CATANZARO «La chiave di volta in queste indagini è stata trovata in un caldo pomeriggio d’estate nel corso del quale siamo riusciti a installare un climatizzatore nella casa dell’amante di uno degli elementi di vertice dell’organizzazione criminale, mettendo in atto un’intercettazione ambientale. Costui si è rivelato un “pentito inconsapevole” perché disvelava alla sua compagna quello che l’organizzazione faceva, aveva fatto e aveva intenzione di fare». Il colonnello Michele Di Nunno, a guida del Gico della Guardia di finanza di Catanzaro, ha raccontato come, nel corso delle indagini dell’operazione “Stammer” – che ha disarticolato un grosso traffico internazionale di stupefacenti – sia stata raccolta una mole di materiale e informazioni talmente vasta da avere richiesto un lungo lavoro per tirarne le fila. «Un’indagine importante – l’ha definita il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri – che ha permesso di sequestrare otto tonnellate di cocaina che dalla Colombia erano dirette in Italia occultate in un carico di banane».
Ogni mezzo veniva pensato pur di fornire di coca i cartelli italiani, calabresi in testa, ha spiegato il generale Gianluigi Miglioli, comandare regionale della Calabria. Dall’idea, non realizzata, di transitare dall’aeroporto di Lamezia Terme, all’inabissare natanti per fare recuperare poi la droga da sommozzatori.
LE INDAGINI «A dare il via alle indagini è stata la sollecitazione da parte della National crime agency che ha chiesto la nostra collaborazione», ha spiegato il procuratore aggiunto di Catanzaro, Giovanni Bombardieri. La Nca, rappresentata in conferenza dalla Alisa Cacket, aveva infatti scoperto un cartello di acquirenti legati alle cosche calabresi che acquistavano coca dai colombiani. «Da questo impulso investigativo – ha aggiunto Bombardieri –, e da questa collaborazione che è sempre stata costante, è stato possibile ricostruire un cartello di acquirenti calabresi ma non solo. Abbiamo potuto monitorare le trattative che si sono succedute, e come si sono modificati i rapporti nel tempo. Abbiamo potuto monitorare il momento in cui è stato ospitato il referente colombiano che era giunto in Italia a “garanzia” della serietà dell’operazione che stavano svolgendo e per monitorare l’evolversi dell’operazione stessa. Questo ci ha consentito di ricostruire i passaggi di un’operazione nel corso della quale si sono alternate varie figure di spicco della criminalità organizzata locale». Le indagini hanno monitorato gli spostamenti dei broker della ‘ndrangheta fino in Colombia dove è stato possibile appurare che «lì hanno dimorato quasi ad ostaggio, “ospiti” dell’organizzazione fornitrice dello stupefacente, per dimostrare la “serietà” delle trattativa messe in atto e per poter, allo stesso tempo, monitorare l’evolversi delle trattative stesse». L’operazione “Stammer” ha puntato anche a minare l’organizzazione criminale da un punto di vista patrimoniale, ha sottolineato il colonnello Virno, comandante del Nucleo di Polizia Tributaria, col sequestro di beni per otto milioni di euro tra auto, case, ville, terreni, esercizi commerciali e quote societarie.
LA LOTTA CAPARBIA CONTRO IL NARCOTRAFFICO «Ringrazio il Comando generale della Guardia di finanza, in questi mesi ho visto l’arrivo nuovi uomini e soprattutto la costruzione di nuovi uffici, di nuovi organismi – ha detto il procuratore Gratteri nel corso della conferenza stampa –. La storia del Goa (gruppo operativo antidroga, nda) di Catanzaro è ormai trentennale. Io ho iniziato con il Goa di Catanzaro nel 1988/89 a fare i primi sequestri di cocaina e da allora è stato un crescendo. Abbiamo un colonnello della Guardia di finanza in Sudamerica, in particolare in Colombia, un grande investigatore col quale ci sentiamo almeno due/tre volte alla settimana. È grazie a lui se è possibile questo ponte tra l’Italia e in particolare la Colombia e il Sudamerica». Dall’indagine si evince come la Spagna sia uno snodo importante, forse la più grande porta d’Europa per l’arrivo della cocaina. In questo caso è stato possibile appurare come la ’ndrangheta abbia utilizzato più porti. «Il porto di Gioia Tauro è importante – ha spiegato Gratteri –, ci sono quattro famiglie di ’ndrangheta che lo controllano talmente bene che qualsiasi organizzazione criminale voglia fare approdare delle navi che trasportano cocaina deve pagare una mazzetta del 20-25% rispetto alla cocaina che viene sdoganata. Ma in questa occasione, l’organizzazione criminale ha utilizzato anche scali come Genova, come Napoli, e porti stranieri». «L’indagine è stata seguita dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, preparata minuto per minuto dal sostituto Camillo Falvo che da quasi un mese – ha concluso Gratteri – lavora fino all’alba con i vertici del Goa per la costruzione di un fermo particolarmente faticoso, per mettere insieme tutti i riscontri, le prove, per mettere in ordine la successione logica di centinaia di atti a prova di questa indagine».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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