Barbieri cerca di calmarlo «ricollegando il furto subito ad un contesto di criminalità comune sulla scorta delle informazioni ricevute dai Carabinieri». Ma l’ingegnere non sente ragioni: «No, Giorgio, Giorgio io ti dico, io dico solo una cosa, io ora c’ho 9 aeroplani a cui mi è scaduta “l’arca” e tu sai cosa vuol dire, vuol dire revisione totale degli aeroplani per estrazione…e a me sono un costo allucinante, mi hanno rubato tutti gli attrezzi da dentro l’hangar, tutti!!, e nessuno me li ripaga… nessuno… io ho chiesto, ho chiesto al cantiere, non voglio dire a Giorgio Barbieri scusami, mettetemi le telecamere, mi stanno avvisando che venivano a rubare, mi stanno avvisando, la malavita quella organizzata… i Carabinieri che mi stanno addosso e mi stanno pregando di non creargli altri problemi, lo sto dicendo in tutti i modi, l’ho detto a te, ho cercato… siccome non te lo volevo dire per telefono, che abbiamo avuto modo di…». E mentre Barbieri cerca di calmare Ortolani e si attiva per le telecamere, Longo, «profondo conoscitore degli ambienti criminali di Cetraro», avendo capito che «Luigi Muto poteva disattendere le indicazioni del padre», si attiva per informarsi se il figlio del boss fosse coinvolto nel secondo atto intimidatorio. La risposta su quelle che sono le intenzioni di Luigi Muto tarda ad arrivare. Longo inanella una serie di appuntamenti che vanno spesso a vuoto. A fare da anello di congiunzione con gli uomini del clan Muto sono i fratelli Angelo e Alessandro Cataldo.
UN “REGALO” PER IL CANTIERE DI SCALEA A maggio 2016, Longo, parlando con Barbieri, «affermava di avere desunto che Luigi Muto pretendeva “un regalo” per il cantiere di Scalea, non definito nell’importo per cui proponeva di quantificarlo nella stessa misura pattuita per i lavori sul cantiere di Lorica, cioè lo 0,70% dell’importo del finanziamento pubblico. Pertanto chiedeva conferma di quale fosse l’accordo raggiunto per Lorica. L’imprenditore rispondeva di essersi accordato con Franco Muto per una cifra che lui stesso riteneva molto bassa (“ci sta…molto poco”) e, quindi, molto vantaggiosa per sé (pari allo 0.70% dell’importo dell’appalto aggiudicato). Longo chiedeva a Barbieri cosa voleva fare, aveva cercato, invano, di parlare con Franco Muto doveva tornare a Cetraro per comunicargli le decisioni di Barbieri», scrivono gli inquirenti. Il sospetto che fa gelare il sangue è che Franco Muto abbia ormai lasciato le redini degli “affari” al figlio Luigi e quel latitare agli incontri altro non è che un messaggio della consegna del testimone. Gli appuntamento mancati di Massimo Longo in quello che viene considerato il quartier generale della cosca Muto, ossia l’azienda EuroFish di Cetraro, si susseguono mentre le fiamme gialle seguono passo passo e registrano ogni spostamento del braccio destro di Barbieri. L’accordo si raggiunge il 18 maggio. Il 19 Massimo Longo viene intercettato mentre riferisce che il “regalo al mare” era stato stabilito in 13 mila euro.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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