Trump e la maglia della salute

Adesso capisco il perché di tanto fango contro il 45° presidente degli Stati Uniti d’America. Non piace – e non può piacere – ai poteri forti, occulti, che negli ultimi decenni si sono impossessati di “quasi” tutto il pianeta. Quei manigoldi che hanno creato radicalismi, terrorismi, guerre e invasioni. Di uomini e cose. Perché non è solo la guerra combattuta dai soldati che dovrebbe scandalizzarci, ma, soprattutto, quella viscida, strisciante occupazione delle nostre case, delle nostre vite, delle nostre anime, che un piccolo manipolo di potenti ha portato avanti per interesse personale e per garantirsi il godimento del piacere del potere. Quel subdolo sgambetto alla nostra libertà, alla nostra indipendenza, al nostro libero arbitrio, che ci ha scaraventato nel baratro della “legge di mercato”. Abbiamo rinunciato al panino al salame, alla maglia della salute di cotone e lana, alle scarpe da risuolare, al libro di carta, alla visita di cortesia, per abbandonarci ad un mondo virtuale in cui tutto esiste se c’è corrente elettrica, ad un sistema che ci impone di buttare ogni genere di conforto nella spazzatura e, subito dopo, dalla spazzatura raccogliere per riutilizzare. Ci hanno convinti che siamo topi, senza dignità e senza onore.
Ieri si è aperto un varco: Trump ha denunciato, senza alcun timore, con voce ferma e stentorea, tutto il marcio che, negli ultimi anni, ha trovato casa nella casa di riferimento di tutto l’Occidente – occupato –.
Ieri, il presidente degli americani ha promesso di riavvolgere il nastro, ripulirlo e riconsegnare la Storia nelle mani dell’Uomo, strappandola alle ombre. Ai “mercati”.
Io ci credo. Ho voglia e necessità di crederci. Perché sono uomo, e non “consumatore”! Perché non scelgo “la firma”, la “promozione”, lo “scontato”. Mangio ancora il panino, indosso la maglia della salute di mamma, faccio risuolare le comodissime scarpe del 1999. Non raccatto dalla spazzatura.