CATANZARO Nulla più delle short list somiglia al vaso di Pandora. La Procura di Catanzaro ha già iniziato a sbirciare nel pentolone. E va da sé che potrebbe venirne fuori di tutto. Lo si intuisce da una delle contestazioni rivolte agli indagati dell’operazione “Robin Hood”, che ha portato in carcere l’ex assessore regionale al Lavoro Nazzareno Salerno. Ma ci sono passaggi ancora più specifici nelle carte dell’inchiesta. L’idea dei magistrati è chiara: alla Regione sarebbe stato violato lo Statuto nella parte in cui prevede «forme contrattuali flessibili di assunzione solo a condizione che vengano rispettate le disposizioni di cui all’articolo 35, ossia evitandone l’adozione al solo fine di favorire i nominati, in virtù esclusivamente di motivi personali e privati, mediante una scelta fondata solo ed esclusivamente su tale rapporto personale».
FINTE SELEZIONI Va bene stipulare consulenze e contratti a termine, ma soltanto se questi tutelano l’interesse della pubblica amministrazione. E solo se la scelta si fonda sul merito. È qui che risiede il carattere (potenzialmente) esplosivo dell’inchiesta. Perché la storia delle short list collegate alle società partecipate è piena di nomi “casualmente” estratti per più volte, e tutti “casualmente” legati a pezzi della politica o dell’alta burocrazia regionale. Non c’è una sola fondazione o agenzia regionale che sfugga all’assioma: che si chiami Field, Calabria lavoro o Calabria etica. I clientes affollano da anni le stanze degli enti in house. Il guaio è che adesso la magistratura potrebbe mapparne la presenza. Come? La Procura di Catanzaro spiega il metodo ricostruendo l’assunzione in Calabria etica di Damiano Zinnato. I riflettori si sono accesi su di lui perché è imparentato con il boss Luigi Mancuso. «È tosto, è il fratello della moglie», si lascia scappare uno dei suoi sponsor parlando al telefono con l’ex dg Bruno Calvetta, che non si sbriga a convocarlo. Il colloquio mette gli investigatori sulla strada di quella che definiscono «una distorsione del meccanismo delle short list, meramente fittizie poiché a essere assunti erano in realtà le persone “segnalate”». Appunto, al merito e agli interessi della pubblica amministrazione ci pensiamo un’altra volta.
La selezione attraverso short list è pilotata. Vale per due casi: quelli di Zinnato e Saverio Spasari (figlio di Vincenzo, anche lui considerato dalla Dda vicino al clan Mancuso) e chissà per quanti altri.
IL MECCANISMO Gli investigatori ricostruiscono in pochi passaggi il “come”. Nel maggio 2013, l’assessorato Politiche sociali avvia una «procedura per l’individuazione di risorse lavorative da selezionare ai fini dell’intervento: attività accompagnamento, sensibilizzazione in materia sociale ai comuni». Il 17 di quel mese, la commissione di valutazione, nominata da Pasqualino Ruberto, presidente di Calabria etica, fa partire la procedura di selezione del personale da impiegare nelle attività della fondazione. Si confrontano i curriculum dei candidati compresi in una short list, da convocare poi al colloquio definitivo, riservato solo alle unità che rispondoo ai criteri selettivi richiesti.
Tra i candidati c’è Damiano Zinnato. Per scremare i curriculum sceglie una parola chiave che faccia riferimento al titolo di studio. In questo caso è richiesto il diploma presso istituti tecnici o scientifici. Per gli inquirenti «la circostanza che a fronte della prima scrematura fosse selezionato lo Zinnato è sintomatico della fittizietà del meccanismo; risulta – almeno sulla carta, ma è in fase di approfondimento – che lo stesso possedesse un diploma presso il liceo magistrale ed altro presso il liceo classico». I titoli dichiarati sono incompatibili con quelli posti a base della selezione. È un caso isolato? Secondo magistrati e uomini delle forze dell’ordine potrebbe non essere così. E infatti, «sul punto – scrivono –, sono in corso approfondimenti afferenti tutti i soggetti coinvolti nella selezione». Una frase che potrebbe scoperchiare il vaso di Pandora delle clientele.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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