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Massoneria, l'Antimafia indaga sul picco di iscritti

ROMA «Faccio parte del gruppo di fratelli iscritti al Goi che non hanno mai accettato che con le maestranze di Raffi e con questa di Bisi il Goi sia stato trasformato in un possedimento esclusivo d…

Pubblicato il: 31/01/2017 – 16:35
Massoneria, l'Antimafia indaga sul picco di iscritti

ROMA «Faccio parte del gruppo di fratelli iscritti al Goi che non hanno mai accettato che con le maestranze di Raffi e con questa di Bisi il Goi sia stato trasformato in un possedimento esclusivo di una componente, seppure maggioritaria del Goi, rafforzata da un ingresso massiccio di persone senza che vi sia nessun efficiente controllo. Di qui i casi frequenti di indagini e condanne di iscritti al Goi, cosa che negli anni precedenti non avveniva». Lo ha detto, nel corso di una audizione a testimonianza davanti alla commissione parlamentare Antimafia, l’avvocato Amerigo Minnicelli, già maestro venerabile della Loggia Luigi Minnicelli di Rossano del Grande Oriente d’Italia.
«Ciò che fece scattare la nostra preoccupazione fu nel 2011 l’arresto di Domenico Macrì», ha proseguito Minnicelli, il quale ha riferito che fino al 1995 gli iscritti al Goi in Calabria erano 600-700 ora sono 2600 «e non si giustifica una crescita in questi termini in alcun modo. Tutto ciò avviene per esercitare un controllo sulla organizzazione», ha spiegato. Tuttavia, nel corso dell’audizione, c’è stato qualche momento di scontro con la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi che gli ha chiesto di essere meno reticente relativamente ai rischi di infiltrazione ‘ndranghetista nel Goi di cui lui ha parlato ripetutamente e che gli sono costati l’espulsione dal Grande Oriente d’Italia. «A noi ci interessa acquisire elementi per dare sostanza alla sua reiterata accusa pubblica. Ci dica nomi e cognomi», ha chiesto la presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi, prima di segretare il resto della seduta. Un’altra affermazione che ha destato l’interesse dell’Antimafia è stata quella pronunciata oggi da Minnicelli, secondo il quale “quando si tratta di potere ed elezioni in Calabria e nel meridione, io penso che il tentativo di trovare accordi è abbastanza visibile. Molti parlamentari, consiglieri comunali e regionali in Calabria si fanno aiutare dalla ‘ndrangheta per essere eletti è un fatto abbastanza acquisito», ha detto, poi correggendosi: «Ci può essere il tentativo di ricorrere all’aiuto di queste organizzazioni per farsi eleggere…».

DI BERNARDO E CORDOVA «La prima volta che incontrai il procuratore di Palmi Agostino Cordova gli chiesi perche’ volesse tutti gli elenchi dei massoni del Goi (Grande Oriente d’Italia). Mi rispose: dalle nostre verifiche è emerso che i massoni della Calabria hanno connessioni con i massoni del nord Italia e formulò l’ipotesi che la ‘ndrangheta stesse occupando le regioni del nord servendosi anche della Massoneria. Quella che allora era un’intuizione di Cordova a distanza di 20 anni è una realtà». Lo ha detto oggi, in audizione davanti alla Commissione parlamentare Antimafia, Giuliano Di Bernardo già Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. «Il procuratore Cordova mi ha dato prove inconfutabili sul coinvolgimento di alcune persone aderenti al Goi ma anche su un fenomeno strano: mi mostrò un pacco di fogli che contenevano accuse di massoni contro altri massoni. Alcuni, insomma, si servivano della magistratura per fare fuori altri massoni. C’era una guerra fratricida. Quando ho avuto dal procuratore Cordova queste prove ho convocato la giunta del Grande Oriente d’Italia e ho presentato la situazione. Al termine di questa riunione ho deciso di dimettermi dal Goi perché avevo constatato una realta’ che mai avrei immaginato e che da quel momento mi sarei rifiutato di governare», ha proseguito Di Bernardo. Nessuno di quella giunta imitò Di Bernardo sulla decisione di dimettersi.
«Dopo – ha raccontato l’ex Gran Maestro all’Antimafia – sono stato crocifisso, i miei ritratti bruciati nel tempio, ho ricevuto minacce inimmaginabili. L’allora ministro dell’Interno Mancino ha allertato più volte il prefetto per farmi proteggere, perché tra le persone da colpire c’ero io. Non ho potuto fare capire ai miei confratelli le mie ragioni. Ho lasciato al Gran segretario una lettera che però non è stata divulgata. Ancora oggi, dopo 23 anni, sono considerato il traditore, verso di me c’è un odio che non potete immaginare». Tra i motivi di contrasto, anche il fatto che Di Bernardo è riuscito a far riconoscere la Gran Loggia regolare d’Italia, che ha costituito subito dopo le sue dimissioni, dalla Massoneriainglese, che ha tolto il proprio riconoscimento al Goi.

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