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Un report "vuoto": ecco il fallimento di Oliverio

CATANZARO Doveva essere il “Report” delle cose fatte in questi 25 mesi di guida della Regione Calabria, ne viene fuori un manuale per l’imbottigliamento delle nuove. Quello distribuito alle non pla…

Pubblicato il: 31/01/2017 – 15:20
Un report "vuoto": ecco il fallimento di Oliverio

CATANZARO Doveva essere il “Report” delle cose fatte in questi 25 mesi di guida della Regione Calabria, ne viene fuori un manuale per l’imbottigliamento delle nuove. Quello distribuito alle non plaudenti masse convenute a Germaneto per sentire don Gerardo Mario Oliverio, alla fine è un Bignami della non comunicazione istituzionale.
Del resto anche l’ambiente e l’accompagnamento organizzativo tipicizzavano non già un “evento”, bensì un banalissimo ritrovo al quale ognuno prende parte per onor di firma o per dovere professionale. Lo ha capito bene Simone Veronesi, non chiedeteci chi sia perché non lo sappiamo, sappiamo che era lui l’organizzatore dei posti in sala, la distribuzione, per circuiti, della visibilità mediatica. Un Veronesi dall’ironia macabra, come testimonia il “cuscinetto” deposto ai piedi del palchetto dal quale il parroco della Cittadella leggerà il sermoncino e illustrerà le cose da fare, ché di quelle fatte ne elenca ben poche e quasi nessuna ascrivibile al suo operato.

TESTIMONIANZE DA DIMENTICARE Una pochezza di argomenti resa palpabile già con la scelta delle “testimonianze” che avrebbero dovuto fare da apripista al report del grande Mario e dei suoi “uomini che fecero l’impresa”. Non ce ne voglia la presidente di Assapori o il sindaco di Zagarise, e ci perdoni la franchezza anche il molitore di olive “chez moi” (di lui scrive l’ufficio stampa di Oliverio: «Ha ideato il primo robot in grado di trasformare le olive in olio extravergine appena premuto». Vi preghiamo di verificare: la citazione è testuale!).
Non fosse stato per don Pino De Masi che, tuttavia, ha esordito parlando di un’attività cooperativa che risale al dicembre 2004 e quindi nulla deve all’attuale governo regionale, sembrava di stare su Scherzi a parte.
Abbiamo un “modello Zagarise” per il trattamento dei rifiuti urbani. Lo abbiamo testato e fatto funzionare, oggi smaltisce senza andare in discarica il 70% dei rifiuti prodotti. Peccato che il “modello” è stato brevettato da una società di Pescara e quindi se lo vogliamo dobbiamo comprarcelo da questi solerti privati. Insomma, noi abbiamo affrontato rischio d’impresa e coperto i costi di sperimentazione con soldi pubblici. Loro, invece, hanno brevettato il “modello” e lo vendono. Anche al comune di Zagarise. Il sindaco infatti con candore spiega che i soldi risparmiati solo in parte serviranno ad abbattere le tasse ai suoi concittadini, prima c’è da pagare l’ammortamento dei macchinari brevettati dai bravi imprenditori di Pescara. E che dire dell’idea di Assapori: irradiare l’entroterra attraverso la crescita della portualità turistica. Ero a fianco al compagno (si può dire ancora in era Oliverian-renziana?) Mommo De Maria, è stato un sollievo sapere che Cittanova avrà presto il suo porto e uscirà dall’isolamento.

VIVA IL NEW YORK TIMES Ma quando finalmente don Mario acchiappa il microfono, la musica cambia e la concretezza si appalesa: non siamo più una “regione canaglia”. Lo spiega il New York Times che ci mette, unica realtà italiana, tra le prime 37 località da visitare. Ovviamente il pezzo del quotidiano americano lo citano tutti quelli che non lo hanno letto. Oliverio in primis, altrimenti avrebbe scoperto che il New York Times più che della Calabria si occupa di due realtà calabresi, quella dell’imprenditore Dattilo e quella dello chef Abruzzino. Entrambi regolarmente snobbati dalla Regione Calabria ogni qualvolta si è dovuto accogliere ospiti illustri o partecipare ad eventi internazionali.
È solo uno dei casi di pacchiana manipolazione della realtà che caratterizza il “report” di Gerardo Mario Oliverio. Lui fida molto sul fatto che snocciolando raffiche di dati e numeri, e sigle, e accordi, e piani, e progetti, e procedure e studi di settore, e convenzioni, e intese, si finisca con lo stordire chi lo ascolta e chi lo legge fino alla resa senza condizioni. Non lo disse Churchill rivolto a Chamberlain? «Non ha detto nulla ma lo ha detto benissimo». Il nostro si è fermato alla prima parte.

RUOTANO I DIRIGENTI MA… SU SE STESSI E sì perché menare vanto di avere introdotto «il principio di rotazione delle funzioni di responsabilità nella pubblica amministrazione» e di avere «vinto scetticismi e contrastato resistenze che tuttora perdurano», per poi ammettere che solo «il 47% del personale dirigenziale ha cambiato ruolo», significa a tutto concedere dire che ci hanno provato ma non ci sono riusciti. Ovvero che solo il 47% dei dirigenti non ha santi in paradiso, gli altri, sono riusciti a resistere e restare dove stanno da sempre. E che dire quando si vende un fallimento facendolo passare per un successo: «Per il nuovo ospedale di Vibo, progettato in una zona a rischio idrogeologico, abbiamo dovuto recuperare i finanziamenti per bonificare e consolidare e mettere in sicurezza il terreno, implementare le infrastrutture, sottoscrivere il protocollo di legalità e consegnare i lavori». Quindi, il buon parroco della Cittadella confessa pubblicamente che i suoi dirigenti hanno consentito che un ospedale venisse sistemato in una zona a rischio idrogeologico e lui, invece di avviare il licenziamento dei responsabili e spostare l’ubicazione dell’ospedale, carica i calabresi dei nuovi ingenti costi necessari a mettere in sicurezza il terreno. Complimenti!

LO SVIMEZ CI SCOPIAZZA Chi si loda si imbroda, ma Gerardo Mario Oliverio non se ne rende conto e dal cilindro tira fuori che il nostro progetto di sviluppo è scopiazzato persino dallo Svimez: «In un certo senso siamo stati anticipatori rispetto all’attuale approdo delle analisi dello Svimez. Le scelte, compiute fin dalla campagna elettorale, di puntare sul Porto di Gioia Tauro, sulla portualità regionale, sullo sviluppo delle produzioni nel settore dell’agroalimentare e sull’attrattività turistica e culturale, sono caposaldi strategici dell’attività della Giunta regionale». E su cosa avrebbe voluto puntare? Sulla fisica nucleare o sull’estrazione di uranio? Il problema è centrare gli obiettivi non indicarli, ma di obiettivi centrati non ne viene indicato neanche uno. O meglio, uno c’è: «Abbiamo lavorato per creare infrastrutture funzionali allo sviluppo come per il progetto della banda ultralarga, sostenuto le start up». Verissimo la “banda larga” con Oliverio alla presidenza ha trovato una nuova e totale affermazione: portali, archivi telematici, siti web. Ne spunta uno al giorno…
E dove non siamo bravi da soli ci facciamo aiutare. È il caso della Film commission, sentite il buon parroco che sul punto ha un nervo scoperto: «Ci sono zone del Sud, come il Ragusano o il Salento, dove il turismo è stato trascinato dalle location televisive e cinematografiche. È per questo che abbiamo prima risanato dai debiti e dai contenziosi e poi rilanciato la Film Commission di Calabria alla quale abbiamo affidato il compito di costruire produzioni tali da valorizzare e rendere attrattiva la Calabria». Tutto qui: abbiamo pagato debiti altrui. Un successo da Oscar.

SICUREZZA… A PIOGGIA Nella sua encomiabile chiarezza, il Report del Governatore ci riserva un’altra perla: «Abbiamo costruito il programma denominato “Calabria Sicura”. Un programma con un investimento importante, oltre 1,2 miliardi di euro». Ottima cosa, il punto è sapere in quali settori bisognerà intervenire. Oliverio lo dice con chiarezza: «Nel settore del rischio sismico, del rischio idrogeologico, del sistema idrico, del piano regionale per la depurazione, del piano regionale rifiuti, del piano regionale per le bonifiche». Un momento, la cifra comincia ad essere bassa se si vuole operare in tutti questi settori. A meno che non si tratti solo di pochi mirati interventi. Anche su questo sarà franco e disarmante il nostro governatore: «Si tratta di circa 762 interventi che danno una diffusa risposta al territorio, che aumenta la sicurezza valoriz
zando l’ambiente». Allora no, qui si sta prendendo per i fondelli i calabresi. Un miliardo e duecento milioni da spartire in 762 interventi significa solo sperperare danaro, fare praticucce, aiutare qualche sindaco ma non certo mettere in sicurezza la Calabria.

IL GRAN FINALE È QUELLO SOLITO Purezza assoluta, intransigenza massima, opposizione al male senza cedimento: «La mia mission ha punti fermi che mi hanno guidato in questi anni e che valgono per quelli a finire: tenere fuori le mafie e le lobby dal governo della Regione Calabria. E lo farò con la coscienza di non dovere accettare nemmeno il ricatto del consenso a tutti costi. Un’affermazione mi sento di fare con grande fermezza: la mia presenza alla guida della Regione Calabria è incompatibile con interessi di affaristi e mafiosi. E’ mia intenzione, esaminata anche con il ministro degli Interni Marco Minniti, di proporre un protocollo di legalità da sottoscrivere con l’Anac, i prefetti e la magistratura per rendere impermeabile l’attività della giunta e delle stazioni appaltanti in riferimento alla spesa delle risorse programmate».
Caro parroco dalle belle prediche e dalle non coerenti pratiche, prima di parlare di trasparenza e accordi con Anac che ne dice di dare anche alla Regione Calabria la figura del capo dell’anticorruzione? È vuoto da mesi e la posta si ammonticchia senza un destinatario. La ‘ndrangheta, poi, non ha il volto tumefatto e brufoloso e neanche i modi spicci di una volta. Investe, si offre come partner del socio pubblico. Che ne direbbe di dare un’occhiata alle inchieste ultime di de Raho e Gratteri? Trentasette aziende sotto sequestro in un colpo solo sono tante. Leggendo quelle carte, si ha la certezza che la sua mission rischia di apparire superata dai fatti: non si tratta di impedire alla ‘ndrangheta di entrare, si tratta di cacciarla perchè, a Lorica come a Piazza Bilotti, c’era già entrata. Sarebbe ingiusto imputarlo al governatore Oliverio ma è inaccettabile pensare che basta una esibizione muscolare oratoria per tranquillizzare i calabresi.

UN OLDANI È PER SEMPRE Peccato dover rimarcare tutto questo. Peccato davvero perché, e lo diciamo con assoluta sincerità, Mario Gerardo Oliverio sa toccare le corde del cuore e del cervello. È sublime, appagante, rivitalizzante, coinvolgente, stupendo, chiudere gli occhi e sentire il nostro governatore concludere così il suo report: «La Calabria che noi vogliamo è una regione dove arretratezza e mancato sviluppo dei decenni passati possono diventare oggi, paradossalmente, fattori di crescita, di innovazione e di uno sviluppo sostenibile. Anche sotto questo aspetto riteniamo dover esercitare un’azione di forte discontinuità e non riproporre il vizio di quelle vecchie classi dirigenti impegnate ad utilizzare l’esercizio del potere dell’amministrazione regionale e locale per uno scambio rivolto esclusivamente ad interessi di posizionamento politico nelle dinamiche correntizie dei propri partiti. Dare compimento ad una effettiva opera di riforma morale, istituzionale e sociale significa interrompere la continuità con un sistema politico-clientelare che ha favorito interessi per pochi e negato opportunità a molti. Si tratta di spezzare la spirale di una domanda distorta che proviene anche da una parte della società civile. Una domanda malata che alimenta e al tempo stesso si nutre di una politica altrettanto malata. La sfida che dobbiamo vincere è innanzitutto culturale».
Fuori le spade e in alto i cuori: siamo con te. Combatteremo al tuo fianco, costi quel che costi. Possiamo anche perdere ma ne sarà valsa la pena. Che strazio, però, riaprire gli occhi e con la sala che si svuota vedere Francuzzo che dà di gomito al primario cosentino in ascesa perenne; l’inventore di start up che corre a slinguare chi dovrà tradurre le nuvole, pardon le “Cloud”, in mazzette sonanti; l’agricoltore che importa suini polacchi trasformandoli in salumi da nero di Calabria; il titolare dello studio che trionfa nell’accaparramento dei bandi laddove il papà quei bandi li seleziona; e tutti insieme travolgere il cuscinetto amorevolmente posto da Veronesi per acclamare il nostro Governatore. Meno male che a proteggerlo da tanta ressa c’era Lui, mister 50mila euro. Il capo dell’Ufficio stampa Oldani Rocco Mesoraca. Lui a Oliverio vuole bene davvero. Lo sa che quando diceva «occorre interrompere la continuità con un sistema politico-clientelare che ha favorito interessi per pochi e negato opportunità a molti» stava scherzando. 

Paolo Pollichieni
direttore@corrierecal.it

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