REGGIO CALABRIA Il potente clan Piromalli gestiva attività di import-export con gli Usa, grazie alla presenza di referenti in alcune città americane, ma aveva una presenza stabile anche a Milano e nel Nord Italia, grazie alla presenza di uno dei rampolli della famiglia capace di proiettare gli affari della cosca nel “business” del commercio. È un esempio classico di ‘ndrangheta imprenditrice quello messo in luce dall’operazione del Ros dei Carabinieri che stamane ha portato in carcere 33 persone accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio ed altri reati, aggravati dalle finalità mafiose. L’operazione, coordinata dalla Dda reggina, che ha interessato la Calabria, la Lombardia e la Basilicata, ha comportato anche l’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 40 milioni di euro. Il clan gestisce cocaina, ma anche filoni d’affari apparentemente legali,come la commercializzazioni di prodotti alimentari. L’indagine ha preso le mosse dagli esiti delle operazioni “Cent’anni di storia”, “Maestro”, “Mediterraneo” e “Mammasantissima”, e ha ricostruito le diramazioni dell’organizzazione, imperniata su una base operativa nella Piana di Gioia Tauro, dove i Piromalli spadroneggiano da sempre, e su un’emanazione economico-imprenditoriale attiva a Milano, controllate dal principale esponente della cosca, Antonio Piromalli, 45 anni, (figlio di uno degli esponenti storici della famiglia, Giuseppe Piromalli 72 anni).
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BASI OPERATIVE Le basi operative dell’organizzazione in Calabria sono state individuate a Gioia Tauro negli uffici della società edile di Pasquale Guerrisi, uomo di fiducia di Antonio Piromalli, e nel casolare di campagna di Girolamo e Teodoro Mazzaferro, cugini di Giuseppe Piromalli in cui è stata documentata la costante presenza di esponenti apicali della ‘ndrangheta reggina. Girolamo Mazzaferro e Pasquale Guerrisi, secondo carabinieri e Dda, costituivano l’interfaccia calabrese di Antonio Piromalli, Per conto del quale, in aderenza alle direttive che provenivano dal capoluogo lombardo, curavano il complesso degli affari illeciti della cosca, garantendone la leadership sull’intero mandamento tirrenico reggino. I collegamenti con la propaggine milanese erano assicurati da Francesco Cordì e Francesco Sciacca, cognati del Piromalli, anche attraverso un sistema di comunicazioni basato sui cd che Guerrisi aveva il compito di ricevere e instradare ai destinatari finali.
GLI AFFARI A Girolamo Mazzaferro, esponente storico della cosca, era stato affidato il compito di dirimere i contrasti sorti tra gli affiliati alla cosca e costituire un punto di riferimento per risolvere controversie o problematiche anche in ambito non prettamente criminale. Mazzaferro gestiva col fratello Teodoro le operazioni immobiliari e di compravendita di terreni, in molti casi estorti con il ricorso all’intimidazione mafiosa o come contropartita per i prestiti erogati a tasso usurario e prendeva decisioni per la conduzione delle attività illecite della cosca, con particolare riferimento al traffico di stupefacenti, pianificando agguati o azioni intimidatorie nei confronti delle compagini criminali che andavano ad interferire sul controllo delle banchine e dei piazzali dello scalo portuale.
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OLIO TARGATO PIROMALLI Le indagini, anche con il contributo dell’agenzia delle dogane, hanno, inoltre, messo in luce le infiltrazioni dell’organizzazione criminale in alcuni settori agroalimentari documentando anche i rapporti internazionali utili fini dei traffici commerciali. Antonio Piromalli, attraverso la società “P. P. Foods srl,”, specializzata nell’operazioni di import-export di prodotti olivicoli ed ortofrutticoli, riusciva a esercitare un controllo rilevante sulla produzione calabrese in questi settori. Nel comparto oleario, è emerso l’interesse della cosca nell’attività di intermediazione nella vendita dei prodotti di alcune società calabresi, arrivando a controllare di fatto una buona parte della filiera produttiva e commerciale, stabilendo a monte i prezzi di vendita dell’olio, i quantitativi da esportare e le somme da incassare in base al prodotto venduto. È stata inoltre individuata la rete di instradamento degli ingenti quantitativi di questi prodotti negli Usa, in relazione alla quale gli accertamenti dell’agenzia delle dogane hanno fatto emergere l’esistenza di condotte illecite in ambito commerciale, fiscale e doganale, con presupposti evidenti di riciclaggio di denaro.
NEL NEW JERSEY Grazie alla cooperazione con l’Fbi, è stata compiutamente delineata la struttura organizzativa estera incaricata della distribuzione, facente capo a Rosario Vizzari, imprenditore residente nel New Jersey, organico alla cosca a cui faceva capo una holding, costituita da società di stoccaggio e distribuzione merci, una delle quali con una sede operativa in provincia di Milano. Avvalendosi di una rete di contatti tra Boston, Chicago e New York, Vizzari era in grado di curare l’introduzione di ingenti quantità di prodotti provenienti dalla lavorazione dell’olio di oliva da inserire nel circuito della grande distribuzione collegata alcuni ipermercati americani.
L’ORTOFRUTTA Le autorità statunitensi hanno avviato al riguardo una serie di approfondimenti volti a individuare le operazioni di riciclaggio di denaro di provenienza illecita e riscontrare i delitti di frode in commercio e contraffazione alimentare. Un altro settore coltivato da Antonio Piromalli, tramite di società di riferimento P&P Foods srl, è risultata essere l’esportazione di prodotti ortofrutticoli verso i mercati del Nord Italia, atraverso le aziende “Ortopiazzola srl” e la “Polignanese srl”, sequestrate oggi, inserite nel mercato ortofrutticolo milanese, a cui assicurava, per il tramite del consorzio Copam di Varapodio, la fornitura dei prodotti, garantendo, con le tecniche di intimidazione, prezzi di acquisto concorrenziali e il buon esito delle operazioni commerciali.
RICICLAGGIO E PRESTANOME Sul fronte patrimoniale, le indagini hanno accertato inoltre il reimpiego dei proventi illeciti in società di servizio operanti in Calabria e Basilicata, riconducibili a Francesco Cordì e Nicola Rucireta, documentando come la struttura criminale fosse riuscita ad inserirsi nella gestione dei servizi di pulizia e catering di alcune strutture turistiche riconducibili ad importanti società di settore. Nel campo immobiliare sono stati individuati i prestanome del patrimonio occulto della cosca ed è stata verificata la disponibilità in capo all’imprenditore Alessandro Pronestì di numerose società di abbigliamento, collegate ai marchi francesi “Jennyfer” e “Celio”, Con punti vendita in alcuni centri commerciali delle province di Milano e Udine. Da tale segmento investigativo, è emersa infine la partecipazione del vertice dell’organizzazione al progetto di realizzazione di un importante centro commerciale all’altezza dello svincolo gioiese dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, dove i lavori edili nel loro complesso sarebbero stati affidati a ditte locali.
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