REGGIO CALABRIA «Marra non è mai stato un mio informatore». Sull’avvocato considerato dai magistrati della Dda il braccio operativo della cupola segreta della ‘ndrangheta, il generale Angiolo Pellegrini è chiaro e netto. «L’ho conosciuto tanti anni fa, perché conosceva alcuni dei sottoufficiali che poi sono passati alla Dia, alcuni dell’Alto commissario e l’ho conosciuto anche io». Ma si trattava solo di rapporti di lavoro. E cristallini ci tiene a dire Pellegrini. «Io non ho mai coperto nessuno. E Marra – sottolinea – non è mai stato mio confidente». Ma – ribadisce: «I rapporti fuori dal lavoro non sono mai esistiti. I miei punti di riferimento erano solo i miei ufficiali, i miei sottoufficiali e i miei funzionari. Conoscevo tutti perché a Reggio ero stato già da capitano, quindi in città conoscevo tutti». E per lavoro? Di fatto neanche, a detta dell’ufficiale. «Lui può dire quello che vuole, a me non interessa. Sapevo che era stato vicino all’alto commissario, non ho mai ma con me non ha mai fatto il confidente. Con alcuni sottoufficiali sì, ma ritengo che risalissero ai tempi dell’Alto commissario». All’epoca, dunque era solo uno dei tanti avvocati di boss e gregari dei clan reggini, «un professionista, come tanti, non ha mai dato nulla da temere».
Per questo, aggiunge Pellegrini, «in un certo senso, lo spessore che gli viene dato in certi resoconti giornalistici mi ha sorpreso perché non mi sembrava un personaggio così di spicco». E poco importanti erano gli argomenti di cui il generale si sarebbe trovato a parlare con Marra. Anche del confuso racconto di Marra sulla presunta consegna controllata di due latitanti il generale non ricorda nulla. A capo della Dia negli anni caldi successivi alla seconda guerra di ‘ndrangheta, il generale è poi tornato in Calabria da commissario del protocollo Piana Sicura e – conferma – «mi è capitato di vederlo, di sentirlo, ma nulla di particolare». Per altro aggiunge, «una volta lasciato l’incarico io non mi sono più occupato di polizia di giudiziaria. Come mai l’avvocato Marra parli di lui però non se lo spiega. E a suo dire neanche poi gli importa. «Può dire quello che vuole, io ho sempre fatto le mie indagini senza guardare in faccia nessuno. So io quello che ho fatto, so io come mi sono comportato». Allo stesso modo, afferma il generale, può dire quel che vuole Lo Giudice. «In resoconti giornalistici ho letto che secondo lui avrei partecipato a riunioni di massoneria a Gambarie. Chi mi conosce sa che non ho mai avuto neanche la tessera degli ex allievi, per questo è semplicemente ridicolo che qualcuno dica che io abbia frequentato incontri massonici. Una cosa al di fuori di ogni comprensione, ma che mi lascia assolutamente indifferente». Allo stato, nessuno della Dda ha chiesto nulla al generale Pellegrini, neanche per contribuire ad inquadrare l’avvocato Marra. «Non mi hanno mai contattato. Evidentemente la Dda ha tovato sufficiente materiale in quello che ho fatto nei sei anni in cui sono stato alla Dia e che oggi è alla base della nuova indagine».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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