LAMEZIA TERME È un Risiko criminale quello della ‘ndrangheta. Di anno in anno si aggiungono bandierine, si punta su nuove conquiste nella scalata al crimine mondiale. La relazione semestrale della Dia, pubblicata nei giorni scorsi, lo spiega chiaramente: «Tra le organizzazioni di tipo mafioso italiane, la ‘ndrangheta è quella che più di altre tende a riproporre all’estero il modello strutturale adottato in Calabria». Perché è un modello vincente, ed è facile da esportate. Specie nelle «aree dove, da tempo, si sono trasferiti soggetti fiduciari delle cosche, che mascherano i loro reali interessi attraverso la gestione di attività economiche apparentemente legali, ma in realtà frutto del reimpiego di capitali di provenienza illecita». Un salto di qualità compiuto soprattutto dalle locali del Reggino, che hanno colto, «con prontezza, le opportunità offerte dalla globalizzazione dei mercati commerciali e finanziari, dall’abbattimento dei confini e dai processi tecnologici».
L’elenco delle “filiali” all’estero è lungo. E la mappa interattiva che vi proponiamo è significativa dell’escalation. Propaggini strutturate di ‘ndrangheta sono presenti in Germania (a Singen, Francoforte, Radolfzell, Rilasingen, Ravensburg, Engen, Duisburg), Svizzera (a Frauenfeld e Zurigo), Spagna, Francia (dove si registrano presenze in Costa Azzurra), Olanda, nonché nel continente australiano e americano; in quest’ultimo continente l’organizzazione sarebbe operativa soprattutto in Canada e Sud America. In Australia, da oltre un secolo, si è insediata una numerosa colonia di calabresi, di cui molti originari della fascia jonica reggina. Le locali di ‘ndrangheta australiane, seppur dotate di una certa autonomia, sono dipendenti dalle strutture criminali stanziate in Calabria, sede del “comando strategico”, a cui tutte rispondono, come evidenziato dall’operazione “Il Crimine-Infinito”.
Il ruolo di leadership della ‘ndrangheta nella gestione dei traffici di stupefacenti – rispetto agli Usa – risulterebbe riconosciuto anche da Cosa nostra statunitense che si rivolgerebbe alle ‘ndrine calabresi per gestire il business degli stupefacenti a New York.
Il Sudamerica, invece, è uno snodo per gli enormi traffici di droga. «Tra i Paesi sudamericani, noti per i traffici di cocaina, si collocano – secondo la Dia – innanzitutto la Colombia, il Messico, con a seguire l’Argentina, il Brasile, il Costa Rica, l’Ecuador, la Guyana e la Repubblica Dominicana. Si tratta di Paesi dove sono state incardinate basi logistiche e strutture operative che facilitano il rapido e continuo approvvigionamento di stupefacenti, anche attraverso la predisposizione di trasporti sicuri, spesso attuati celando i carichi di droga tra le merci e le derrate alimentari destinate al Nord America e all’Europa». (ppp)
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