CATANZARO Prendiamo il caso di un calabrese costretto dalla crisi (o dalla mancanza di lavoro) a rivolgersi a un usuraio per dare da mangiare ai propri figli. Cerchiamo di immedesimarci nella frustrazione, nell’avvilimento. Nella prospettiva di essere inseguiti, intimiditi, malmenati (o peggio) per non aver restituito la rata mensile con il relativo tasso d’interesse criminale. Poi pensiamo all’opportunità che la Regione Calabria aveva deciso di offrire con il Credito sociale. Quella persona in difficoltà avrebbe potuto beneficiare di (al massimo) 10 mila euro grazie ai fondi europei: un finanziamento a condizioni molto più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato. Una via d’uscita, una luce in fondo al tunnel. Ora facciamo un passo in avanti e guardiamo la realtà: buona parte di quei denari – grazie a una strategia politica assistita dalla burocrazia compiacente – sono finiti a finanziare altro. Cosa abbiano foraggiato lo spiega l’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha portato in carcere, tra gli altri, il consigliere regionale Nazzareno Salerno.
Per esempio l’acquisto di una Mercedes anziché il pane per i figli di un disoccupato. Oppure i soldi per la sponsorizzazione di una squadra di pallavolo invece dei libri di uno studente che quei testi non poteva permetterseli. Fette più o meno grandi del milione e 900 mila euro scomparso sono state rintracciate dal lavoro paziente della Guardia di finanzia. Bonifici su bonifici, per alimentare appetiti criminali, speculazioni finanziarie. E anche, ci mancherebbe, le tasche dell’ex assessore a cui tutto il comitato d’affari doveva l’ideazione della presunta truffa. Ci sono pure i due versamenti che inguaiano Nazzareno Salerno tra quelli scovati dagli inquirenti. «Il prezzo» del politico, lo chiamano nelle pagine dell’ordinanza: 230.739,46 euro, perché in questa storia indignano anche i centesimi. In due comode rate: la prima da 148.484 euro, versati il 2 febbraio 2015, la seconda da 82.255,46 euro, erogati il 17 luglio 2015. Salerno sedeva già nel consiglio regionale rieletto dai calabresi nel 2014.
Per gli investigatori è una cristallina mazzetta pagata al consigliere regionale per aver consentito ciò che non si poteva, e cioè che la Cooperfin gestisse la cassa del Credito sociale. Hanno provato a mascherarla con un contratto di prestito che, secondo il gip di Catanzaro, era simulato «facendo apparire fittiziamente il pagamento delle prime rate da parte di Salerno, il quale, in realtà, riceveva parallelamente» dalla società M&M Management «una somma addirittura superiore a quella versata». Un po’ strano per un prestito normale. E a questa circostanza va aggiunto che «nonostante la domanda di prestito sia stata avanzata da Salerno nel mese di luglio 2014, l’effettiva erogazione è avvenuta solo a febbraio 2015, cioè per l’appunto dopo l’avvenuta distrazione, operata dalla Cooperfin delle somme affidatele per la gestione del “Credito sociale”». Altra coincidenza singolare.
Di soldi che girano, in questa storia, ce ne sono parecchi. E tutti prendono la strada sbagliata. Le intenzioni di supportare i bisognosi si perdono presto. Bastano tre giorni per far sparire 900 mila euro dei 2,5 milioni accreditati da Calabria etica sul conto della Cooperfin. La cifra arriva il 19 dicembre 2014 e viene girata il 22: Ortensio Marano, titolare della società, si concede un bel regalo di Natale. Poi cambia strategia: passa a versamenti più piccoli, tra 3 mila e 50 mila euro, diluiti fino al marzo 2016. Con una parte di queste somme paga l’affitto dei locali in cui la società ha sede a Belmonte Calabro, qualche consulenza, i fornitori, le tasse.
Poi pensa alla M&M Management, che è sempre di sua proprietà, con 125.241,35 euro. Infine, con i soldi spicci, si dedica ad altre attività: 5 mila euro per la Aias Onlus Frate Francesco (per un progetto di assistenza), 9 mila euro totali per un “saldo sponsorizzazione” alla Cosenza Pallavolo, 6.880 euro per l’acquisto di una Mercedes, altri 30 mila e rotti ancora per la Cooperfin.
Gli altri soldi, ben 825 mila euro, prendono la strada del “Progetto giubilare”: due bonifici alla Wbt West Bound Tecnologies per qualche speculazione finanziaria che conduce in Svizzera e in Vaticano. Solo una cosa non è contemplata in questi giri di fatture e distrazioni di fondi e mazzette mascherate (pure male): il prezzo per la vergogna.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it